Che, Rodrigo, le diste vuelta a la cancha hoy”. Il tifoso che urla, è uno dei tanti che stazionano anche due ore dopo fuori, sulla calle Brandsen alla Bombonera. E’ da poco terminata una partita del Clausura, siamo nel 2007, una partita nella quale El Trenza, ha ancora una volta mandato giù las plateas dello stadio. “Meno male - mi diceva questo tifoso boquense - che è ritornato il futbol alla domenica, perché una domenica senza pelota è un guaio! Non ci basta la pasta, la cerveza, la carne; queremos ver jugar a Rodrigo”. E ride. Il Boca aveva appena vinto. Il tifoso interista capisce che il riferimento è a Palacio, anima e core, direbbero i napoletani, di questa Inter targata Mazzarri.

Chi non lo conosce bene, può anche meravigliarsi nel vedere giocare questo straordinario calciatore che l’Argentina, anche adesso, ammira e si gode al pari delle sue star più vere e autentiche. Il Palacio visto domenica a Torino mi fa venire in mente quello visto tante volte qui in da questa parte dell’oceano. Quello che viaggiava ad una media di quasi un gol ogni due partite specie nel suo percorso al Boca. Lo ricordo ancora, quando se non erro era il 2008, il Governo della città di Buenos Aires lo insignì del premio Jorge Newbery, dedicato allo sportivo dell’anno. Lui aveva appena vinto l’anno prima la Libertadores nella quale realizzò quattro reti con la maglio azul-amarilla. Palacio è questo. Non solo tecnica, velocità e senso della rete. E’ sacrificio, corsa, intelligenza tattica, spirito di gruppo, di squadra.

Ecco, un esempio magari per qualche altro nerazzurro che pensa soprattutto alla sua personale sfida con l’avversario o al numero che deve riuscirgli a tutti i costi, pagando poi dazio, a danno della squadra. El Trenza, no. Non aspettatevi da lui giocate fini a se stesse. Palacio sa bene che il calcio è gioco di squadra e di sacrifici in campo. Nonostante dieci giorni in Argentina e Uruguay, due viaggi di 13 ore ognuno, e il ritorno in Italia solo al giovedì. Macché fuso orario, che jet lag. Lasciate perdere. Lo abbiamo visto difendere a Torino, come qualche anno addietro fece un altro top: Eto’o. Sacrificio, corsa e poi due reti. Insomma un esempio. Niente da dire, d’altronde come si fa a essere nel giro della Selecciòn argentina, specie fra i giocatori d’attacco, se non si è top?

Ma ci avete fatto caso che lui corre, gioca, difende, segna ed esulta. E non parla mai? Ebbene sì, anche per questo è Rodrigo Sebastian Palacio, quello che lasciò tanti anni fa la sua Bahia Blanca e la fredda costa atlantica dell’Argentina per arrivare a Buenos Aires, la madre di tutte le città calcistiche del paese sudamericano. E ovviamente mi vien da pensare che se uno è idolo della Bombonera, fidatevi, può andare in giro a giocare ovunque nel mondo. Ed essere protagonista. Come Palacio, el Trenza, colui che quel giorno del 2007 seppe capovolgere idealmente sotto sopra lo stadio con i suoi gol. E sì, come disse quel tifoso “le dio vuelta a la cancha”.

Sezione: QUI ARGENTINA / Data: Mar 22 ottobre 2013 alle 04:30
Autore: Pasquale Guaglianone / Twitter: @pasqualegua23
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