E dire che sarebbe stata la giornata perfetta per dare un segnale al campionato, con le sconfitte di Milan e Roma. Invece, l’Inter si incarta su se stessa e perde in casa con la Lazio una gara in cui si sono evidenziati una volta in più i limiti strutturali di una squadra in costante ricerca di se stessa che fra crisi di spogliatoio, infortuni e sfortune assortite non è mai riuscita a essere costante. Il caso non può essere l’unico responsabile, ovviamente: il gol di Milinkovic Savic sa di beffa perché è arrivato in un momento positivo per la squadra di Spalletti che poi si è persa e non è riuscita mai a creare pericoli concreti alla porta di Strakosha. Questo perché a centrocampo Savic e L. Alberto hanno banchettato a livello fisico e di palleggio, mentre sulle fasce si sono susseguiti un coacervo di cross che hanno dato risultati nulli, anche perché i saltatori a disposizione non hanno vissuto una giornata indimenticabile (eufemismo). L’Inter c’è, ma alla prima difficoltà tattica si arena. E l’assenza di alternative inizia a essere un peso incalcolabile. La Lazio potenzialmente è a -2 dal terzo posto. È tutto ancora aperto.
POLITANO A SALVE - il ritratto della serata dell’Inter é la gara di Matteo Politano. L’esterno nerazzurro ha giocato un primo tempo opaco, con pochi tagli e nessun graffio dopo la rete di Savic che ha indirizzato il match. Il 16 ha giocato generosamente, puntando con continuità l’uomo e cercando la porta con una serie di conclusioni insidiose ma mai davvero centrate. E questa forse è la metafora migliore per l’Inter reduce dalla sosta: dà tutto ciò che ha, ma non conclude. Forse perché la corrente arriva a momenti alterni e quel che ha non è sempre abbastanza per affrontare ostacoli tutt’altro che insormontabili. Politano si è creato almeno tre ottime occasioni da gol, che per un motivo o per un altro hanno mancato il bersaglio. Troppo poco, soprattutto nel timido tentativo d’assedio finale: Spalletti ha giocato tutte le cartucce a disposizione meno una, seduta nella tribunetta a bordo campo in attesa di convocazione. Troppo, troppo poco.
CONFUSIONE - La Lazio vive un periodo positivo, ma a San Siro ha applicato un piano partita basilare che ha incasinato l’Inter come troppo spesso è successo. Intasare il centrocampo è spesso la carta vincente, soprattutto quando Borja Valero e Vecino vivono serate farraginose come quella di ieri. Senza Lautaro e Icardi sono venuti a mancare i due principali colpitori di testa, quindi Inzaghi ha concesso con più tranquillità il fondo del campo agli esterni nerazzurri, resi inoffensivi dal lavoro dei centrali biancocelesti, chirurgici in chiusura. Spalletti ha letto in ritardo la partita e ha comminato dei cambi fuori tempo: Nainggolan e Joao Mario non hanno avuto di fatto tempo per incidere nella gara e l’ingresso di Candreva ha portato confusione non solo fra le fila della Lazio ma anche quelle dell’Inter, che si è trovata senza centravanti designato e senza terzino destro. L’ibrido con cui Spalletti ha provato a riacciuffare la gara è insipido e nonostante l’Inter si ritrovi ancora a cinque punti dal quinto posto, non c’è da sperare bene se le fiammate - anziché nei novanta minuti - siamo abituati a viverle nelle conferenze post-partita.
ICARDI - Sì, inevitabilmente si parla ancora di lui. Alla luce di quanto detto da Luciano Spalletti a fine gara, la querelle è tutt’altro che risolta. Il ritorno in campo dell’ex capitano è anni luce dall’essere vicino. Nonostante le parole concilianti di tutti, l’ultimo metro pare essere diventato infinito. Spalletti è stato ferreo nel commentare, sbandierandone i motivi, l’esclusione di Icardi dal gruppo. Il riferimento più importante, fra le righe, è stato quello che il tecnico ha fatto sulla Champions League: “Da quanti anni l’Inter non andava in UCL? Sei? E Icardi c’era”. Come a dire, la differenza l’anno scorso l’ho fatta io. Le sue parole faranno discutere, anche perché definire “umiliante” la mediazione del club con l’avvocato Nicoletti - anche alla luce di una sconfitta - non è il massimo, per stemperare l’ambiente. Ma del resto, l’aveva suggerito in tempi non sospetti: uomini forti, destini forti. Chissà quale sarà, il futuro dell’Inter. Mancano due mesi, ma il porto sicuro sembra così lontano…
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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