Francesco Acerbi, ospite di 'Verissimo', programma in onda su Canale 5, ha raccontato i retroscena del suo libro 'Io, Guerriero', svelando anche tanti particolari interessanti sulla sua vita da calciatore e non solo: "Mi piace abbastanza parlare di me, nonostante sia un po' chiuso. Leone è da un po' di anni che mi chiamano, iniziò un mio amico a Pavia. Mi piace come animale: è molto solitario, che però sa quello che vuole, un po' mi ci rivedo", inizia così la sua intervista.

Devi molto a tuo papà che ti ha sempre spronato...
"Lo devo sempre ringraziare a priori, ci teneva molto a me. Non sapeva neanche cosa fosse il calcio, ma quando ha visto che ero bravo voleva il massimo, voleva che facessi il calciatore. Da ragazzino hai una passione che devi poi coltivare, lui esigeva molto nelle mie prestazioni. Da lì a poco avevo perso un po' la voglia di giocare e pensavo ad altro. Ma lui non mi ha fatto arrendere e mi ha portato fin dove sono adesso".

Non gli hai mai detto 'Ti voglio bene'.
"Con il senno di poi è un rimpianto, è un peccato (si emoziona, ndr) Sapevo che aveva una malattia al cuore che si sarebbe complicata, un pochino me l'aspettavo. Ma quando accade il fattaccio non sei mai pronto. E' dura nel tempo. Prima di una partita mi sono messo in bagno a piangere per due ore".

Nel libro parli di una fase complicata in cui abusavi di alcool e ti eri un po' perso.
"Non ero un alcolizzato, ma mi piaceva divertirmi e il calcio era passato in terzo piano. Avevo anche deciso di smettere due volte. Non ero depresso, ma volevo proprio smettere perché non ci stavo più dentro, non riuscivo a dare ciò che volevo e avevo altri pensieri. Così ho iniziato a far serata, mettendo il calcio non tra le priorità".

Quanto è durato questo periodo?
"Prima della seconda malattia".

A un certo punto ti arriva la notizia del tumore...
"Lì per lì l'ho presa abbastanza male. Ho fatto gli esami del sangue al San Raffaele, mi hanno rassicurato che fosse una cosa minima. Mi hanno tolto il testicolo, dicendomi che dopo un mesetto sarei rientrato in campo".

Poi c'è stata la recidiva.
"Facevo sempre l'antidoping. Ho iniziato la chemio il 7 gennaio, è durata circa tre mesi. Finito quel campionato andai in vacanza e da lì, senza un perché, ho deciso di smettere di bere i super-alcolici. Nel giro di tre settimane ho tolto proprio l'alcool. Le mani al cielo? Prego, dico le mie cose che sono tante. E' venuto tutto da sé. Non sono scaramantico, ma in quei momenti penso a tutti: moglie, figli e mio papà".

Poi ad Acerbi viene mandato un video-messaggio della moglie...
"Quello che ha detto è vero: il calcio per me dopo la malattia è la prima cosa in assoluto. Ho incontrato lei nel 2020, sono un uomo abbastanza pesante sulle mie cose. Mia moglie mi sopporta e tante volte le devo anche chiedere scusa perché il calcio è la mia priorità. Non sono un perfezionista, però capisco ciò che è giusto e sbagliato. Quando sono un po' incavolato penso tanto e preferisco stare da solo, mi demoralizzo. Ma so sempre cosa è giusto fare. Il calcio ti dà molto ma ti toglie anche tanto. Con le mie bambine mi sciolgo".

In Nazionale non ci vai più?
"In nazionale? Ci andrei tutta la vita, non l'ho mai rifiutata. Ho rifiutato solamente la convocazione con la Norvegia. Spalletti non mi chiamò per un anno, ma io sono disponibile. Anche Gattuso: se dovesse scegliere altri, mi va bene così. Contro la Norvegia non era giusto andare per tante motivazioni. Comincio a essere grande? Per gli altri, non per me (ride, ndr). Se dovessi ascoltare tutti, avrei già smesso. Continuo a fare quello che mi piace".

Sezione: In Primo Piano / Data: Dom 21 settembre 2025 alle 18:35
Autore: Niccolò Anfosso
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