Intervistato nel corso della trasmissione 'Heroes' di Mediaset, l'ex presidente dell'Inter Massimo Moratti ha parlato di Helenio Herrera e di José Mourinho: "Herrera giocava un calcio veloce, dove tutti correvano e la palla correva soprattutto tanto. Ricordo che inizialmente ci furono delle critiche perché dicevano che la velocità andava a scapito della precisione, ma questa cosa ci fece vincere. La chiave era il pressing che allora non era minimamente considerato, lui lo mise in campo e cambiò il calcio", ha assicurato l'ex numero uno nerazzurro.

Su José Mourinho: "Non si può dire che abbia cambiato il calcio perché lui ha un modo diverso di affrontare le partite, studia l'avversario e sa cambiare il gioco in base alle necessità. In questo sta il suo essere sorprendente e il suo aver vinto tanto. Non si fa attaccare per il fattoi di non avere un gioco preciso, la sua forza è quella di sapersi adattare giocando anche un calcio bellissimo. La similitudine sta nella genialità e nel fatto di essere due grandissimi giocatori. In più tutti e due sono bravi e famosi nel loro saper comunicare".

Sul suo essere 'mourinhano': "Sì, lo sono abbastanza perché l'ho vissuto direttamente, mi è piaciuto il personaggio, ha vinto subito anche se si è trovato in mano il lavoro valido di Mancini. Ho sofferto con lui in quel periodo". Poi ancora su Herrera: "Arrivò facendo un gioco che era tutto d'attacco, faceva tanti gol ed entusiasmava. Era un gioco anche a rischio, arrivò qualche sconfitta e poi lui cambiò gioco. Tutti parlavano di grande difesa, ma la realtà era che la squadra arrivava in porta con tre tocchi. Da lui ho trovato una grande umiltà, un paio di volte si confrontò con mio padre e questo lo rendeva un professionista vero, attento a ogni aspetto".

E ancora: "La differenza tra i due personaggi è che Mourinho coinvolgeva molto la squadra dal punto di vista psicologico, l'avere valori insieme, la zona di complicità. Herrera è sempre stato più sergente, non era adorato dai giocatori come Mourinho anche se era molto stimato".

Infine l'addio di Mourinho: "Era una cosa che si sapeva. Con lui non c'era bisogno di tante parole, lavorava con un'intensità dieci volte superiore proprio per quel senso di colpa che aveva. Non ho voluto disturbare quel senso di colpa, l'ho lasciato lavorare perché sapevo che avrebbe dato di più e io volevo vincere tutto. Poi il lunedì dopo Madrid è venuto a Milano, ci siamo parlati e lui fu meravigliato dal fatto che io rimanessi. Mi disse 'Come fa a restare per come trattano l'Inter? Io ho imparato che cos'è l'Inter nel calcio italiano, ma lei perché rimane? È lei che dovrebbe andar via'. Gli dissi che per me non era facile".

Sezione: In Primo Piano / Data: Mer 08 ottobre 2014 alle 09:52
Autore: Redazione FcInterNews.it
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