Un po' Conte, un po' Mourinho. Dopo le strameritate critiche, che lui sa sempre da dove provengono, Simone Inzaghi ritrova la sua Inter. "No more crazy": 4 vittorie consecutive in campionato, 14 gol fatti e uno solo subito. Difesa granitica, nonostante varie e sommate defezioni: anche la mamma di Spalletti sa che gli manca un quinto per le corsie. Riecco l'attacco, quello sbandierato più volte come il "migliore dello scorso anno". Ma nel calcio i numeri del passato servono solo al ranking o alle statistiche di Opta, e allora quella frase "dove alleno io arrivano i trofei e aumentano i ricavi" andrà riconfrontata con il bilancio di quest'annata. Riecco la LuLa, anche se in pillole, perché per adesso il gioco delle coppie in attacco funziona così. Mercoledì nel primo dei due euroderby chissà. Lupus in fabula, non la Roma già intrappolata nella sua tana, ma quel Diavolo di un Milan che in Europa per i tifosi interisti si ricollega a ricordi amari. Si può invertire la storia e allo stesso tempo riscriverla come nel 2010, così a giugno magari, a quindici anni dalla prima conferenza stampa del vate con l'accento portoghese, potrà essere Inzaghi a dire: "Io non sono pirla".

Sabato alle 18 all'Olimpico non sembrava neanche lei, e forse qui sta lo step tanto invocato dal professor Cassano. Una nuova, anzi rinata Inter inzaghiana. Dopo le vittorie dominanti a San Siro contro la Lazio e a Verona contro l'Hellas, i nerazzurri non sembrano preoccuparsi più di tanto di lasciare campo e possesso palla agli avversari, almeno nella prima mezzora. Il motivo al termine del match lo spiega lo stesso Inzaghi: "Sapevamo che si sarebbero stancati". L'Inter per una volta si adatta al nemico e lo colpisce all'apice del suo sfogo. Così al 33', quando Pellegrini e Matic, i due che si alternavano in marcatura su Brozovic, si stancano nell'inseguire il croato mentre lui giochicchia nell'infinito torello con Onana. In quel momento Brozo vede la luce, chiama palla al suo portiere e girandosi fa capire a tutti perché non gli sta affatto bene l'epiteto di "sacrificabile". Ottimo Calhanoglu da play-maker, va bene far crescere lì anche Asllani, ma giocate come quella del 77 con la fascia di capitano al braccio non le vedremo mai fare nemmeno a Kessié.

Nella ripresa l'altra faccia della LuLa: primo assist di Lautaro per Lukaku che gliene aveva fatti due, contro l'Empoli e la Lazio, prima di quello altrettanto prezioso dell'ex compagno Vecino. L'Inter sta bene e si nota anche dalla garra che intimorisce l'avversario costringendolo all'errore: dopo l'uruguagio, Gaich, Tameze, Ceccherini e Ibanez si sono iscritti al partito dei benefattori. Barella, Calhanoglu e Mkhitaryan hanno trovato il loro zen tra la difesa e l'attacco. A destra Dumfries ha chiarito a Spinazzola che forse l'Inter nel lasciarlo a Roma ha avuto ragione, a sinistra Dimarco non è più una sorpresa ma un incubo per chi deve marcarlo. Anche secondo Darmian, il segreto della striscia di vittorie sono i recuperi: "Mancano solo D'Ambrosio e Gosens", parola di uno che la firma sul rinnovo in nerazzurro l'ha messa davvero. Tutto funziona così bene che si può giocare persino con Correa. Meno 7 partite al traguardo con la speranza di un'ottava gita fuori porta. L'Inter 2022-2023 sarà stata scintilla o dinamite? E per Inzaghi, che ha imparato anche a conservare la voce per i post-gara, l'opportunità a fine stagione di rispondere che anche lui non è mai stato pirla.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 08 maggio 2023 alle 00:01
Autore: Daniele Alfieri / Twitter: @DanieleAlfieri7
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