Si definisce 'visionario' colui che "immagina e ritiene vere cose non rispondenti alla realtà o elabora disegni inattuabili". Il progetto scudetto di Antonio Conte, messo su carta con una percentuale minima di riuscita a giugno, quattro mesi dopo ha le caratteristiche di un sogno allucinato di una squadra che scala in 1-2 stagioni l'altissimo grattacielo juventino per raggiungere il lontanissimo fascio di luce tricolore.

La scontro con la verità del campo, il derby d'Italia perso meritatamente per alcuni dettagli dai nerazzurri domenica scorsa, ha costretto il tecnico pugliese ad abbandonare per un attimo il sano realismo che lo contraddistingue per sfoderare una metafora che sembra attinta a piene mani dal vocabolario di Luciano Spalletti. "Dobbiamo essere visionari, capire che dietro quel grattacielo dobbiamo trovare la zona di luce", la chiosa della conferenza stampa di Conte dopo il confronto perso con la Vecchia Signora, quella che oggi svetta sopra tutti gli edifici del belpaese anche grazie alle fondamenta gettate proprio dall'ex ct della Nazionale. Una frase da scrivere sui muri dello spogliatoio, magari con poster annesso di "Lunch atop a Skyscraper" la famosa fotografia del 1932 che si pensa sia stata scatta da Charles C. Ebbets durante la costruzione del 30 Rockefeller Plaza del Rockefeller Center. Un'istantanea passata alla storia e che può essere traslata al tempo presente della Beneamata: gli 11 lavoratori in pausa come il numero di giocatori titolari di una squadra di calcio che tirano il fiato dopo le fatiche di un avvio di stagione molto intenso a livello di pressione e tensione. La vertigine del doppio ko con Barcellona e Juve non frena il piano di rincorsa verso il cielo di Lukaku e compagni, semmai denuncia che lo sforzo prodotto nei 180 minuti più faticosi dell'era Conte non può essere sufficiente per volare all'altezza del profilo dello skyline delle più importanti città europee.

D'altronde, è facile constatare che non si può ricostruire il passato glorioso dell'Inter in cinque giorni, ed è altrettanto evidente che l'impresa di essere riusciti a gettare le basi per quello che è uno sviluppo verso i vertici del calcio continentale. "Sinceramente non mi aspettavo di giocarmela alla pari con Barcellona e Juve perché stiamo parlando di due livelli diversi – ha evidenziato Conte -. Il fatto è che abbiamo giocato con coraggio al Camp Nou e oggi abbiamo reso la gara equilibrata contro una squadra che ne ha due e mezzo a disposizione. Queste due partite ci devono dare ancora più fiducia nel lavoro che stiamo facendo: poteva essere una lotta impari e invece non lo è stata", la firma messa nera su bianco dall'architetto Antonio. Che, facendo di necessità virtù con il materiale tecnico che ha a disposizione, ha cominciato a fissare la prima deadline credibile per la chiusura dei lavori. "Si è creato un gap talmente vasto che oggi bisogna dire che è dura ridurlo nel giro di 1-2 anni. Dobbiamo capire la differenza che c'è, non dobbiamo essere stupidi o presuntuosi e pensare che non ci sia. Io ho iniziato dicendo questo: c'è la Juve in alto, poi il Napoli, e noi che ce la giochiamo con le altre", l'ammissione di Conte che qualcuno potrebbe leggere come un esercizio di maniavantismo. Invece è il racconto più verosimile di un costruttore di solide realtà che – tra le tante imprese della sua carriera - in 40 giorni ha portato una Nazionale mediocre alle soglie di una semifinale europea e una Juve post-Calciopoli fuori dalla mappa del calcio sul tetto d'Italia. Senza dimenticare la Premier e la Fa Cup nel suo ricco portfolio.

Insomma, la doppia sbandata del crash test è quasi da benedire perché indica che la strada imboccata è quella maestra ma la distanza da percorrere è ancora lunga. E ci sono due vie da percorrere parallelamente che prima o poi si incroceranno: in Europa il punto in due partite informa che la situazione qualificazione è compromessa (Conte dixit), mentre tra i confini italiani a occhio il duello deve ancora entrare nel vivo, benché qualcuno abbia già tratto le sue conclusioni dopo il 2-1 firmato Higuain. Solo il tempo fornirà le risposte corrette, anche se l'impressione nitida è che questo gruppo abbia risorse per dedicarsi a una maratona più che a una sfida di velocità. La panchina nerazzurra è abbastanza profonda se parametrata al livello del calcio della Serie A, mentre appare inadeguata se confrontata alle rose delle top. E' un investimento sul tempo quello fatto da Conte sull'Inter, club dove peraltro ha spiegato di voler aprire un ciclo pluriennale. La stessa mossa che prima di lui ha fatto Steven Zhang, il presidente che lo ha scelto su suggerimento di Marotta: "I nostri proprietari sono dei visionari, questo è molto positivo – aveva detto a PPTV nel bel mezzo della tournée asiatica -. Hanno investito sull’Inter perché pensano che sia la squadra giusta per fare qualcosa di importante nel calcio, non solo a livello europeo ma anche mondiale. Vedo nel presidente sicuramente una figura giovane, molto aperta a costruire qualcosa di importante e duraturo per l’Inter".

Quasi a dire: pazienza che le vittorie arriveranno. In questi mesi, Conte si è guadagnato un credito di tempo che nessun allenatore prima di lui nella storia recente si era guadagnato. "Chi ha tempo non aspetti tempo", è solito dire King Antonio di fronte ai ritardi che incontra sul suo cammino da panzer. Prima gli intoppi di mercato hanno frenato la preparazione della stagione, ora l'inserimento lento di alcuni nuovi elementi nel collaudato sistema tattico sta impedendo una turnazione da big. Queste sono le vere soste con le quali deve convivere l'Inter, che invece non ha dato l'impressione di fermare il suo processo di crescita di fronte a due sconfitte consecutive. "Il nostro campionato parte da questo, dal coinvolgere tutti i giocatori della rosa affinché alcuni non siano costretti a giocare tutte le partite consecutivamente. E' importante per chi come l'Inter affronta campionato, Champions e Coppa Italia poter attingere a tutta la rosa. In questo mini-ciclo non ho potuto farlo perché qualcuno era leggermente in ritardo nell'idea o dal punto di vista fisico”, la spiegazione di Conte circa il valore assoluto della sua rosa. Con l'andare avanti delle giornate si capirà se Conte, il re delle plusvalenze, riuscirà a far sovraperformare a tal punto tutti gli uomini a sua disposizione da riuscire ad avvicinare la Juve su una competizione lunga come è il campionato. Per aprire la finestra a maggio e sperare di guardare occhi negli occhi il dirimpettaio Maurizio Sarri. 

Sezione: Editoriale / Data: Gio 10 ottobre 2019 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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