"Passano gli anni, ma io ci voglio provare. Sono lo stesso di prima, uno dei migliori, forse il numero uno. Quello che esaltava le folle, mi bastava intonare solamente la primissima nota della mia più grande hit per scatenare inferno o spettacolo, anzi, entrambi. Oggi ho la voce un po' rauca, certo, ma sono sicuro che per questo mio grande ritorno sul palco sarà bella e intonata come sempre. Cosa sono 15 anni in una carriera? Per me nulla, ora salgo su quel palco e faccio esplodere questi 82.000 che non aspettano altro che vedere la solita e grande super star".

Tocca a lui, a quella famosa rockstar che impugna il microfono e intona la sua top, ma la voce non c'è più. E' troppo rauca, bassa, la qualità è sparita e quasi si dimentica le parole. Gli 82.000 sono delusi, arrabbiati, ma in fondo capiscono che i giorni belli non ci sono più. Quante volte le più grandi star della musica hanno provato a tornare quelli di ieri, sperando - tra sogno e illusione - che una strana e piacevole magia potesse fermare il tempo, eliminare le rughe, abbellire la voce. Purtroppo la vita non funziona così.

Inter-Lazio, benvenuti nel triste presente. 30 ottobre 1999, il popolo di San Siro saluta l'ingresso in campo di due squadre che ai nastri di partenza del campionato si presentavano come due tra le potenziali vincitrici del tricolore. D'altronde i solisti e le star che calcarono il terreno del Meazza erano internazionali, semplicemente. Lippi e Eriksson, i veri artefici di quel concerto super, schierano i vari Blanc, Zanetti, Zamorano e Vieri con il lusso di tener dietro le quinte gente come Baggio e Recoba, senza contare sulla star per definizione, il Michael Jackson deglia anni '80 per intenderci, quel Ronaldo il Fenomeno, troppo forte e troppo assente in quel periodo. Il laziale canta insieme a Mihajlovic, Conceição, Veron, Almeyda, Nedved, Boksic e Salas, con Mancini e il Cholo Simeone pronti a dare il cambio su questo palcoscenico, loro che tra passato e futuro di Inter se ne intendono, oltre a un Nesta indisponibile per l'occasione... che squadroni e non è un caso che l'Oscar della musica fu assegnato proprio a Roma, a una Lazio che al termine di quel concerto sollevò quel Grammy Awards che a Milano arrivò qualche anno più tardi, dopo attente valutazioni sul perché non si riuscisse a cantare in modo perfetto, nonostante artisti... perfetti. 

Oggi la folla è meno numerosa, la fame di ascoltare certe note è diminuita e il motivo è molto semplice: Inter-Lazio di una volta non c'è più. Si canta e lotta per altri traguardi e i fan lo sanno. I fattori che hanno portato a questa situazione sono più o meno noti ma fa una certa tristezza pensare a ieri guardando l'oggi, quando sul palco certi interpreti lottavano per traguardi da sogno, mentre il presente dice che il Grammy vale l'Europa Leauge e non un tricolore che maglie come quelle nerazzurre e biancocelesti meriterebbero di aver cucito sul petto, di fianco a un biscione che ora stenta a strisciare velocemente e a un'aquila che fatica a decollare. Ma il tifoso è tifoso e in attesa di far tornare il bunker nerazzurro il teatro più ambito bisogna accontentarsi del traguardo per l'Europa meno nobile, ma forse è anche bello e giusto così. La scalata verso i primi posti della hit parade parte da sabato sera, Inter e Lazio lo sanno e anche se il Grammy di oggi appartiene ad altre squadre e ad altri campionati bisogna ripartire subito, per tornare a cantare, ballare e sognare... proprio come 15 anni fa.

Sezione: In Primo Piano / Data: Mar 06 maggio 2014 alle 22:40
Autore: Francesco Fontana
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