Le notizie più rilevanti che abbiamo trovato nella calza della befana sono due: la prima che sta ricominciando il campionato, la seconda che non ne parla nessuno. Sarà stata la scopa, storico mezzo di trasporto dell'anziana beniamina dei componenti della prima età evolutiva, a spingere fino ad una data diversa i fremiti degli aficionados autarchici per la kermesse che da sempre oscura materie ben più decisive per la vita di tutti, ma a poche ore dal fischio di riinizio tutto tace. Impazza da settimane lo scopone scientifico del calciomercato, il gioco di società che impegna ogni componente dello sport più bello del mondo, assorbendo le energie di chiunque se ne occupa dai dirigenti agli aficionados, appunto, impegnati a cogliere spunti continui da una rappresentazione raccontata ormai con le modalità e la tempistica di tutto il calcio minuto per minuto con tanto di aggiornamenti, carrellate brevi dai campi e rimbalzi di notizie da far riecheggiare gli "scusa Ameri" d'antan. È  il meccanismo più  spettacolare, in grado di omogeneizzare nella regressione provocata, visionari e scettici alla dimensione infantile. Ad ognuno è consentito mettere e togliere dal  proprio personale pedalino epifanico calciatori "in entrata ed in uscita" come usa dire oggi con una locuzione chiave come top player o prestito oneroso, merce di cui si è divenuti via via inconsapevolmente affidatari per rovistare negli scaffali che l'indotto del calcio dispone in esposizione. Arrendiamoci e diffondiamoci quindi sul tema. Le settimane a venire chiariranno se il nostro sarà un mercato sotto tono, sorprendente o dispettoso.

Rileviamo l'acquisto di Juan Jesus, mancino, jolly difensivo la cui trattativa ha ricordato una battaglia di trincea da fronte dolomitico, secondo la china a dir poco estenuante e non sempre prodiga di effetti favorevoli del dopo Madrid. Giudizio: il giocatore ha fisico e buona tecnica, basi sulle quali si può  auspicare di ritrovarsi un giocatore "fatto" tra qualche tempo, e magari perfino -hai visto mai- da Inter. Investimento e nient'altro, dunque, ben sapendo peraltro che in patria la valutazione tecnica del ragazzo è assai lontana da quella di Dedè, il vero crac tra i pari ruolo. Le strategie di mercato interista più in generale guardano al sudamerica ed al Brasile in particolare come area primaria da scandagliare alla ricerca di talenti a condizioni economiche sostenibili. Servono all'uopo le scorribande last minute del delegato di turno, nella contemporaneità Ausilio, o, come abbiamo motivo di ritenere, qualsiasi iniziativa estemporanea in prossimità delle finestre di mercato, è utile a qualche intermediario in vena di valorizzare i propri assistiti, con buona pace di programmi e produttività della ricerca? In maniera impercettibile e carsica, inoltre, si è via via modificato anche il contesto generale del mercato  di riferimento, quello brasiliano appunto che, grazie all'impestuoso sviluppo del paese, dispone oggi  di  un movimento interno economicamente valido ed alternativo. Il giocatore di talento cristallino, prendiamo Lucas come esempio, impone un investimento economico da valutare nel quadro aleatorio della sua funzionalità al  nostro calcio, nella consapevolezza che il nostro calcio bolla immediatamente e aspetta malvolentieri. All'Inter, poi… complicato, in tempi di vacche magre. 

