Come si dice in questi casi? Ah, sì, 'mi sanguinano gli occhi'. Non riesco ancora a capire cosa stia succedendo. Anzi, forse è fin troppo chiaro. A Firenze poco fa è andato in scena il manifesto della stagione dell'Inter. Un primo tempo sufficiente, colmo di approssimazione tattica e di errori di natura tecnica ambo i lati, ma quanto meno concluso in vantaggio e con la speranza che la tachipirina stesse davvero facendo effetto sul malato. Invece è stata una semplice chimera, perché la febbre è tornata prepotentemente ad avere effetti tremendi, deleteri, devastanti. Concedere 4 gol e un rigore (sbagliato) in 34 minuti non è concepibile a questo livello, ma a dire il vero neanche in prima categoria. L'arrendevolezza con cui ci si è letteralmente calate le braghe al cospetto di un avversario che ben poco aveva in più da mettere in campo è sconcertante oltre che ingiustificabile. E non venite a dirmi che almeno nel finale è arrivata la reazione, perché è stata solo frutto della qualità difensiva di una Fiorentina già sotto la doccia con la testa.
La differenza tra due squadre malate l'ha fatta soprattutto l'orgoglio dei padroni di casa, reduci dalla figuraccia interna contro l'Empoli e in un periodo di consapevole smobilitazione, ma sfacciatamente aiutati dall'atteggiamento degli avversari. Un orgoglio che evidentemente non è una priorità dei giocatori di Pioli, che dopo le prove generali del primo tempo (allucinante la libertà concessa alla corsia mancina dei viola) hanno deciso che nella ripresa non era il caso di sprecare troppe energie. Evito di sbilanciarmi in disamine tecnico-tattiche, perderei tempo perché il nocciolo della questione è assai più preoccupante. Nel secondo tempo si è palesata infatti una squadra totalmente allo sbando, che può rallegrarsi di aver portato a casa solo 5 gol. Altro che i 3 punti auspicati alla vigilia. Imbarazzante, e mi sto trattenendo.
Questi signori hanno chiaramente mollato dopo aver perso definitivamente il treno Champions, fino al 2-2 di Torino si viaggiava d'inerzia. Adesso neanche giocare per la maglia è un motivo valido per dare tutto, per non disunirsi, per dare il massimo. La paura di un sesto posto (ergo, preliminari di Europa League) è più incisiva delle conseguenze di un imbarazzante settimo posto. Tanto le frasi di rito a commento di una stagione deludente dalle parti di Appiano Gentile ormai le conoscono tutti a memoria. Neanche ha senso addossare grandi colpe a Pioli, esterrefatto come credo chiunque abbia a cuore l'Inter per lo spettacolo indecente andato in scena dopo l'intervallo. L'allenatore è nel calderone delle responsabilità condivise da tutti e non ha un ruolo di primo piano in tal senso. Quoto chi sostiene che una nutrita fetta di questa squadra sia sorda alla responsabilità di indossare questa maglia. Se l'accettazione della sconfitta è ormai diventata una consuetudine insipida, c'è poco da fare. Hai voglia a stimolarli, a criticarli, a offenderli: non si può pretendere una reazione da chi è assuefatto alla morfina.
Sappiate, non salvo nessuno, neanche chi ha provato a fare qualcosa in più o chi sbandiera ai quattro venti la voglia di rimettersi in carreggiata. Cazzate, in questa squadra l'unica voglia condivisa è quella di concludere un mediocre campionato, di pensare a se stessi e al proprio orticello (il tweet di Wanda che celebra la tripletta del marito dopo una figuraccia della squadra è emblematico), alla faccia dell'obbligo morale di conquistare un posto in Europa e del rispetto che devono ai tifosi dell'Inter e alla maglia. Dopo un secondo tempo come quello di ieri (ripeto, per me dal 5-2 in avanti non è successo più nulla), farebbero bene a levarsela e a giocare le ultime 5 partite con quella ciofeca di colore verde e giallo che tutto porta alla mente fuorché la Beneamata. Sono duro? Forse, ma sono anche stanco di farmi prendere in giro perché chi rappresenta la mia fede calcistica lo fa in modo così indecoroso. Ah, parlando di cose serie: ma che gol ha segnato Matic in Chelsea-Tottenham?
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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