Sorrideva, Amantino. Erano le 13.15 del 2 febbraio 2010, a Milanello era arrivato l'ultimo capolavoro di Adriano Galliani, l'ennesimo sgarbo di cui l'Inter si sarebbe pentita. Il buon Mancini passava da una sponda all'altra del Naviglio, indossava fiero la casacca del Milan con la convizione di essersi lasciato alle spalle un incubo, quello a tinte nerazzurre, e la sicurezza di aver trovato la grande famiglia rossonera ad accoglierlo, quella che con i brasiliani è straordinaria, eccezion fatta per il Ronaldo infortunato e abbandonato, ma quella è un'altra storia. Sembrava fosse arrivato nel mondo delle favole l'eroe Amantino, pronto a spaccare il mondo e a baciare la mano della principessa Milan anche per i prossimi anni. "All'Inter ho buttato via sei mesi", diceva. Anche dalle parti di via Turati erano felici, certi di poter sbeffeggiare l'Inter per aver regalato ai cugini (o presunti tali). Un castello di ipotesi crollato grazie a un'onda lunga sei mesi: José Mourinho festeggia il triplete, dopo Coppa Italia e campionato alza anche la Champions al sabato mentre Mancini è impegnato a guardare 'C'è posta per te'. E lo stesso José a gennaio sbeffeggiò il brasiliano: "Sono molto soddisfatto che sia andato al Milan". Aveva ragione. E dunque, il lungo declino di un giocatore marcito nelle sue disgrazie e che in casa Milan hanno voluto cancellare: un bidone allucinante, ma a rimuovere questo ricordo a Milanello sono stati bravissimi. Forse, troppo.
E proprio qui sta il punto della questione. Amantino è tornato alle cronache negli ultimi giorni non per i suoi doppi passi - rimasti praticamente rinchiusi al Gerland di Lione -, ma per la storia dello stupro avvenuto la notte tra l'8 e il 9 dicembre 2010 a una festa organizzata da Ronaldinho, giocatore all'epoca del Milan, dove il buon Mancini si adoperò nel violentare una giovane modella connazionale dell'ala di Belo Horizonte. Risultato, 2 anni e 8 mesi richiesti per l'osceno gesto di questo pseudo-uomo. Ebbene, direte voi, dov'è il problema? E' che ci ritroviamo ancora una volta di fronte all'ormai celeberrima prostituzione intellettuale, cavallo di battaglia sì ma anche grande verità teorizzata proprio da José Mourinho, lo Special One, quel Mourinho che volle fortemente Mancini per poi liberarsene spedendolo ai rossoneri con una mossa perfetta in quel benedetto mercato di gennaio del 2010, quel Mourinho che Amantino delegittimò in conferenza stampa di presentazione al Milan dicendo che "non è più il mio tecnico, ora c'è Leonardo. Uno che di calcio ne capisce". Meno di Mourinho però, e parlano i trofei.
A cosa è legata la prostituzione intellettuale? Molto semplice e chiaro, ma forse non agli occhi di tutti. Nel riferire la notizia i vari quotidiani, agenzie, portali online, sembrano aver magicamente dimenticato che il signor Mancini Amantino ha vestito la casacca rossonera. Leggiamo ovunque di Inter e Roma, eppure quella parentesi rossonera se la sono scordata - aggiungerei magicamente - tutti. Ma come, è sparito il periodo al Milan di quel Mancini che tanto era stato voluto, che era indispensabile per far rifiatare gli avanti rossoneri e che Galliani sentiva come un "colpo utile viste le necessità", parole sue dopo l'acquisto? Ma va', che caso. L'Inter compare sempre, il Milan - tranne rarissime eccezioni che applaudiamo, come la Gazzetta quest'oggi - praticamente mai. Eppure, i più attenti avranno notato che nei 6 mesi trascorsi in rossonero Amantino totalizzò 7 gettoni di presenza e 0 gol all'attivo, con ancora le imprecazioni dei tifosi milanisti per quel pallone sparato addosso a De Sanctis a due passi dalla porta in un Milan-Napoli che poteva riaprire i discorsi tricolore. Già, 7 gettoni, quando all'Inter ne mise insieme solo 19 in più, però in due anni. Una differenza non abissale, anzi, però il Milan in questi discorsi non deve entrarci, non esiste. Anche se il festino era organizzato dal buon Ronaldinho, il club che col Barça è uscito "a testa alta" non va citato in questa vicenda.
Non domandiamoci perché, sarebbe superfluo. Lo facciamo semplicemente notare e andiamo avanti. Perché quando Mourinho parlava di prostituzione intellettuale aveva ancora ragione, non giocava. Come aveva ragione a sbolognare Mancini ai rossoneri e a prenderlo in giro due giorni dopo la sua cessione, un autentico capolavoro visto che in via Turati si accollarono anche larga parte dell'oneroso ingaggio. Alla faccia delle prostitute, quelle intellettuali. E alla faccia di Amantino, uno che a prescindere da tutto dovrebbe semplicemente vergognarsi.
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