Il clima si è finalmente rasserenato. Le nubi dense e cariche di pioggia sono sparite da Appiano, immediatamente ripopolatosi dopo i temporali delle settimane scorse che hanno fatto temere i fedelissimi tifosi nerazzurri, spariti improssivamente dal quartier generale dell’Inter. La vittoria di Roma, con la stupenda fiammata di Stankovic, mitico dragone dalle scaglie nerazzurre, ha ridato serenità e fiducia, parole sparite troppo frettolosamente dal vocabolario di questa squadra. La sconfitta nel derby, l’eliminazione dalla Champions e la sconfitta di Parma che, ha riavvicinato prepotentemente le vincenti Lazio e Udinese, avevano fatto cadere nello sconforto il mondo nerazzurro e coloro che oramai erano abituati alle vittorie in tranquillità, consci della propria forza e della propria inattaccabilità, come un dragone leggendario.

Mi associo a quello che ha detto ieri sera Dejan Stankovic, ancora una volta devoto alla maglia nerazzurra e guerriero fantastico e senza età: “Pensiamo ad andare avanti con Leonardo perché c'è una stagione ancora in gioco, e se arriviamo in Champions e magari vinciamo un altro trofeo si potrà parlare di stagione positiva, anche perché, non dimentichiamolo, fino a non tantissimo tempo fa per l'Inter una Coppa Italia era come vincere Champions e Mondiale per club messi insieme”. Parole importantissime, perché non ci dobbiamo dimenticare da dove siamo venuti, da dove tutto ha avuto inizio. Il ciclo nerazzurro è iniziato nel 2005, con quella Coppa Italia, vinta a Milano e sollevata da Ivan Cordoba, capitano per l’assenza di Zanetti. Da quella coppa è iniziata la nostra scalata al potere che ci ha portati a Madrid prima e ad Abu Dhabi poi.

La Coppa Italia ha iniziato la scrittura di un cerchio, un cerchio che si chiuderà a fine stagione. La ricostruzione (termine più morbido, non mi piace ‘rifondazione’) poi avrà atto. Una nuova Inter prenderà vita, senza scordarsi di quella precedente, applaudita e amata da tutti. Motivo per il quale si deve essere grati a questa squadra, a questi uomini, che ci hanno regalato successi, sorrisi, la possibilità di prendere (bonariamente) in giro i ‘rosiconi’, che non vedevano l’ora di fare lo stesso con noi. E’ giunto il momento del ‘Canto del cigno’, un cigno bellissimo, che merita di lasciare la scena nel migliore dei modi, senza che si possa piangere del suo invecchiamento, dopo averlo ammirato nel pieno della sua forza e della sua bellezza.

Sta solo a questi uomini decidere come se sarà questo canto, se un canto gioioso, pieno di commozione e sentiti ringraziamenti per i bei momenti passati insieme. O se sarà una fine ingloriosa e immeritata, perché si vedrà questo splendido animale segnato inesorabilmente dal tempo, che non lascia scampo a nessuno. E questa Inter lo merita. Merita un degno ‘Canto del cigno’. Da cigno poi dovrà diventare Fenice. Rinascere, ancora più forte, dalle sue leggendarie ceneri.
 

Sezione: Editoriale / Data: Gio 21 aprile 2011 alle 00:02
Autore: Alberto Casavecchia
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