Innanzitutto, buon Natale a tutti. Ce lo meritiamo, indipendentemente dal percorso di un pallone che rotola. Sono tempi duri, in certi momenti stringersi più del solito aiuta non dico a superarli, perché passata la festa si torna alle solite, ma a sopportarli con uno stato d’animo migliore. Ecco, un pizzico di agognata serenità è l’ingrediente necessario per trascorrere queste festività nel modo più consono. E chi ne è privo, la cerchi in famiglia o tra gli amici. La troverà. Di serenità ha bisogno anche la nostra Inter, e vivaddio questa pausa arriva nel momento giusto, quello più difficoltoso sotto tutti i punti di vista.
Chiudiamo l’anno con un gol di Cambiasso che ci evita un panettone salato e una carambola maligna che ci lascia in bocca un retrogusto fastidioso. Se ne riparlerà il 6 gennaio, a Udine. La Befana stia tranquilla e svolga tranquillamente il proprio lavoro: la vecchia signora che ci sta sulle scatole è un’altra. In un giorno così istituzionale non è facile trovare argomenti interessanti evitando di scadere nella banalità. Mi limito pertanto a raccontare quanto avvenuto negli ultimi due giorni.
La nostra mail di redazione è stata inondata di missive elettroniche che spargevano sale sulle ferite dell’Inter. Gli obiettivi delle invettive, a cura di tanti tifosi della Beneamata, i soliti: Branca e Ausilio, incapaci di svolgere il proprio lavoro; Moratti, che preferisce tenersi i soldi piuttosto che investirli per rinforzare la squadra; Stramaccioni, che non ha dato alcuna identità all’Inter; gli argentini, che sono scoppiati e non servono più a nulla; Pereira, reo di essere costato troppo per quello che vale; Alvarez, Jonathan, Silvestre e compagnia bella, tutto fuorché giocatori che meritano la nostra maglia; la società, per aver boicottato Sneijder.
Quanto basta per indurmi a pensare che a Natale non tutti sono più buoni. Anzi, reduci dal pareggio contro un modesto Genoa, molti tifosi continueranno a dare un’occhiata alla classifica fino alla riapertura delle danze per legittimare il proprio disappunto. Condivisibile, ci mancherebbe. Personalmente, però, non gradisco le reazioni di pancia. Quelle sono naturali, automatiche, ma raramente utili o costruttive. Mi piace riflettere sulle varie situazioni che si creano durante una lunga stagione. Premetto: non voglio difendere nessuno in particolare.
Parrucca bianca e toga nera li indosso solo per difendere l’Inter. Non la dirigenza, non l’allenatore né i giocatori. L’Inter e basta. Ed è mosso da questo ideale che reputo ingiuste quasi tutte le critiche che molti tifosi nerazzurri stanno distribuendo. Questa squadra non se le merita, perché prima di questo periodo complicato ci ha regalato soddisfazioni che neanche potevamo immaginare. Facile sostenerla quando ne vince 10 di fila, comprese derby e Juventus a domicilio. Ma è quando gli episodi la danneggiano che meriterebbe il supporto del tifoso.
Invece noto una sorta di gara a chi trova più peli nell’uovo, quasi fosse una competizione. Questo atteggiamento non ci rende migliori di altri tifosi che tanto critichiamo e di cui ci sentiamo superiori giorno dopo giorno. Anche loro sono vittime dell’effetto banderuola: si esaltano quando il vento è a favore, sparano a zero quando è contro. Noi interisti dovremmo onorare la nostra diversità soprattutto in certi momenti, quando i nostri colori hanno bisogno di una rinfrescata d’amore e fedeltà. So che è più naturale lasciarsi trasportare dal vento, ma solo chi resta con i piedi piantonati a terra può riprendere il proprio cammino senza perdersi per strada. E dal 2 gennaio, Stramaccioni ha promesso che la sua Inter ricomincerà a dire la sua, come fino a quel glorioso 3 novembre. Darà battaglia.
Non la interpreto come una promessa al tifoso deluso, ma come una convinzione. Quella che ti dà la certezza di avere un bel gruppo, gente di carattere che sa quello che sta facendo e ha già vissuto situazioni controverse, uscendone sempre a testa alta. Un gruppo che, finalmente, sarà al completo, forte di quegli elementi che prima della fase critica erano le armi in più di Strama: le famose alternative. I più attenti se ne saranno accorti: da Bergamo in poi abbiamo avuto gli uomini contati, una sfiga dietro l’altra che ha minato anche le sicurezze collezionate nei mesi precedenti. Non è una scusante, è una verità assoluta. Fosse capitato alla Juve, la classifica oggi sarebbe diversa, scompensi arbitrali a prescindere.
Non vinceremo questo scudetto, mi sembra piuttosto chiaro che la capolista (buon per lei) viaggi a ritmi decisamente superiori. Ma nessuno in estate, a Pinzolo, ha promesso che avremmo vinto subito. L’obiettivo era tornare a essere protagonisti. Lo siamo stati a lungo finora, continueremo a esserlo se resteremo tutti uniti. Tifosi compresi. L’anno zero è in corso, ma la rinascita non si esaurisce nell’arco né di 6 mesi né di un anno. La società si è presa tre anni per ricostruire una squadra vincente, non a caso è esattamente la durata del contratto di Stramaccioni. C’è volontà di programmare, pur navigando in pessime acque finanziarie.
Siamo al terzo posto, la corsa a un posto Champions ci vedrà protagonisti fino all’ultimo. Non esiste una ragione per pensarla diversamente. Al contempo però mi auguro che il 31 gennaio Strama sia soddisfatto della rosa a propria disposizione. Significherà che la dirigenza ha colmato i gap nella rosa attuale. E magari anche i tifosi più critici si sentiranno più ottimisti e meno fluttuanti, perché di correnti contrarie ce ne aspettano ancora tante. Cominciamo ad aggrapparci a qualche convinzione già oggi, giusto per essere sicuri di rimanere al nostro posto, accanto ai colori che amiamo. L’Inter ha bisogno del sostegno di ogni cuore nerazzurro. A demolirla all’esterno c’è già tanta gente si sta impegnando. Auguri a tutti, e riparatevi dal vento forte.
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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