"Temo le sfide contro Genoa e Parma: dobbiamo dimostrare di avere compiuto quel salto di qualità necessario per rimanere in alto". Antonio Conte, subito dopo che i suoi giocatori avevano scherzato contro il Milan, disintegrando i rivali cittadini nel Derby meneghino, aveva così parlato ai microfoni dei media.
Un discorso, quello del mister salentino, di chi sa benissimo come gli stimoli nelle grandi occasioni arrivino da solo, mentre il pericolo di inciampare contro squadre sulla carta parecchio più deboli, esiste sempre se si approccia male una partita.
Contro il Genoa sono bastati 32 secondi per mettere in chiaro le cose. Con l’Inter che ha dominato la gara, ottenendo tre punti forse più facili del previsto.
Contro il Parma invece il primo tempo è stato assolutamente sotto ritmo. A tratti soporifero. Con il pensiero di quelli che credono prima o poi di sbloccare la partita e di portare a casa il bottino pieno senza sudare più di tanto. Alla fine, più o meno, è andata così. È andata bene pure al Tardini, in un’altra partita trappola dove Lukaku e compagni hanno ribadito capacità e forma. Ma soprattutto hanno certificato, sicuramente nel risultato, quel salto di qualità richiesto dal loro mister dopo il 3-0 rifilato al Diavolo.
Oggi c’è quella sensazione di forza tipica delle squadre di Mancini e Mourinho. Che non significa essere sul livello di quelli squadroni, assolutamente. Ma vuol dire che la percezione di tifosi e addetti ai lavori è che i nerazzurri possano davvero – o quasi debbano - vincere contro qualsiasi avversario in Serie A.
Fateci caso: dopo lo 0-0 di Udine non c’era un interista felice. Scusate il termine: erano tutti incazzati neri. Dopo l’1-1 di mercoledì sera tra il Milan e i friulani, per un risultato acciuffato all’ultimo secondo per una follia enorme di Stryger Larsen, i supporter rossoneri hanno esultato come se si trattasse di una vittoria contro il Barcellona di Guardiola e Messi.
Rispetto per tutti, sempre. Ma questa differenza di comportamento – e non serve essere Freud per capirlo – documenta come l’obiettivo dei nerazzurri sia quello di conquistare il 19esimo titolo della propria della propria storia, mentre quello dei milanisti l’approdo in Champions League. Che va benissimo, per carità. Se però quelli che sulla carta – classifica alla mano – esultano per un X interno contro una squadra che lotta per non retrocedere, significa che tu sei davvero riuscito a ottenere quel rispetto calcistico di cui Conte parla sempre.
Non dimentichiamo la Juventus. E pensare che il campionato sia già finito sarebbe un delitto. Ma essere fiduciosi è semplicemente il risultato del lavoro svolto finora.
Calcolatrice alla mano: mancano 11 successi per conquistare aritmeticamente il titolo di campioni d’Italia. Probabilmente anche meno, dato che mi gioco la casa che il Milan non riuscirà a vincere tutte le partite da qui sino alla fine della stagione. Con i sei punti di vantaggio sui rossoneri, che in realtà sono 7, l’Inter sicuramente potrà perciò eventualmente anche perdere due incontri sino a fine campionato, se negli altri match dovesse ottenere bottino pieno.
Credo tuttavia che questi discorsi – oggettivi per carità, perché i numeri sono inconfutabili – debbano essere sì conosciuti da Lukaku e compagni, ma non si debbano fare calcoli. Mai. Basterà scendere in campo con la cattiveria e la voglia giusta e i frutti del lavoro verranno da sé.
Autore: Simone Togna / Twitter: @SimoneTogna
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