Madre greca, padre angolano. Lui, da buon figliolo, non solo ha il colore della pelle dei guerrieri Imbalanga, ma nel sangue gli scorre anche quella bizzarria che soltanto i più stravaganti artisti ellenistici potevano vantare. Eppure la sua carta d'identità parla chiaro: Valentino Lazaro, giocatore austriaco. Di pallone. È nato infatti a Graz, dove ogni anno si svolge il celeberrimo festival di musica classica e barocca che raduna tutti gli appassionati del Paese. I danubiani son stati furbi: nel dopoguerra hanno investito tanti, tantissimi soldi sulla promozione della cultura sinfonica. In altre nazioni del mondo, per dire, la stessa cifra in denaro è stata destinata al calcio. Loro no: il football gli piace poco. Ma non per niente: nel '64 organizzano la finale di Coppa dei Campioni a Vienna e quella, per la storia nerazzurra, è una serata indimenticabile. Forse la più gloriosa di sempre.
Negli Anni '30, a dir la verità, una buona Nazionale l'hanno avuta: il Wunderteam, "squadra delle meraviglie" nella lingua madre. Progenitore: Hugo Meisl, il primo a percepire il calcio come un qualcosa più di testa che di gambe. Matthias Sindelar, 'antenato' di Johan Cruijff, era solito esser definito il Mozart del calcio: vederlo giocare era una bellezza. In campo dirigeva l'orchestra in una maniera sublime, era l'idolo di un Paese che dopo la fine della Prima Repubblica aveva un orario meno intenso di lavoro, e dunque più tempo libero a disposizione per dedicarsi alle proprie passioni. Già, ma poi - in un tardo pomeriggio del 3 giugno 1934 - il biondino ha messo piede sul manto erboso di San Siro. Semifinale di Coppa del mondo. Luisito Monti, el hombre malo, gli sbriciola la tibia con Bican e compagni che perdono contro l'Italia di Pozzo: 1-0, decide Guaita (gol discusso, con Meazza frana addosso al portiere Platzer). Gli austriaci se la legano al dito: il 24 marzo dell'anno successivo la formazione tricolore dovrà recarsi al Prater per una rivincita. Effimero dettaglio: proprio quel giorno esordisce in maglia azzurra un certo Silvio Piola, che segna due gol. Finisce 0-2 e quella gara ancora oggi viene ricordata con orgoglio al Museo di Coverciano.
L'impianto sportivo ambrosiano è adesso intitolato proprio a Giuseppe Meazza. Il terreno di gioco, lo stesso dell'epoca: l'Austria ha un rapporto da ricucire con il prato della Scala del Calcio. Lazaro ha quello spirito brioso che può risolvere la questione: ha iniziato da trequartista, ora fa l'esterno a tutta fascia. Ha firmato con l'Inter e giocherà a San Siro: responsabilità che, visto il carattere, saprà gestire perfettamente. Con Antonio Conte le porte sono girevoli: chi scende in campo lui e Candreva? Poco conta, basta che si vinca. Ecco, dunque, che ciascuno dei due dovrà rispondere presente nelle circostanze in cui sarà chiamato in causa. Il numero 87 ha già svolto, bene, il suo lavoro nelle prime due di campionato. Toccherà, a breve, anche all'austriaco.
Soltanto la fantasia, nel calcio, è in grado di spezzare l'equilibrio. Il football è uno sport anarchico: basta un'iniziativa personale - vincente - per far crollare miriadi di schemi tattici. Valentino Lazaro è l'eleganza barocca del pallone: ha corsa, gamba, intensità, altresì un'ottima gestione della sfera di cuoio. Con la quale combina quel che vuole; spesso, cose buone. La palla è l'amore del bello, come nella filosofia greca. E la sua perfezione s'incarna nella forma tonda: quando la fai rimbalzare, non ti tradisce mai. Lazaro è un ossimoro: gestisce questo strumento così esemplare in un modo che solo lui sa. Il suo stile di gioco è come i suoi capelli: ammirandolo, trovare una spiegazione logica o una simmetria è pressoché impossibile. Si può soltanto restare a bocca aperta. Come dinnanzi ad un'opera barocca. Purché lo spettacolo sia garantito: ha dipinto calcio in Germania, sulla corsia destra con la maglia dell'Hertha. Tanta qualità, sette assist e tre gol in trentuno presenze. Ha giocato, una volta ogni due settimane, sul prato dello Stadio Olimpico di Berlino. Che alla Nazionale italiana ha portato piuttosto bene nella sua storia: non soltanto la vittoria del Mondiale nel 2006, ma anche delle Olimpiadi esattamente settant'anni prima. Sconfiggendo, in finale, l'Austria. E, allora, sarà proprio il caso di edificarlo un ponte dal punto di vista calcistico tra questi due Paesi.
Al ritorno dalla sosta, Lazaro dovrà cimentarsi nel proseguimento della sua corsa lungo i campi di Appiano Gentile. Per poter dire la sua anche in campo, davanti a una folla che l'acclama. Per tentare di rivelarsi all'altezza della maglia dell'Internazionale. Cosa non facile, specie se in panchina c'è quello là. Che un secondo posto non lo tollera.
Autore: Andrea Pontone / Twitter: @_AndreaPontone
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