"Le grandi squadre cadono, ma sanno come rialzarsi" aveva detto Giovanni Di Lorenzo nel pre-partita di Napoli-Inter, partita stravinta dal Napoli quantomeno guardando al risultato, ma che apre varie analisi su vari argomenti. Partendo dal risultato, che volente o nolente consegna i punti e per ovvi motivi ha sempre le sue ragioni, il 3-1 del Maradona mette nero su bianco una sacrosanta verità: il Napoli non è mai morto, per quanto ferito, e la fase zoppicante nella quale è incappato non è nuova neppure alle cronache volendo fare un riavvolgimento del nastro fino al febbraio della scorsa stagione. Rimaneggiata e con l'umore sotto i piedi, per quant'è vero che Antonio Conte sappia sempre come rimescolare la carbonella e tornare a far ardere il fuoco delle sue braci, i campioni d'Italia in carica sono arrivati contro una sfavillante Inter reduce da sette vittorie consecutive riuscendo a batterla. Vuoi per il trainante pubblico, vuoi per la voglia di rivalsa, vuoi quel che vuoi il Napoli approfitta della mano invisibile della dea bendata, dell'errore umano e dei blackout fisici e mentali della squadra avversaria e torna ad alzare la voce. Voce che, al netto di ciò che il campo dice (amnesie difensive, l'ormai reiterata negli anni necessità di trovare un ricambio a centro della difesa, la poca incisività dei cambi, non riuscire a tenere costante e alta tensione e attenzione e nervi, gli errori individuali...), alza anche il presidente dei milanesi Beppe Marotta che finalmente esce allo scoperto.
Qualcosa va chiarito e non solo davanti agli schermi della Pinetina nelle analisi video dei prossimi giorni e stavolta Marotta non si lascia sopraffare dalle responsabilità istituzionali, che tante volte nel più recente passato lo avevano frenato a prendere posizione pubblicamente, dribblando quasi sempre le eventuali imboscate mediatiche sull'argomento anche dopo i più lapalissiani degli errori arbitrali che avevano condizionato e indirizzato certi risultati. Ed è proprio il numero uno a presentarsi per primo alla stampa (unico dei tesserati meneghini insieme a Chivu) dopo il triplice fischio che consegna i tre punti ad un Antonio Conte che fa immotivatamente più rumore ai microfoni che in campo. Rimandiamo a poco più avanti il discorso sulla caduta di stile fuori luogo nella quale è volutamente incappato il salentino, che ha sparato a zero come un AK-47 all'impazzata, per dare risalto alla pacata, equilibrata e ragionevole denuncia del numero uno di Viale della Liberazione. "Anche io faccio confusione e non riesco a capire - ha premesso -. Credo che questa dinamica (quella del rigore a favore del Napoli, LEGGI QUI le dichiarazioni integrali) avrebbe richiesto l'intervento del VAR. Il Napoli ha legittimato la vittoria nell'ultima mezzora. I nostri hanno dato il massimo, onore ai vincitori - ma, ha continuato, "la vittoria è scaturita principalmente da questo elemento" ha detto prima di rivolgersi principalmente a Rocchi alla ricerca di chiarimenti a proposito di un metro di giudizio evidentemente poco chiaro: "Rocchi dice 'basta rigorini', valutate voi... Vogliamo chiarezza una volta per tutte per capire cosa sia il 'rigorino'..." ha chiosato il Presidente che ha poi commentato con una 'risatina' tagliando corto con un "situazioni da campo" che stronca il discorso Lautaro-Conte.