C'è sempre il secondo filone strategico, quello diciamo così  riabilitativo, che consiste nell'arruolare il calciatore di nome da riemettere a modello o dal quale trarre ciò che rimane di una grande carriera. Al crepuscolo il tentativo fatto con Mauro Zarate, spentosi dopo l'inspiegabile sostituzione nell'intervallo di Inter-Juventus, sub judice quello legato a Diego Forlan, intriga media e masse -seppur con contorni profondamente difformi- nell'immediato il presunto inserimento su Tevez, operazione che rimetterebbe in circolo il sangue vivo dell'interismo più entusiasta e beffardo alla quale personalmente credo poco, in quanto probabilmente tardiva. Ma mi piacerebbe... mi piacerebbe anche da un punto squisitamente tecnico, mi piacerebbe anche se il sottostante fosse il sacrificio di Sneijder. mi piacerebbe, ma sarebbe troppo. E il motivo per cui accoglierei a braccia aperte il ruvido, intrattabile e concreto Carlitos è, per converso, lo stesso ma opposto per cui mi preoccupano le voci di un interessamento a Lavezzi. Se mai la società è disponibile ad affrontare un grande sforzo finanziario su  un solo attaccante questi dovrà avere il profilo di un leader con 20 gol nei piedi a stagione, adatto a "fare" la partita ed in grado di raccogliere l'eredità vacante lasciata dai grandi bomber dell'era Moratti. Perché è questa la vera emergenza da sanare, poche storie. E, se, ripeto, come credo, Tevez proseguirà la propria carriera altrove, e Milito rimarrà definitivamente nel limbo dell'equivoco, la cittadella nerazzurra resisterà prima e rinascerà poi se saprà mantenersi immune dalle lusinghe del numero ad effetto fine a sè stesso. Derecobizzata, insomma, come l'ha lasciata Roberto Mancini, con un tessuto connettivo  ed una reciproca credibilità forte da spendere in funzione delle esigenze superiori del gruppo, ovvero ciò  esiste a dispetto della girandola delle guide tecniche dell'ultimo anno e mezzo. Aspettiamo e speriamo con la moderata fiducia di chi immagina che, vista la riapertura della campagna abbonamenti, qualcosa bolla in pentola. Qualcosa da raccontare innanzitutto a chi aveva rinnovato il proprio tesserino per rivedere Eto’o...

Frattanto, sbirciando negli affari altrui (Arcore e dintorni), si constatano crepe dalle quali passano spifferi -si fa per dire- da ghibli sahariano. Ridonda l'affaire Pato con olezzo di vendita e parecchio altro.

Le abrasive cronache da Milanello dell'autorevole e isolato Alberto Costa, colui che aveva riportato il drastico aggettivo di Antonio Cassano a proposito dello spogliatoio rossonero (mafioso), peccano di un colpevole arrotondamento per difetto delle magagne dell'ambiente. In esse si riferisce di una sorta di isolamento di Pato nel quale inquadrare la ben nota crisi del  rapporto, gravissima, con l'allenatore. In realtà con l'allenatore ce l'hanno in diversi, e, diversi che contano parecchio, tanto da avere la consolidata abitudine di bypassarlo bellamente, avendo stabilito da tempo un rapporto diretto col presidente. Un bunga bunga sfrondato della sua originaria presunta connotazione lubrìca, ma un casino comunque.

E intanto il rinnovo non arriva- e poco conta che il tecnico livornese precisi che tutto dipende da condizioni economiche non ancora a lui congeniali-. E intanto da Dubai un uomo sincero ed incontrollato come Rino Gattuso,irrompe da par suo nel calcio che distilla le parole come gocce di collirio, per far sapere a tutti che "di Allegri si potrà dire di tutto. Ma… ecc, ecc.".

E intanto tutto si tiene sulla tenuta dei risultati, ovvero sulla tenuta di Ibrahimovic, variabile che generalmente con l'arrivo della buona stagione tende a prendere la tangente ed a uscire dagli assi cartesiani  benevoli del girone d'andata.

E intanto tra una settimana o poco più li affronteremo nel mentre di compravendite che incrociano sentimenti interni alla famiglia del padrone, di un genero che sembra dover far posto ad un signore dal carattere assai complicato da inquadrare nel caramello sempre meno rassicurante del mondo milanista.Vero Alberto Costa?
Aspettiamo e speriamo.

P.S. Comincio a temere  per la prima volta che il tricolore possa andare a Torino. Galliani, non subito, ma se vedi che butta male, fai qualcosa per impedirlo.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 06 gennaio 2012 alle 00:01
Autore: Giorgio Ravaioli
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