“Giocare per i campioni d’Italia dell’Inter è un orgoglio, una responsabilità enorme. Ho voluto tanto venire qui e per me essere qui significa tantissimo. Ho tantissima voglia di aiutare e di dimostrare quello che so fare”. E quello che sa fare ha iniziato a dimostrarlo subito, Joaquin Correa. Che dalle parole è passato ai fatti alla prima occasione utile, nella delicata notte di Verona.
Quella del Bentegodi è stata una partita tutt’altro che semplice per l’Inter: la squadra di Di Francesco ha tenuto i ritmi alti per tutta la prima frazione, facendo leva su intensità e aggressività che gli hanno permesso di portarsi in vantaggio con il tocco delizioso di Ilic, bravo a sfruttare la giocata killer di Handanovic e a punirlo con un dolce tocco sotto. Fino a quel momento l’Inter aveva sparato a salve, riuscendo a gonfiare la rete con il colpo di testa sporco di Perisic vanificato dal fallo di Lautaro Martinez su Montipò. Poi, nella ripresa, il calo fisico dei gialloblu e la reazione di forza - e da grande squadra - dei Campioni d’Italia: prima l’incornata del solito Toro utile a rimettere in pista il Biscione, poi le altre occasioni fuori di pochi centimetri o smanacciate dal portiere dell’Hellas. Senza dimenticare il rigore non fischiato da Manganiello per il contatto dubbio tra Hongla e il 10 nerazzurro, ma poco conta.
Nella svolta di Verona c’è tanto di Simone Inzaghi, bravo a leggere nel modo giusto la partita e coraggioso ad osare nelle scelte in corsa. E allora dentro la spinta di Dimarco al posto di quella di Perisic, con Vidal buttato nella mischia a fare la guerra e Brozovic richiamato in panchina (e Barella, tra l’altro, abbassato nell’inedito ruolo di play). Ma a ripagare, soprattutto, è il cambio tra Lautaro Martinez e il jolly offensivo nato nel 1994 a Juan Bautista Alberdi, appartenente alla provincia di argentina di Tucumán, con il numero 19 sulla schiena e fresco di sbarco in fretta e furia nella Milano nerazzurra. Con volo, visite mediche, firma sul contratto, foto di rito, interviste e primo allenamento condensati in poche ore. E a poche ore da un debutto da sogno.
Al minuto 74’ Inzaghi ha deciso di regalargli i primi minuti ufficiali da interista con un unico imperativo: ‘Vai e spacca’ la partita. Detto, fatto. Correa ci ha messo nove minuti per volare in cielo, colpire di testa e gioire per la prima volta con il nero e l’azzurro cuciti sulla pelle, esultando con la solita smorfia facciale e urlando al cielo tutta la sua garra e la sua voglia di Inter. Dall’83’ al 94’ cambia il fondamentale, ma non il risultato: questa volta è una precisa rasoiata da fuori area con il piede debole, il sinistro, a mettere la partita in ghiaccio. Una prima recita da attore protagonista, con una doppietta pesante lontano da San Siro: Correa è il primo giocatore a debuttare con una marcatura multipla in Serie A con l'Inter dal lontano 2011, quando a prendersi la scena fu quel Giampaolo Pazzini che nella serata di ieri ne commentava le gesta a caldo negli studi di Dazn.
“Sognavo un esordio così, di entrare e fare gol per far vedere subito chi sono” ha candidamente ammesso l’ex Lazio dopo il triplice fischio, consapevole di non aver ancora espresso tutto il suo potenziale. Chi non ha mai avuto dubbi su valore del gioiello albiceleste è proprio Inzaghi, che interpellato prima della partita aveva assicurato con invidiabile determinazione che Joaquin “è la ciliegina sulla torta” e “darà tanto all'Inter”. E il primo quarto d’ora nerazzurro gli dà ragione, alla faccia di chi ne elogiava la tecnica ma ne metteva in dubbio il killer-instict. A Verona è arrivata la prima risposta: “spiaze” per gli haters, ma questa è la notte del Tucu.
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