Calci d’angolo battuti: 14 per i nerazzurri e 4 per i rossoblu, giusto per citare una statistica; ma alla fine, di tutti i dati possibili solo uno rimbalza davanti agli occhi, quello dei gol realizzati: 0 da una parte, 0 dall’altra. E tutto questo è accaduto contro una squadra, il Catania di Rolando Maran, che nelle precedenti 10 trasferte era sempre uscito con le pive nel sacco. E a catena, arrivano altri numeri sconfortanti: meno di un terzo dei punti utili incamerati nelle ultime nove partite, con solo nove reti messe a segno. Era già un momento durissimo, si sperava di poter regalare una gioia ad Erick Thohir, presente allo stadio come nella sera dell’ultima vittoria, i presupposti del resto non mancavano. Il nuovo presidente, invece, rimbalza tra mille espressioni negative e lascia lo stadio con un sorriso che aveva dentro di sé molta, molta amarezza. Solo uno 0-0 contro gli ultimi in classifica: se non è un allarme questo…
NON CREDO AI MIEI OCCHI – Seduto a fianco di Massimo Moratti come la prima volta, contro la Sampdoria, anche lì chiusa con un pareggio amarissimo, si vedeva bene come il nuovo presidente faticasse ad accettare quella che era la realtà davanti a sé. Ma i suoi, se vogliamo, sono gli stati d’animo di tutti i tifosi nerazzurri; o almeno, di quelli che ancora non hanno preso in considerazione l’idea della rassegnazione nei confronti di un momento storico davvero incredibile, partito che però progressivamente sta perdendo iscritti. L’Inter, ormai, sembra arrivata al punto che potrebbe stare a giocare sul campo per 48 ore filate senza mai riuscire a trovare la via del gol; solo qualche mese fa, la situazione era agli antipodi, magari non si brillava nella creazione di gioco ma quando la palla lì davanti girava non si faticava in maniera immane a trovare la via del gol come adesso. Ma fra un Palacio che ormai, dopo tanto correre a perdifiato, sembra aver smarrito tutte le vie, un Milito che solo adesso sta ritrovando continuità di minuti ma che comunque palesa a priori il deficit con la figura maestosa di qualche anno fa, e un Alvarez che ci mette l’anima ma non trova mai il supporto giusto, francamente ci si rassegna anche a voler trovare un barlume in fondo al tunnel. Anche quando, tutto sommato, sulla disposizione in campo non c'era poi molto da obiettare.
E ORA CHE FAI? – E’ arrivato ieri mattina molto presto, Erick Thohir, per cominciare a lavorare da subito. Il 31 si avvicina, giorni a disposizione non ce ne sono molti e allora meglio ottimizzare tempo e risorse. Ma vedendo l’Inter andata in scena ieri pomeriggio, il tycoon si sarà reso irrimediabilmente conto che di gatte da pelare ce ne sono tante, e non solo legate al mercato. Thohir ha visto da vicino in primo luogo la contestazione dei tifosi, tensione che covava sotto la cenere dopo le ultime settimane e che è esplosa in maniera atomica dopo la notizia del possibile scambio Vucinic-Guarin; ma soprattutto, ha visto una squadra che si è persa nei meandri di un labirinto, affetta da un calo fisico ma soprattutto psicologico. Senza contare, poi, le questioni interne che si sono sollevate dopo gli ultimi, turbolenti giorni. Insomma, qualche giorno fa aveva dichiarato di non essere Superman, ma questa volta deve mettersi l'anima e cercare al più presto una delle ultime cabine telefoniche rimaste in Italia, e lì indossare in fretta e furia i panni di Nembo Kid, perché qui, fra tutte le questioni da risolvere, la situazione è talmente ingarbugliata che trovare i fili del discorso non è impresa operabile da gente comune…
ARCHITETTURA AMBIENTALE – Una vigilia come forse in casa Inter non se ne vivevano da anni. Anni cupi, anni di vacche magre e di polveriere più o meno assortite, anni dove le contestazioni prima, durante e dopo erano quasi all’ordine del giorno. Ieri si è rivissuto un momento del genere, con la Curva che ha dato seguito a quanto avvenuto qualche giorno fa sotto la sede dell’Inter, esponendo striscioni dal contenuto eloquente fuori dall’impianto e proseguendo nelle loro invettive soprattutto contro coloro che ormai sono ufficialmente stati appuntati come responsabili primari di questa situazione, Marco Fassone e Marco Branca. Accompagnati nella loro protesta anche da altri settori dello stadio, tra esortazioni e l’esposizione di una serie di linee-guida come memorandum per Thohir. Però, durante la partita, nonostante non sia stata un’atmosfera propriamente definibile da bolgia, lo stadio ha provato in ogni modo a far sentire i propri incoraggiamenti, lasciandosi andare ai fischi più rumorosi solo al triplice fischio. Per cui, è difficile, da questa posizione, capire fino a che punto l’ostilità dell’ambiente possa avere influenzato in maniera così forte i giocatori durante la partita. Di certo gli sconvolgimenti degli ultimi giorni hanno anche inconsciamente il loro peso, ma non per questo hanno pensato di rinunciare a giocare per protesta contro lo scetticismo palesato dalla tifoseria. E se si vuole costruire un futuro migliore, l’ambiente va di sicuro ascoltato e invitato al confronto, magari non colpevolizzandolo troppo attribuendogli responsabilità ingigantite…
NON FACCIAMOCI DEL MALE – All’andata l’Inter arrivava a questa sfida con grande fiducia e convinzione, e alla fine strappò anche un buon pareggio contro una Juve ancora in fase di rodaggio e chissà, forse qualcosa in più poteva anche scappare. Un girone dopo, la situazione è agli antipodi: la squadra di Antonio Conte ha stritolato sul proprio cammino avversarie in serie fermandosi solo sabato a Roma contro la Lazio, l’Inter arriva allo Juventus Stadium col morale a terra e con prospettive fosche. Nemmeno il più ottimista, probabilmente, oggi riesce a pensare ad una partita aperta, però è anche vero che questo è il genere di partite dove un moto d’orgoglio può scattare e comunque portare ad una prestazione di buon livello. Non resta che aspettare.
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