Difficoltà e silenzio. Poi tanto lavoro, rinascita e fiducia. Sono questi gli step di Diego Godin nella sua prima annata italiana, nell’Inter di Antonio Conte. El Faraon, arrivato a Milano a costo zero dopo essersi svincolato dall’Atletico Madrid, ha visto sfumare partita dopo partita il posto da titolare nella difesa a tre del tecnico salentino: i movimenti diversi da quelli fatti e rifatti nella lunga carriera, i naturali problemi di ambientamento e il lancio del giovane Alessandro Bastoni sono stati gli ostacoli principali che lo Sceriffo si è trovato davanti. 

Pian piano ha provato - ed è poi riuscito - ad arginarli o superarli, scalando le gerarchie e spedendo in panchina un’intoccabile colonna difensiva delle ultime stagioni come Milan Skriniar, altro elemento della rosa nerazzurra non proprio a suoi agio nel tridente arretrato dopo le grandi annate nella linea a quattro disegnata da Luciano Spalletti. Godin ha ritrovato una maglia dal 1’ e prestazioni convincenti grazie al duro lavoro, all’immancabile professionalità e al grande rispetto nei confronti del prossimo. Soprattutto verso le scelte tecniche di Conte e i compagni di squadra, come evidenziato dall’ex Atletico Madrid nel post partita di Europa League contro il Leverkusen: "Per me prima che il calciatore è importante la parte umana, il rispetto. Sapevo che se non giocavo dovevo lavorare di più e ho fatto quello. Mi sono allenato sempre di più nel lockdown, sono tornato più forte e sono entrato in squadra piano piano rispettando il compagno: se sto in panchina devo rispettare chi gioca, anche se il giocatore vuole sempre giocare. Metto sempre davanti la squadra, la cosa importante è che vinca l’Inter" il concetto evidenziato davanti alle telecamere di SkySport, con i vari opinionisti presenti in studio che, visibilmente colpiti dalle positive parole da leader del Faraon, lo hanno poi giustamente etichettato come un "esempio". Concetto ribadito anche da Bastoni, baby promessa nerazzurra in rampa di lancio e a caccia di continue conferme: "Le parole di Godin dimostrano che grande persona è. Come ha detto lui, ha saputo aspettare il suo momento nel rispetto del mister e della squadra, questo è sintomo di grande professionalità. Mi ritengo molto fortunato ad avere lui ma anche gli altri come Borja, D'Ambrosio, gente che mi da grandi stimoli". 

Perché Godin è un esempio: mai una parola fuori posto, mai una polemica. Quando ha rotto il silenzio, l’ha fatto solo per motivare la squadra o per smentire le fastidiose voci di mercato, come quelle rimbalzate a fine giugno e che lo volevano prossimo al matrimonio con la Ligue1 e con l’Olympique Lione, giustiziere della Juventus in Champions League: "La verità è che queste notizie sul mio futuro lontano da Milano mi sorprendono molto - aveva ammesso il difensore uruguaiano nell’intervista concessa ai microfoni del Corriere dello Sport e di As -. Da quando sono all’Inter, mi sono sempre trovato bene sia nel club sia con i tifosi. Sento la fiducia della società e qui sono come a casa. Non mi è mai passato per la mente di lasciare l’Inter. Mi sento totalmente parte del progetto e lo spogliatoio è spettacolare" aveva assicurato, senza troppi giri di parole, ribadendo che la sua intenzione era quella di "rispettare il contratto (che andrà in scadenza il 30 giugno 2022, ndr) e godermi questa meravigliosa avventura in Italia e con la maglia nerazzurra. Venire qui è stata una mia scelta e l’ho fatto con l’intenzione di aiutare questo club a conquistare nuovi titoli, a vincere quanto più possibile. Mi risulta che anche la società sia felice di me. E questo mi riempie d’orgoglio. Non è vero che voglio andarmene: non ho mai parlato con nessuno di questa ipotesi, perché resterò qui e farò tutto quello che è necessario per aiutare la squadra. Se i dirigenti saranno contenti del mio rendimento, la mia esperienza all’Inter potrà proseguire". 

Ora, a distanza di mesi, con un secondo posto in campionato messo in tasca e una semifinale ormai alle porte, Godin non si nasconde e ha voglia di dare tutto per l’Inter, a prescindere dal ruolo: "Dove mi trovo meglio? Dentro il campo, sempre - aveva detto, sorridendo, a SkySport -. Se vuole il mister gioco anche in attacco (ride, ndr). Posso giocare a destra o a sinistra, è uguale. Oggi mi sento bene ed è importante per quello che chiede il mister. Poi penso che stiamo facendo individualmente buone prestazioni perché stiamo giocando da squadra, sia in difesa che in attacco. Quando la squadra sta bene, tutti andiamo meglio e alziamo le prestazioni". E allora, con l’Inter a due partite da un potenziale trofeo europeo che manca da dieci anni, non bisogna far altro che seguire la lezione di Godin. Uno che in carriera ha già messo in bacheca due Europa League da guida e leader dell’Atleti. Uno da cui è giusto e doveroso prendere esempio per chiudere al meglio la stagione.  

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Sezione: Editoriale / Data: Sab 15 agosto 2020 alle 00:00
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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