Discorso che diversamente mette al centro dell'attenzione l'allenatore del Napoli che non avendo spunti d'ispirazione per uno dei lunghi e sonori monologhi carichi di stridenti recriminazioni di cui solitamente ci delizia, entra in tackle su Chivu (esattamente perché?), l'Inter in generale e Marotta, mandando a quel paese oltre 'lo stile' anche la coerenza. Dopo aver 'ripassato' un po' di auto (celebrativa) biografia 'ricordando' all'Inter di averla riportata a vincere "uno Scudetto dopo dieci anni dopo nove successi consecutivi della Juve" in risposta in merito a quanto accaduto con Lautaro, il leccese passa ad un vero e proprio (come definirlo? 'suggerimento'? lezione di vita e professionale? ramanzina?) messaggio - per così definirlo - al numero uno nerazzurro e all'ambiente in generale: "L'Inter appena può manda Marotta, qui a Napoli vengo io. Io non lo avrei permesso. Io mi sono sempre difeso da solo, fare queste difese d’ufficio…". Poco comprensibili le ragioni che hanno scaturito il fiume di rabbiose, senza dubbio rancorose, dichiarazioni, e ancor di più probabilmente i toni, dell'allenatore che nell'esondazione di emozioni dimentica l'agendina delle memorie e non solo quelle ai tempi della sua parentesi milanese di cui, poco prima, aveva detto di conservare ottimi ricordi. Dimenticando quando nel novembre 2019 chiedeva e come l'intervento della dirigenza dinnanzi agli episodi di Barcellona come di Dortmund. E sempre Antonio Conte, che oggi suggerisce all'Inter che "una squadra deve fare le corrette valutazioni e capire perché ha perso", lo scorso novembre dopo il contatto Anguissa-Dumfries che aveva portato al rigore, poi sbagliato, da Calhanoglu, aveva chiesto a gran voce spiegazioni parlando addirittura di retropensieri. E che sempre all'indomani di quell'Inter-Napoli della scorsa stagione erano arrivate anche le parole di De Laurentiis che gli faceva eco.
La domanda che viene da porre oggi ad Antonio Conte quindi sarebbe: cosa avrebbe scatenato, nello specifico, tanta ira - peraltro già palesata nelle scintille con Dumfries e Lautaro -, da prendere così tanto tanto sul personale delle riflessioni lecite che (percorrendo il suo storico comunicativo difficilmente è ipotizzabile non siano condivisibili da lui stesso a parti inverse) l'Inter attraverso le parole del suo numero uno ha per la prima volta esternato? Nelle parole di Marotta non c'è peraltro alcunché di personalmente indirizzato a Conte, tantomeno al Napoli nello specifico, bensì una legittima, onesta e comprensibile richiesta di chiarimenti ad una classe arbitrale che fino a questo momento ha predicato qualcosa che questa sera non è stato applicato. Se quanto accaduto tra Mariani, un assistente e il VAR è passato sotto la lente d'ingrandimento di tutti gli addetti ai lavori non può essere un caso e diversamente da chi grida ai complotti nessuna polemica ha voluto eclissare i meriti di una vittoria che il Napoli, al netto della buona partita fino ad un certo punto dell'Inter, ha meritato. Diversamente il punto è stato perché, al netto degli aggiustamenti, dei dibattiti, dei tavoli rotondi e della tecnologia ad oggi siamo ancora fermi ad episodi dubbi che compromettono così tanto dei risultati? Domanda peraltro rivolta tenendo conto l'interesse generale di venti squadre che a ruota sistematicamente lamentano qualcosa. Lamentele, polemiche, sparatorie mediatiche, situazioni confuse... e alla fine... quantomeno mediaticamente a farne le spese è ancora una volta il calcio, questo che non perde di vista Chivu come ha sottolineato in conferenza.
E che dal calcio riparta proprio Cristian Chivu che dopo tante buone risposte dei giorni addietro e un buon primo tempo è col calcio che dovrà esprimersi anche con i suoi giocatori con i quali dovrà continuare a lavorare "e non farsi prendere" come ad esempio nel secondo tempo di ieri quando "non siamo riusciti a mantenere lucidità e coerenza, abbiamo sprecato energie parlando con la loro panchina" come ha rimproverato in conferenza, nell'unica cosa che realmente i suoi giocatori dovranno ascoltare, perché per dirla alla Chivu sono i giocatori che adesso dovranno rispondere.
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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