Uno non vorrebbe essere mai sostituito, pena mugugno, sguardo torvo o, nelle ipotesi peggiori, lancio della bottiglietta d'acqua oppure pugno di ferro verso la panchina, a dimostrazione che di energia da poter mettere in campo ne aveva ancora tanta, l'altro vorrebbe giocare ogni partita dal primo minuto, altrimenti i suoi ruggiti li affida a dei post non tanto criptici su Instagram oppure all'intervista del dopo-gara, opportunità che gli viene data solo quando la belva è talmente affamata da decidere la Supercoppa Italiana al 120' contro la Juve. Non parliamo ovviamente di Vecino, ma del Toro Lautaro Martinez e del Leone Alexis Sanchez, dipinti ultimamente come acerrimi rivali per una maglia da titolare a fianco del Cigno di Sarajevo Dzeko, con larga preferenza data da Inzaghi per il Diez argentino. Oggi lo scontro epocale tra i due mostri andrà in in scena alle 18 a San Siro, anzi l'incontro, visto che il Toro e il Leone, passati da nemici ad amici, dovranno aiutarsi a vicenda per fare uscire l'Inter dalla mini-crisi in zona gol. Un'alleanza che in questa stagione si è vista solo due volte: 0-2 in casa dell'Empoli lo scorso 27 ottobre e 2-1 il 9 gennaio a San Siro contro la Lazio. Oggi la terza occasione che può finalmente riportare il sorriso a entrambi, si fa per dire, poi la competizione si protrarrà fino a maggio. Nell'attesa del Salvatore Scamacca.
A meno di ripensamenti dell'ultimo minuto da parte di Inzaghi, Dzeko, dopo i 360' pieni giocati contro Venezia, Milan, Napoli e Liverpool, preceduti dai 67' di Bergamo con l'Atalanta e intervallati dagli 82' contro la Roma, potrà finalmente rifiatare, iniziando la sfida contro il Sassuolo seduto comodo in panchina e lasciando le chiavi dell'intero reparto al tandem sudamericano. Parlavamo di crisi (in realtà mini), termine sempre in voga nei dibattiti di campo o societari sull'Inter, oggi affibbiato al rendimento dei difensori e di Handanovic, ma che noi per una volta scegliamo di utilizzare per gli interpreti dell'altra metà campo: escludendo il 2-0 di Coppa Italia sui giallorossi di Mourinho (bentornato a casa), l'Inter non vince con più di un gol di scarto dallo 0-5 rifilato alla Salernitana lo scorso 17 dicembre. Poi in campionato due vittorie, 1-0 sul Torino e 2-1 con la Lazio, lo 0-0 con l'Atalanta, la vittoria per 2-1 con gol in extremis contro il Venezia, la sconfitta nel derby e l'1-1 di Napoli. Nelle prime 18 giornate, disputate tutte nel 2021, i nerazzurri hanno realizzato 48 reti, nelle ultime 6 (includiamo anche l'ultima dell'anno contro il Torino) solamente 7. Si passa da una media gol a partita di 2,666 periodico a una media di 1,666. Sul brusco calo realizzativo sembra esserci persino lo zampino del Diavolo.
Trend difatti agli antipodi da quello del Milan, che con la doppietta di Giroud ha voluto far ruotare il derby e la stagione dalla sua parte. L'Inter, si sapeva già, avrebbe avuto un gennaio-febbraio di fuoco con una sfilza di big match contro le grandi. I rischi, però, sono arrivati anche contro Empoli in Coppa Italia e Venezia in campionato, mentre per chiudere i giochi contro la Roma è servito il missile balistico di Sanchez. Dopo la prodezza in Coppa Italia, il Niño è stato escluso di nuovo contro il Napoli, entrando solo agli sgoccioli della gara anche a causa di un complotto fra l'arbitro e le due squadre che per diversi minuti lo ha costretto a rimanere in piedi a bordocampo in attesa che il gioco venisse interrotto. Il copione si è ripetuto in Champions League, con Lautaro non felicissimo di uscire al 70' e Inzaghi a confortarlo con una pacca sulla schiena, nonostante il Toro fosse passato con il volto rabbuiato e senza neanche un saluto. L'argentino su azione (lo ripetiamo nel caso non leggiate un giornale o non ascoltiate un notiziario sportivo dallo scorso 17 dicembre) non segna proprio dallo 0-5 di Salerno, ma il suo lavoro in campo per la squadra rimane fondamentale e va ben al di là dei gol. Non per nulla Inzaghi, che continua a schierarlo a fianco del suo regista offensivo Dzeko, di mestiere fa l'allenatore dell'Inter, a differenza di chi scrive di un Lautaro in crisi mistica e allo stesso tempo lancia sondaggi su una Juve che, avendo preso Vlahovic, potrebbe rientrare finalmente nella corsa scudetto.
A proposito di Juve e del suo nuovissimo super-tridente. E se Inzaghi per una volta pensasse a variare il già collaudato assetto tattico schierando non due, ma tre punte? In un ipotetico 3-4-3 con Perisic (o Dimarco) a sinistra, Dumfries (o Darmian) a destra, la mediana verrebbe affidata a Brozovic (oggi squalificato) e Barella in alternanza con Calhanoglu, mentre in zona gol aumenterebbe il numero di attaccanti purosangue e si farebbe a meno delle occasioni sciupate dagli stessi Barella e Dumfries che, sebbene offrano spunti di vivacità e imprevedibilità alla manovra offensiva, mancano ovviamente del killer instinct, quindi finiscono per mandare a salve un'infinità di palle gol per difetti del proprio software. Dzeko, Lautaro e Sanchez (Perisic, Correa, Caicedo all'occorrenza) si ritroverebbero così anche meno impegnati nei compiti di sponda a tutto campo o nell'allargarsi per aprire il varco ai compagni degli altri reparti, e sarebbero essi stessi a farsi carico del lavoro realizzativo, con una filosofia di gioco più accorta che limiterebbe le scorribande di Bastoni, Skriniar, dei mediani soprattutto e di chi non ha mai ricoperto il ruolo di punta o seconda punta. Il risultato sarebbe forse meno bel gioco, più concretezza, oltre al Cigno anche un Toro e un Leone sereni in campo e con il sorriso alla Leao (ok, chiediamo troppo). Più che un'idea, un'eresia. Chi ha parlato di tridente?
Autore: Daniele Alfieri / Twitter: @DanieleAlfieri7
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