"Guardi, me ne dia altri dieci. Quando capitano occasioni come questa bisogna farsi trovare pronti". L'hostess annuì tenendo un sorriso a denti stretti ancora più largo, contò di nuovo dieci gratta e vinci dal suo mazzetto (venivano offerti eccezionalmente al prezzo di otto durante il volo Milano-Barcellona) e li porse con garbo al signore senza capelli seduto nel sedile centrale della fila da tre. "Oggi è il mio giorno fortunato", confidò con sicurezza all'hostess il signore calvo, poi tirò fuori dalla tasca il portafogli e pagò il conto dei suoi quaranta gratta e vinci, sentendosi in dovere di ricambiare anche il sorriso della signorina bionda. "Oggi è il mio giorno fortunato", confidò con sicurezza all'hostess il signore calvo, poi tirò fuori dalla tasca il portafogli e pagò il conto dei suoi quaranta gratta e vinci, sentendosi in& dovere di ricambiare anche il sorriso della bella signorina bionda.
Seduto accanto a lui nel posto del lato finestrino, un tale dalla barba ispida e col volto rabbuiato dagli occhiali da sole scuri e da un cappello borsalino era rimasto sempre girato dall'altra parte fingendo di ammirare le nuvole e il paesaggio. Poi sospirò e disse per farsi sentire appena dall'altro: "Un tempo, caro Piero, al Barça soffiavamo via Eto'o...".
"Come, scusi?", replicò il signore calvo, a cui sembrava di aver udito un tono di voce familiare.
L'uomo con la barba si voltò verso il vicino di posto, chinò in avanti il viso facendosi scivolare gli occhiali lungo il naso e lasciò intravedere per la prima volta il suo sguardo. Piero sobbalzò dalla sorpresa quando lo riconobbe: "Marco! Cosa ci fai qui?", esclamò sforzandosi di non farsi sentire dagli altri passeggeri, "e quella barba... Come ti sei conciato?".
"Anch'io sono felicissimo di rivederti, Piero", rispose ironicamente l'altro rimettendosi a posto gli occhiali. "Vado a Barcellona come te, ma da turista, mica per aiutarti a prendere Rafinha! Quel lavoro ormai è il mio passato".
Piero stentava ancora a crederci. "Marco... Ma dove sei stato nascosto in questi ultimi anni?".
"Ti dico la verità", cominciò a ricordare Marco, "quando seppi che l'indonesiano aveva deciso di farmi fuori, partii per il Brasile a caccia di un talento che potesse valermi il riscatto con la nuova dirigenza e farmi rientrare nell'organigramma. Non volevo scappare via dai tifosi: per quello bastava farmi crescere la barba e fare attenzione a girare per Milano un po' più coperto...".
"Non mi sembra che tu ce l'abbia fatta in Brasile", sottolineò Piero con un accenno di malizia.
"No di certo, ma ci ho provato: indovina chi era quell'informatore anonimo che vi ha segnalato per la prima volta Gabigol. E che poi vi ha suggerito il prezzo per acquistarlo e quando colpire. Ah, anche Wallace prima ancora del Chelsea e di venire da noi l'avevo già scoperto io".
"Adesso si spiegano tante cose...", replicò Piero sconsolato.
"Ti ricordo che a Milano portai pure Coutinho", si difese Marco, "e oggi dove gioca? Nel Barça che lo ha pagato 160 milioni. Ma l'Inter ha guadagnato 2 milioni dalla clausola. Complimenti, davvero un bell'affarone...".
"Cosa ne sai ormai tu del Fair Play Finanziario, dei conti con l'UEFA e delle spese? Anzi, se ci siamo ridotti a fare solo prestiti è pure colpa tua!".
"Chi ha speso 100 milioni per Kondogbia, João Mario e Dalbert? E più di 20 milioni per Gagliardini? Almeno io ci mettevo un po' di impegno e andavo a prenderli in Brasile...".
"Non hanno risposto alle nostre aspettative", ribattè Piero più stizzito. "Stiamo cercando giocatori da Inter, che sappiano cosa vuol dire indossare questa maglia. Gente come Rafinha che...".
"Che non gioca da aprile?", lo interruppe Marco prendendosi gioco del vecchio amico.
Piero si imbronciò ancora di più e si stirò sul suo sedile, poi dopo qualche attimo si riprese: "Che fine ha fatto il Marco Branca che conoscevo? Quello che amava gli acquisti a effetto alla Brechet, le scommesse alla Castaignos o i colpi dell'ultim'ora come Kuzmanovic e Schelotto? Ti sei trasformato nel classico tifosotto intristito dopo l'addio di Mourinho?".
"No, Piero", e il tono di Marco si rifece serio. "Semplicemente io adesso ne sono fuori. Basta conti da far quadrare, basta Fair Play, basta prestiti e basta sperare nei gratta e vinci presi sugli aerei low-cost per racimolare qualche soldino. Dimmi, come pensate di poter pagare il riscatto di Rafinha?".
In quel momento Piero si svegliò al suo posto, mentre il comandante dell'aereo annunciava l'inizio della discesa verso l'aeroporto di Barcellona. Si girò quindi di scatto sul lato finestrino: al posto di Branca una signora un po' più avanti con l'età si faceva il segno della croce. Doveva essere stato tutto un sogno. "Chissà che fine ha fatto davvero Marco...", pensò fra sé Piero, da una parte sollevato per essersi liberato di quella presenza tanto amica quanto ingombrante. Sul tavolinetto di fronte a lui vide quaranta gratta e vinci ancora intatti. Tirò fuori una moneta e si rivolse alla signora seduta al suo fianco: "Oggi è il mio giorno fortunato".
Autore: Daniele Alfieri / Twitter: @DaniAlfieri
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