Javier Zanetti, ex capitano o ora vicepresidente dell’Inter, si racconta in una lunga intervista concessa ai microfoni de La Gazzetta dello Sport. Tanti gli argomenti toccati a cominciare dalla sua nuova vita da manager, che non gli ha fatto comunque perdere le sane abitudini prese nel corso degli anni trascorsi da calciatore: “Se mi alleno ancora tutti i giorni? Quasi, diciamo 5 su 7. E ogni tanto calcetto. Quanti minuti garantirei a Mancini? Un tempo ancora ce la faccio, dai - la battuta dell’argentino -. Se è più faticoso fare il calciatore o il vicepresidente? Di sicuro adesso lavoro più ore ed è più facile che mi cambino i programmi della giornata. Sono stato meno presente alla Pinetina? I primi mesi era previsto che facessi un master alla Bocconi e stessi di più in sede: per prendere confidenza con tutte le aree della società. Non c’entrava la presenza di Mazzarri: io ho sempre risposto e rispondo alla società, indipendentemente da chi c’è in panchina”.

Gli viene poi chiesto del rapporto con Erick Thohir, specialmente ora che Zanetti sta imparando l’inglese: “Me la cavo meglio io con l’inglese che lui con l’italiano, spero - ha ammesso -. Ma a 40 anni è dura, all’inizio quando andavo a lezione con i bambini mi sentivo uno scemo: loro imparavano alla grande e per me era cinese. Se ci sono rimasto male per aver firmato un contratto a tempo, per due anni? È la filosofia di Thohir: mi ha trattato come un manager. Quello che mi interessava era sentire la sua fiducia ed essere considerato un veicolo importante per lanciare l’immagine dell’Inter anche a livello internazionale. E poi era normale: Moratti mi conosce da una vita, lui no. Moratti conta e conterà sempre: è molto rispettoso, ma quando deve intervenire lo fa. Un ruolo diverso con Mancini? Diciamo che mi sento più coinvolto di prima. Normale: io e Roberto ci conoscevamo già. Ma lui sembra un altro rispetto ad allora: più tranquillo, più consapevole. E ha cambiato in parte pure il modo di allenare: molta più intensità, adesso. Ci confrontiamo spesso e se lo ritiene giusto parlo con i giocatori. E’ successo soprattutto nei giorni difficili: so cosa vuol dire attraversare certi momenti”. 

Si passa poi a parlare dei singoli, a cominciare da capitan Ranocchia: “Andrea ha dei valori e i compagni lo rispettano per questo. Però deve avere più fiducia in se stesso, non sentirsi crollare il mondo addosso: i compagni lo guardano e il rispetto te lo guadagni anche così. Icardi? Sta a noi aiutarlo, sta a lui capire come bisogna comportarsi in una grande squadra. La prima cosa, e ci teniamo tanto, è il rispetto per i tifosi. Più grave il gesto di Balotelli o di Maurito? Più grave Mario, ma due cose sgradevoli. Se scommetterei su Icardi ancora all’Inter a luglio? È la nostra intenzione e il rinnovo del contratto a cui stiamo lavorando va in questa direzione. Poi, si sa, nel calcio non c’è nulla di scontato. Kovacic spesso in panchina? L’Inter punta su di lui, tanto. In pochi possono cambiare una partita come sa fare lui e può servire anche sbagliare: ecco, l’unica paura che non deve avere è quella, la paura di sbagliare. Shaqiri? Mi ricorda Sneijder per la capacità di pensare la cosa giusta un po’ prima degli altri. Guarin? Gli è servito tempo, ma può succedere: è difficile trovare continuità quando giochi in una squadra che non ha continuità”.

Più deluso o più arrabbiato, con Osvaldo? “Più arrabbiato, ma lo è anche lui: con se stesso, perché si è reso conto che ha sprecato una grande chance. Ezequiel Lavezzi o Yaya Touré all’Inter? Il Pocho è difficile, anche se è mio amico. Touré non è un mio amico ma lo prenderei subito: con lui può pesare molto il Mancio, nella scelta di un giocatore è fondamentale poter arrivare dove ti vogliono a tutti i costi”. 

Cosa ha pensato giovedì sera al 94’ di Celtic-Inter? “Che farsi riprendere sul 2-2 ci sta, meno sul 3-3. Siamo vicini al top, ma recidivi: non può essere sempre sfortuna, bisogna lavorare sulla gestione degli ultimi minuti. Un voto alla stagione? Da sei con 4°-5° posto, buona con la semifinale di Europa League, molto buona se dovessimo vincerla, perché arrivare terzi mi pare molto complicato. Ma la Champions deve essere sempre la nostra frontiera, se vogliamo tornare fra i primi 10 club al mondo come vuole Thohir. Se sento Mourinho? Spesso. E mi chiede sempre dell’Inter…”.

Sezione: In Primo Piano / Data: Sab 21 febbraio 2015 alle 08:14 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Redazione FcInterNews.it
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