LuLa. Iniziava e finiva quasi sempre così: con uno che propiziava l’azione, l’altro la rifiniva. Uno liberava lo spazio, l’altro lo riempiva, a tratti, saccheggiava. Sebbene ad essere saccheggiata finiva quasi sempre ad essere l’area, la porta, la squadra avversaria. Chi fosse, dei due, a defraudare l’area avversaria quindi la porta, quindi la classifica poco importava: i tre punti erano più o meno, quasi sempre, salvo casi eccezionali, garantiti. E non è un caso che se la punto più, punto meno, il concetto non mutava. In LuLa crescente o calante che fosse, non c’era pianeta che tenesse: siamo (eravamo) la coppia più bella (e crescente) del mondo. 

Memorabile quel frame immortalato durante un match contro il Torino: una sorta di rivisitazione contemporanea e calcistica de “La Creazione” di Michelangelo, laddove a creare non fu l’eccellenza rinascimentale ma di certo comunque eccellenza (quantomeno del momento) contiana. Un rinascimento che con le dovute proporzioni ha portato la sua rifioritura nerazzurra e (nessuno ce ne voglia) milanese che oggi, con buona pace della memoria corta, fa ancora storia. Un secondo posto (a -1 in classifica), una finale di Europa League e uno scudetto che nell’arido e stepposo palmares milanese dell’ultimo decennio significava più di un semplice titolo. 

Ma torniamo a quel frame, dito di Lukaku che incontra quello di Lautaro e meraviglia fu. 

Fu. Per l’appunto. Perché se tra i due litiganti il terzo gode, anche tra due amanti un terzo in comodo che gode è spesso prassi. L’eccezione che conferma la regola, e di eccezionale lo scorso agosto c’è stato poco: chiamata dal club più prestigioso d’Europa e del mondo (in quell’epoca storica, e parliamo di epoche non per caso) e il resto è e fu storia. Una storia che oggi, però, sembra essersi inceppata e come ogni condottiero finito in rovina, anche oggi parliamo di un uomo che si sveste dei panni di eroe e si mostra in tutta la sua nudità, incredibilmente messa sotto i riflettori. Magnate russi, milioni di euro (o sterline), Trofei (non arrivati) e desiderio di rivalsa non bastano più, vuoi per un ribaltamento geo-politico storico, vuoi per un calcolo matematico risultato sbagliato, il focolaio felice, apparso così stringente e limitante, torna ad essere l’unico porto sicuro nel quale voler attraccare. Lo stesso tanto “bistrattato” e tornato improvvisamente in voga. Tanto in voga, al punto da smuovere mari e correnti con l’unico fine di tornare a baciarne le rive e “adios” a tutti i “cattivi”: col Chelsea ci tratto io, per il bene dell’Inter. 

Sembra un film dell’orrore - penserebbe l’agente (ex ormai). Sembra un film comico - penserebbe e pensa chi guarda. Ma tant’è e a dispetto di chi pensa e guarda, Lukaku, a distanza di tre anni, 64 gol (in 95 presenze) all’Inter, ma anche i soli 15 gol in 59 presenze al Chelsea, vuole tornare esattamente in quel posto che, un solo anno fa, ha fugacemente abbandonato. E chissà, se come tre anni fa, ad avere la meglio quindi ragione sarà ancora lui, il gigante buono (ma da queste parti considerato non più così “puro” come un tempo), tornato a voler ri-“creare” quella LuLa rinascimentale che oggi sembra meno utopica e di ieri ma mai meno leggendaria e che, ad onor di vero, tutti sognano senza avere il coraggio di ridisegnare a prescindere dall’artista. Eggià l’artista… che non sarebbe Michelangelo né Conte ma con un bel po’ di calcio da dire e disegnare.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 19 giugno 2022 alle 00:30
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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