Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Alessandro Costacurta parla di come è cambiato il calcio italiano nel corso degli anni con particolare riferimento alla fase difensiva.

Costacurta, in Italia non è più così difficile segnare. Perché?
"Gli allenatori cercano difensori propositivi, che non significa che siano scarsi nella distruzione della manovra avversaria ma che tra le loro qualità principali ce ne sono altre. Pensi a Bonucci: è favoloso nell’impostazione, meno nella fase difensiva, ma è uno dei pochissimi difensori della A che giocherebbe in qualunque club del mondo. Oltre a Bonucci la Juve ha in rosa anche l’altro prototipo del difensore, ossia il marcatore classico: Chiellini ha sicuramente meno qualità tecniche, ma resta il miglior difensore d’Europa. Partendo da Leo e Giorgio, si va a cascata. Il Sassuolo, ad esempio, ha difensori che danno il meglio in fase di impostazione e questo vale per altre squadre. Il livello di tattica individuale dei giocatori è calato e al contempo gli allenatori stanno provando a fare un gol in più degli avversari e non a prenderne uno in meno. Il risultato di tutto questo è che in Italia si segna più che in passato".

Il ruolo del difensore è cambiato sensibilmente negli ultimi anni?
"Assolutamente. Io esordii a 20 anni, adesso sarebbe più difficile. Ho maturato una certa fiducia nei miei mezzi in fase di impostazione intorno ai 30 anni, prima ero un difensore e basta. Ma il calcio è cambiato, Guardiola preferisce arretrare in difesa un centrocampista bravo piuttosto che schierare un difensore che non lo convince con i piedi. Negli anni Novanta le priorità erano diverse".

Una volta il difensore sembrava completamente a suo agio dentro l’area. Adesso non è più così: magari non ha problemi a uscire e fare pressione, ma poi se deve controllare un uomo vicino alla porta iniziano i guai.
"Il problema è il concetto di marcatura a zona che spesso viene travisato. Difendere a zona significa che marchi chi entra nella tua zona, non che resti fermo lì. Chi arriva in terzo tempo, ad esempio, devi andare a prenderlo altrimenti come lo fermi? Noi del Milan in area eravamo più bravi e poi alzando la linea abbiamo migliorato il meccanismo di protezione della profondità. Adesso le difese vanno in difficoltà se lasciano metri alle loro spalle".

L’uscita da dietro spesso genera problemi, il primo gol di Juve-Lecce è emblematico. È davvero sempre necessaria?
"Gli allenatori si nascondono dietro alla parola mentalità ed è anche comprensibile. Ma non tutti possono fare fraseggio nella loro area, per una questione tecnica. Baresi a volte diceva: “Ci vengono a pressare? Bene, buttiamola là, sulle punte”. Noi avevamo Van Basten e Gullit, certo, ma l’idea è di fare qualcosa di utile che sorprenda gli avversari".

Teme che il concetto di marcatura si sia un po’ perso anche nei settori giovanili?
"Il rischio c’è. Ma il gioco va in quella direzione. Non dico che sia sbagliato, è un’interpretazione diversa. Lo spettacolo richiede certe caratteristiche. Io non sono contrario, però quando vedo certi errori in marcatura mi metto le mani nei capelli".

Sezione: Rassegna / Data: Sab 04 luglio 2020 alle 10:28 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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