Sono passati tre mesi dallo scorso 26 maggio. Era il giorno, anzi la notte, di Inter-Empoli, partita passata alle cronache per aver regalato alla Beneamata la zona Champions per la seconda stagione consecutiva, ma anche per aver messo a dura prova le coronarie dei tifosi, i soliti 60 mila che riempivano il Meazza e i milioni incollati davanti alla Tv. I soliti 90 e passa minuti vissuti in apnea, prigionieri di una fede bellissima e masochista nello stesso tempo, una fede che non ammette, salvo rare eccezioni, percorsi logici. Vedere l'Inter da tifoso è come andare sulle montagne russe, dove ti diverti, ridi, gridi, ma intanto pensi: “Perché non sto da un'altra parte?” “Pazza Inter” del resto recita l'inno ufficiale, anche se Antonio Conte ha subito detto che lavora per una squadra forte e regolare, dove certe pazzie non siano più ammesse. Staremo a vedere, mutare il dna non è impresa facile. Fatto sta che con la solita emozione che non conosce età quando torna il campionato, non vediamo l'ora che arrivi lunedì, giorno di esordio nel torneo dell'Inter, che riapre la sua casa dopo averla chiusa con il sorriso e le palpitazioni tre mesi fa.

Sensazione personale che ammette tutti gli scongiuri del caso: ai nastri di partenza si presenta finalmente una squadra che può veramente lottare per vincere lo scudetto e non solo sperare in un piazzamento Champions. La sensazione deriva dal fatto che dopo aver centrato l'obiettivo di rientrare nell'Europa che conta, Suning abbia deciso di alzare l'asticella con fatti e non chiacchiere, nonostante rimangano vigili i paletti imposti dal Financial Fair Play. In primis fa ben sperare l'arrivo nella Milano nerazzurra di un tecnico come Antonio Conte, uno che sa come si vince, specialmente al primo tentativo e che infonde alle sue squadre una voglia di giocare e combattere su ogni pallone che ha pochi eguali.

L'ex Ct della Nazionale italiana che, con valori tecnici assai modesti ha rischiato di approdare alle semifinali di un europeo dopo aver battuto nazionali nettamente più forti come Belgio e Spagna e dopo aver ceduto solo ai rigori alla Germania, allora campione del mondo in carica, lunedì farà il suo ingresso nel tempio con gli occhi puntati addosso. Dopo Spalletti, utile per tornare nel gruppo che conta, Antonio Conte dovrà puntare più in alto, lo sa e sicuramente la cosa non lo spaventa affatto. Garanzia di questo, lo stato d'animo manifestato nella prima conferenza stampa durante la tourneè asiatica, quando, senza mezzi termini, avvertì la società che, a seconda del mercato svolto, si potevano fissare gli obiettivi e che in quel momento l'Inter era in ritardo. Mai soddisfatto del tutto, sempre proteso a migliorare.

Marotta conosceva il suo pupillo, lo fatto sfogare e poi, insieme ai suoi collaboratori, ha operato per il meglio. In entrata Lukaku, prima scelta del tecnico, Godin, Sensi, Barella, Lazaro. Sfumato il trentatreenne Dzeko, si sta chiudendo per il trentenne Sanchez. E sappiamo che ancora non è finita, visto che lo stop al mercato avverrà il 2 settembre, a campionato abbondantemente iniziato. Poche le uscite finora e in prestito come Perisic e Nainggolan, mentre Icardi è fuori dal progetto tecnico, ma non vuole muoversi e ha chiesto e ottenuto la maglia numero 7. Su questo fronte la società dovrà operare al meglio nell'ultima settimana, anche perchè ad una uscita “importante” potrebbe corrispondere un' entrata “importante”, magari a centrocampo.

Intanto, mentre scriviamo, la squadra, compreso Icardi, si sta allenando al Meazza. Conte, il perfezionista, ha voluto testare terreno e illuminazione a tre giorni dal primo giorno di scuola. Lunedi l'Inter affronta il Lecce, squadra non indifferente a Conte, salentino doc. Ma non ci sarà spazio per i sentimentalismi e Conte è il primo a saperlo. Si torna sull'ottovolante nerazzurro. Per l'ennesima volta. E con l'emozione della prima volta. È l'Inter, bellezza.

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Sezione: Editoriale / Data: Sab 24 agosto 2019 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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