Ore 18.55, la Champions League riapre i battenti, con l'Inter che ritorna nella massima competizione europea. Senza Vrsaljko, e con D’Ambrosio non al meglio, Spalletti conferma comunque il 4-2-3-1: Skriniar terzino destro, mentre Miranda ritrova posto al centro della difesa. Politano-Nainggolan-Perisic il trio dietro a Icardi. Pochettino, rispetto alle voci della vigilia, lascia in panchina Lucas Moura, con Lamela e Son insieme a Eriksen alle spalle di Kane.
PRIMO TEMPO - Sotto il sole di San Siro, scendono in campo due squadre schierate a specchio, ma con diversi interpreti e modi di occupare il terreno di gioco. Se sulla corsia di destra nerazzurra, Skriniar tiene a bada Son e il propositivo Politano è controllato da Davies (con il sostegno dell'esterno coreano), dall’altra parte entrambe le squadre dispongono di maggiori spazi. Lamela e Eriksen, nei primi minuti alternandosi, rientrano dall’out destro ospite e vengono a giocare dentro al campo, tra le linee, lasciando campo alle sovrapposizioni di Aurier. Sulla stessa corsia, oltre ad occuparsi dell'esterno ivoriano, Asamoah guadagna qualche metro in fase di possesso, non sempre trovando la collaborazione di Perisic, che rimane largo (ma senza incidere). Il tutto si traduce in più possesso palla e presenza nella zona centrale per gli Spurs e nell’opportunità, per i padroni di casa, di cambi gioco in direzione del l’esterno croato una volta recuperata palla, in situazione di ripartenza. Entrambe le squadre prediligono partire dal basso: il Tottenham, chiamato spesso in causa su queste situazioni, allarga i due centrali di difesa e abbassa - a turno - i due di centrocampo Dier e Dembele, alzando di molto i due terzini. Nainggolan, che in fase di attesa, affianca Icardi in un 4-4-2 molto corto in avanti, è uno degli uomini più decisivi per mettere in difficoltà i possessori di palla inglesi - costretti all'errore - e a ritrovare la sfera nella trequarti avversaria. Il pressing nerazzurro è buono, così come il palleggio degli uomini di Pochettino. E da queste due alterne possibilità si sviluppano le trame più significative: recupero palla in fase avanzata da parte dell'Inter o superamento della prima linea da parte degli avversari. Dal canto suo, la squadra di Spalletti non ha paura di giocare il pallone nella prima fase della propria azione, grazie anche all'eleganza di De Vrij e alla regia di Brozovic, ma incappa in qualche movimento tardivo e "preoccupato" di alcuni dei suoi uomini. Preoccupazione è un termine comune a entrambe le squadre, per una prima frazione di gioco molto intensa e combattuta, dominata dall'attenzione e per questo priva di vere occasioni da gol.
SECONDO TEMPO - Le squadre ripartono come nel primo tempo, ma il match no: dopo pochi minuti, infatti, fortuna e caparbietà regalano il vantaggio al Tottenham, rompendo l’equilibrio tattico e dando vita a un’altra partita. Lamela e Eriksen garantiscono tecnica e imprevedibilità, Son e Aurier spingono sugli esterni, Kane fa salire la squadra, l’Inter si allunga e, seppur rimanga in partita a livello caratteriale, fatica a pareggiarne l’intensità e la presenza nelle zone nevralgiche del campo, tanto dal punto di vista fisico (sulle seconde palle), quanto tecnico. Qualche errore in fase di rifinitura e, con il pallone tra i piedi del “preciso” Brozovic, poco (e troppo proiettato in avanti) movimento senza palla, consentono al Tottenham di ripiegare nella propria trequarti, e al duo Dier-Dembele di farla da padroni in mezzo al campo, dando vita a ripartenze importanti, sulla carta attese e sul campo sventate dalla retroguardia di casa. Il cambio Candreva per un imballato Perisic, contemporaneo a quello di Lucas per Son, non cambia l’andamento del match (l’italiano si perde nella frettolosità, mentre il brasiliano si trova a suo agio nelle azioni di contropiede). Con l’avvicinarsi dell’ultimo spezzone di gara, però, cresce la generosità in casa nerazzurra: le ultime forze nervose, incarnate in Nainggolan, riportano equilibrio nei duelli fisici, mentre Brozovic continua nella sua gara fatta di chilometri e geometrie. Non tanto per i cambi, Keita per Politano da una parte e Winks per Lamela dall’altra, o per questioni tattiche, ma la crescita dell'Inter è da ricercare nel suo stesso dna, spinta dal proprio pubblico. La guida di una difesa mai in imbarazzo, la forza (sia tecnica che mentale) di Asamoah e il "colpo" istantaneo del campione generoso ma fino a quel momento mai pericoloso, Icardi, fanno il resto, dando vita alla terza fase del match. Quella più corta, quella più emozionante. Borja Valero regala la standing ovation a Nainggolan (e non solo), mentre l'ingresso di Rose per Kane racconta le sensazioni di casa Spurs. E il gol all'ultimo respiro di Vecino (lui, l'uomo Champions) è già storia. La storia di una partita "pazza" nel suo finale, per cambiare l'inizio di una storia, quella della stagione, iniziata male. Ieri sera si sono viste le stesse difficoltà nel creare occasioni da rete e nel gestire al meglio palloni importanti, ma l'organizzazione, l'intensità e il coraggio mostrati in una grande competizione, contro una grande squadra e in una notte tanto attesa, sono ingredienti che - uniti al risultato finale - possono e devono aiutare a svoltare. Un ritorno tra le stelle da festeggiare, con la consapevolezza che c'è ancora molto da fare, una condizione fisica che può solo migliorare... e tante altre gare in cui far sognare.
Autore: Christopher Nasso / Twitter: @ChrisNasso91
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