Tra quelli che vogliono fare i furbi tornando ad allenarsi prima e quelli privilegiati che beneficiano di uno o due tamponi (merce rara di questi tempi anche per gli ospedali) e poi fuggono dall'Italia, ci sarebbe molto di cui discutere. Il pallone è fermo da un po' in Italia, simbolicamente quella farsa che è stata Juventus-Inter dell'8 marzo scorso (Sassuolo-Brescia l'ultimo match di A il giorno dopo). Eppure di argomenti non ne mancano. E no, non parliamo di Eriksen che non si adatta al calcio di Conte, di Godin deludente, di Lautaro tentato dal Barcellona o dei 70 milioni non più così sicuri per il riscatto di Icardi da parte del Psg: tutti argomenti toccati già da altri, a rimbalzo di linea, perché anche in tempo di coronavirus è sempre "Crisi Inter".

Dunque, scansiamo le polemiche e concentriamoci sui sentimenti. E viene il magone. Questa emergenza ci ha sottratto non solo le dinamiche più ovvie, quelle basilari, ma anche quasi tutte quelle collaterali che abbellivano le nostre giornate. Ci ha sottratto la gioia della vacuità, del superfluo. Nel folto elenco delle rinunce spicca il calcio giocato. Quel pallone che rotola ci manca tremendamente e non possiamo farci nulla. Ce l'hanno sottratto proprio nel periodo più bello, quello della resa dei conti. La Serie A stava per arrivare al dunque, con un finale di torneo che si prospettava al cardiopalma tanto in testa quanto in zona retrocessione. Stesso discorso per Champions, Europa League e Coppa Italia: stop sul più bello. Ma non solo.

Eh già, perché la Uefa ha anche deciso di rinviare al prossimo anno Euro 2020. Una mazzata per chi – e siamo ancora in molti – ama le competizioni delle selezioni nazionali. Perché se le stagioni dei club si ripetono con rassicurante cadenza annuale, quelle riservate alle nazionali europee cadono una volta ogni biennio, divise tra Europeo e Mondiale. E stavolta sarebbe toccato alla rassegna continentale, per la prima volta itinerante. Una festa continua per un mese, dal 12 giugno al 12 luglio. E, invece, se tutto andrà bene, tra la fine della primavera e l'inizio dell'estate ci aspetta la conclusione della stagione dei club a porte chiuse. A oggi, il pessimismo la fa da padrone: i numeri dei bollettini giornalieri non autorizzano a credere che leghe e coppe possano vedere il traguardo per la stagione 2019/2020. Sarà, in ogni caso, una chiusura di plastica. Perché nessuno potrà dimenticare questi giorni d'inferno e le conseguenze saranno presumibilmente durissime. Anche per il sistema calcio.

Bastardo virus, ci ha rubato la felicità.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 24 marzo 2020 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
vedi letture
Print