Nelle sue due stagioni con la maglia dell'Inter, Romelu Lukaku oltre ai 64 gol ha distribuito 16 assist. Il 17esimo è stato il meno piacevole e lo ha servito alla proprietà. Come? Accettando il corteggiamento del Chelsea, che pentitosi di non aver creduto in lui, ha espiato la propria colpa mettendo sul piatto 115 milioni di euro e circa 15, con biglietto di scuse allegato, per il belga. A Suning non è quasi parso vero di ricevere una cifra del genere in un periodo in cui ogni euro è un toccasana e ovviamente ha dato il via libera a una dirigenza ancora incredula per l'evoluzione inaspettata degli eventi. Ognuno si è fatto la propria idea di quanto accaduto, da un giorno all'altro l'Inter ha salutato il suo miglior giocatore, colui sul quale venivano riposte le speranze di seconda stella dopo gli addii di Antonio Conte e Achraf Hakimi e lo scioccante stop di Christian Eriksen. Una doccia gelata anche per i tifosi più pessimisti.
Prima di ogni giudizio, va scritto sulla pietra un concetto: Lukaku è arrivato all'Inter per vincere e lo ha fatto, guidando e stimolando dentro e fuori dal campo un gruppo che giorno dopo giorno ha guadagnato consapevolezza della propria forza. Ha risposto sempre presente con gol, assist, leadership e un atteggiamento determinato e sempre positivo. Un esempio per tutti, insomma, esattamente quello che Conte aveva visto in lui. Big Rom ha difeso i colori nerazzurri nei momenti più complicati, si è scontrato con Zlatan Ibrahimovic per la supremazia milanese e non ha mai fuggito le responsabilità. Un grandissimo professionista, insomma. E lo è stato anche quando, per migliorare la propria carriera e aspirare a vincere altri titoli, ha accettato la ricca offerta del Chelsea.
Inutile biasimarlo, il progetto dell'Inter è cambiato, i presupposti per replicare l'ultima stagione stanno venendo meno e c'è più voglia di sistemare i conti che di pensare al valore competitivo della squadra. La stragrande maggioranza dei calciatori avrebbe fatto questa scelta e molti tifosi che non trascorrono il tempo a insultarlo (o a imbrattarne il murales, pessimo gesto) l'hanno capito.
C'è poi l'altra faccia della medaglia, quella dei tifosi più sentimentali, più passionali e meno realisti che in Lukaku avevano visto qualcosa in più di un grande professionista oltre che campione di livello mondiale. Gli avevano affidato le proprie speranze, il ruolo di depositario dell'interismo in un contesto sempre più arido e povero di bandiere, di legami ai colori sociali. Una fiducia che il belga si era ampiamente meritato e che ha calpestato impunemente, all'improvviso, al rientro dalle vacanze. E mentre in privato già chiedeva di tornare a Londra, pubblicamente continuava a esaltare gli interisti con post social da re di Milano e parole al miele ("Lavoreremo duramente per realizzare i vostri sogni", diceva nell'ultima intervista ufficiale).
Legittimo per chiunque scappare da una nave che sta affondando, dove qualunque compagno d'avventura può essere messo alla porta dall'oggi al domani e gli stipendi non si sa quando arriveranno. Scorretto invece sognare altri lidi più remunerativi sportivamente (chissà) e finanziariamente, mentre si continua a lisciare il pelo ai propri tifosi, illudendoli di rimanere al proprio posto e continuare a difendere i colori dell'Inter.
Romelu è consapevole del suo comportamento, il linguaggio del corpo non mente: pizzicato prima di imbarcarsi sul volo verso Londra, è sembrato un pulcino bagnato, un cagnolino con la coda tra le gambe, incapace di dire nulla, neanche di salutare chi l'ha idolatrato fino a pochi giorni prima, affidando a un messaggio postumo, a migliaia di chilometri di distanza, il proprio pensiero. L'atteggiamento di chi sa di aver sbagliato e un po' si vergogna. Un senso di colpa che lo riavvicina al personaggio amato dagli interisti e tenuto dagli avversari.
Ormai Lukaku è il passato, a lui va tutto il ringraziamento per aver contribuito da leader a riportare l'Inter a vincere. Noi terremo impressi nella memoria i momenti belli di questi due anni. Ma lo ricorderemo anche come un re che ha scelto di sottrarsi all'amore del suo popolo per interesse personale. Un grande professionista e nulla più.
Prima di ogni giudizio, va scritto sulla pietra un concetto: Lukaku è arrivato all'Inter per vincere e lo ha fatto, guidando e stimolando dentro e fuori dal campo un gruppo che giorno dopo giorno ha guadagnato consapevolezza della propria forza. Ha risposto sempre presente con gol, assist, leadership e un atteggiamento determinato e sempre positivo. Un esempio per tutti, insomma, esattamente quello che Conte aveva visto in lui. Big Rom ha difeso i colori nerazzurri nei momenti più complicati, si è scontrato con Zlatan Ibrahimovic per la supremazia milanese e non ha mai fuggito le responsabilità. Un grandissimo professionista, insomma. E lo è stato anche quando, per migliorare la propria carriera e aspirare a vincere altri titoli, ha accettato la ricca offerta del Chelsea.
Inutile biasimarlo, il progetto dell'Inter è cambiato, i presupposti per replicare l'ultima stagione stanno venendo meno e c'è più voglia di sistemare i conti che di pensare al valore competitivo della squadra. La stragrande maggioranza dei calciatori avrebbe fatto questa scelta e molti tifosi che non trascorrono il tempo a insultarlo (o a imbrattarne il murales, pessimo gesto) l'hanno capito.
C'è poi l'altra faccia della medaglia, quella dei tifosi più sentimentali, più passionali e meno realisti che in Lukaku avevano visto qualcosa in più di un grande professionista oltre che campione di livello mondiale. Gli avevano affidato le proprie speranze, il ruolo di depositario dell'interismo in un contesto sempre più arido e povero di bandiere, di legami ai colori sociali. Una fiducia che il belga si era ampiamente meritato e che ha calpestato impunemente, all'improvviso, al rientro dalle vacanze. E mentre in privato già chiedeva di tornare a Londra, pubblicamente continuava a esaltare gli interisti con post social da re di Milano e parole al miele ("Lavoreremo duramente per realizzare i vostri sogni", diceva nell'ultima intervista ufficiale).
Legittimo per chiunque scappare da una nave che sta affondando, dove qualunque compagno d'avventura può essere messo alla porta dall'oggi al domani e gli stipendi non si sa quando arriveranno. Scorretto invece sognare altri lidi più remunerativi sportivamente (chissà) e finanziariamente, mentre si continua a lisciare il pelo ai propri tifosi, illudendoli di rimanere al proprio posto e continuare a difendere i colori dell'Inter.
Romelu è consapevole del suo comportamento, il linguaggio del corpo non mente: pizzicato prima di imbarcarsi sul volo verso Londra, è sembrato un pulcino bagnato, un cagnolino con la coda tra le gambe, incapace di dire nulla, neanche di salutare chi l'ha idolatrato fino a pochi giorni prima, affidando a un messaggio postumo, a migliaia di chilometri di distanza, il proprio pensiero. L'atteggiamento di chi sa di aver sbagliato e un po' si vergogna. Un senso di colpa che lo riavvicina al personaggio amato dagli interisti e tenuto dagli avversari.
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