Lunga intervista della Gazzetta dello Sport a Gabriele Salvatores, notoriamente grande tifoso dell'Inter. Il regista si proietta già alla finale Champions: "Sembra la trama di un film, Hakimi è l’esule a Parigi che ritrova la vecchia famiglia interista... - scherza il 74enne premio Oscar -. Ero legato a lui anche per quel nomignolo simpatico, speriamo solo che sabato sia stanco! E poi incontreremo anche un ex Milan come Donnarumma e un ex Napoli come Kvara: gli incroci del destino non mancano".

A proposito di napoletani, lei nella nuova città scudettata è nato: diminuisce il dolore per lo scudetto mancato dall’Inter?
"Ma io ci ho sperato fino all’ultimo, lo ammetto! Sono stati fatti non degli errori e, alla fine, ho sentito diversi amici tifosi napoletani, come Silvio Orlando, dirmi: “Ce ne avete fatti di regali...”. A prescindere dal campionato e comunque vada sabato, io mi sento di dire grazie a tutta l’Inter: mi sono sentito vivo, divertito nel vedere una squadra europea, moderna. Molto del merito va a Simone Inzaghi, che è riuscito a fare quello che cerco anche io durante le riprese di un film: creare una squadra di lavoro che si voglia bene. Inzaghi è un grande regista perché sa quanto conti sentirsi parte di un gruppo, che prima ti sostiene e poi ti restituisce qualcosa. E qui il resto lo fa la proprietà".

Soddisfatto del cambio Suning-Oaktree?
"Più delle dinamiche tecniche, penso che il presidente Marotta sia stato decisivo: anche lui contribuisce a questo senso di comunità, ha gestito 4 anni difficili in cui abbiamo dovuto cedere, tra gli altri, il nostro “Marrakech Express” più altri grandi giocatori. Senza spendere, adesso sfidiamo alla pari un ricchissimo Psg: questo ci inorgoglisce a prescindere da come finirà. È un qualcosa di storico. E poi a me piace davvero una squadra formata da gente che pensa e non solo che gioca. La ringrazierei anche se finisse con “zero tituli”, come diceva qualcuno. Anche se un po’ mi tocco...".

Cosa custodirà di questa stagione?
"La partita col Barcellona al ritorno. Anche nella sofferenza abbiamo mantenuto un tratto tutto nostro. Ero allo stadio e credo di aver visto la più bella partita della vita: non sono un tifoso accanito, di solito non rischio infarti, ma quella volta sì... E poi il movimento di Acerbi verso l’area, quella corsa senza un apparente perché: era epica, c’era una forza misteriosa che lo guidava. Non farò mai un film sul calcio, anche perché una scena in campo non verrebbe mai così bene. In generale, tutta la stagione ha esplorato le pieghe della mente dell’Inter: tra alti e bassi, è stato un thriller psicologico. Un’annata così fa capire per davvero cosa significhi essere interisti".

Sezione: News / Data: Mer 28 maggio 2025 alle 20:42 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni
vedi letture
Print