Un gruppo di investimento guidato dal Public Investment Fund, già proprietario del Newcastle dal 7 ottobre scorso, avrebbe trovato un accordo di massima con Suning per acquisire il 100% dell'Inter per un miliardo di euro. La clamorosa indiscrezione giornalistica, pubblicata ieri sul quotidiano Libero, proviene dai famosi 'ambienti finanziari', immancabili in questo tipo di rivelazioni. Nel dettaglio, ci sarebbe stato un incontro a Milano a settembre tra gli emissari del fondo sovrano saudita e i vertici del club nerazzurro per limare i dettagli della trattativa.

Una notizia di questa portata si porta dietro smentite di rito, utili ad alimentare la ciclicità della stessa ogni tot mesi. E non è un caso che le voci, già circolate nei mesi scorsi, prima del prestito erogato da Oaktree, riemergano in mezzo al deserto della sosta per le Nazionali, guarda caso proprio mentre il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman ha mandato il suo primo messaggio espansionistico mettendo le radici in Premier League, la SuperLega d'Europa. La prima 'conquista' di un progetto ancor più ambizioso, almeno su carta, di quello del Manchester City dello sceicco Mansur. Un City Football Group all'ennesima potenza che sconvolgerebbe ulteriormente la geografia del calcio su scala mondiale: il piano di grandeur sportiva, infatti, consisterebbe nella creazione di un network composto da Newcastle, Inter, Marsiglia e un altro club in Brasile. Tre società ricche di tradizione, in altrettanti posti strategici del vecchio continente, non tanto per scrivere il proprio nome nel grande libro del calcio quanto per ripulire la reputazione non proprio cristallina. In una sola parola 'sportwashing', anche se Amanda Staveley, amministratore delegato di PCP Capital Partners che avrà un posto nel consiglio di amministrazione dei Magpies, si è affrettata a smentire questa versione prima che fossero sollevati dei dubbi in merito: “Il nostro partner non è lo stato saudita".

Dubbi diversi, di natura non etica ma squisitamente economica, sono stati dissipati non senza fatica ufficialmente dalla Premier League che, dopo un lungo tira e molla, ha dato l'ok all'operazione all'atto della verifica del rispetto dei requisiti necessari. La 'benedizione' definitiva è arrivata a livello politico grazie alla distensione dei rapporti diplomatici fra Arabia Saudita e Qatar che ha portato alla schiarita sulla vicenda beIN Media Group, il broadcaster controllato dal Qatar e titolare dei diritti audiovisivi del massimo campionato inglese nei confronti del quale vigeva l’embargo in Arabia Saudita, da dove per reazione era stata creata beoutQ, piattaforma pirata che trasmetteva illegalmente le immagini del football. "Siamo stati informati che l'interdizione illegale di 4 anni e mezzo per beIN Sports in Arabia Saudita sarà presto annullata, siamo stati inoltre contattati dai sauditi per risolvere i casi giudiziari, incluso il nostro arbitrato da un miliardo di dollari", è quanto comunicato da beIN Media Group in una nota ufficiale poco prima dell'acquisizione del Newcastle da parte di PIF.

Manna dal cielo per la Lega inglese, che ha deciso di cambiare la sua posizione per non perdere i preziosi capitali del futuro che arrivano dal Regno. 'Pecunia non olet' anche oltremanica, insomma, con buona pace di Amnesty International che ha chiesto, tramite il suo ad Sacha Deshmukh, l’opportunità di discutere la modifica del test per i proprietari e per gli amministratori dei club di Premier League di modo da incorporare delle clausole che proteggano contro le violazioni dei diritti umani. Richieste lecite che si sgretolano di fronte al potere, che trova modi via via sempre più sofisticati per imporre la sua legge. Nella vita come nel calcio, un mondo a parte dove non è richiesto essere esperti di geopolitica per manifestare senza pentimenti la propria fede. Basta una campagna di calciomercato faraonica, nuovi campioni da venerare, e i tifosi gioiranno in piazza per l'arrivo di un uomo sconosciuto che è venuto a 'liberarli' dalla mediocrità che affligge la loro squadra del cuore. E' successo, l'ultima volta in ordine temporale, fuori dal St James' Park una settimana fa, con scene di giubilo che fanno sembrare lontanissime quelle di protesta per la Super League viste tra Londra e Manchester ad aprile. Quando si scendeva in strada per rivendicare i sogni democratici garantiti dal 'calcio del popolo', slogan di plastica urlati da appassionati privilegiati a cui conviene mantenere lo status quo perché amano club già in mano a proprietari ricchissimi. Intanto, mentre i capi del calcio si azzuffano per un torneo d'élite a inviti solo minacciato ufficialmente da tre big, una cerchia di club-stato sta cambiando le regole del Gioco in maniera irreversibile. Scenario che conviene a pochi, senza se e ma di sorta, e che penalizza tutti gli altri che compongono la piramide. Come ha fatto notare Javier Tebas, presidente della Liga: "Sono pericolosissimi per il calcio europeo. Il Psg solo quest’anno paga più di 600 milioni di stipendi e ha introiti non oltre i 250 milioni. Onestamente, nessuno di noi crede davvero che abbiano guadagni maggiori del Manchester United. Così si inflazionano i salari, nessuno può pareggiare loro offerte: questi non sono soldi che vengono dal calcio, ma dal petrolio. Ora vediamo cosa accadrà con il Newcastle, con il fondo dell’Arabia Saudita. Questa evoluzione del calcio è pericolosa tanto quanto la Super League".

L'Inter, anche se solo a livello mediatico, è stata di proprietà di PIF per qualche ora, tanto è bastato per sollevare un quesito che vale più del miliardo di euro che serve per comprarla: è davvero questa l'unica via che ha il sistema calcio per sopravvivere?

Sezione: Editoriale / Data: Gio 14 ottobre 2021 alle 00:01
Autore: Mattia Zangari
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