Tanto di cappello. Non ci sarebbe altro da dire sulla vittoria nerazzurra nel derby post San Valentino, che ha rafforzato l’amore, è il caso di dirlo, tra i tifosi interisti e la Beneamata. Si parla di fuga, adesso con vera convinzione. I 9 punti di vantaggio sulla Juventus e gli 11 sul Milan preservano i nerazzurri da ogni pericolo rimonta, è giusto che il destino dell’Inter sia nelle sue mani. Lo scorso anno la corazzata interista rischiò di farsi del male autonomamente, salvo raddrizzare una situazione compromessa dopo aver dilapidato 11 punti di vantaggio sulla Roma. Ma quest’anno è diverso, perché non c’è un avversario tosto come i giallorossi. Il campo lo ha dimostrato, questo Milan, checché ne dica Galliani, non è superiore all’Inter. E la differenza non vive solo nella differenza di punti raccolti contro le piccole. Sarebbe ingeneroso nei confronti della capolista, che sul campo ha dimostrato di essere la più forte. Non tecnicamente, forse, ma fisicamente e tatticamente. In Italia non c’è, infatti, una squadra compatta e potente come quella a disposizione di Mourinho. La tecnica e il talento aiutano, ma non fanno la differenza. Se n’è accorto ieri Ancelotti, che sperava di cavarsela con le giocate preziose dei vari Ronaldinho, Pato, Seedorf o Beckham. Ma contro lo strapotere e la corsa dei nerazzurri, anche il tocco più morbido deve alzare bandiera bianca.
Dispiace, oltretutto, che in casa Milan si preferisca aggrapparsi all’episodio del gol di mano di Adriano, piuttosto che ammettere una superiorità palese sul terreno di gioco da parte dell’avversario. Sarebbe stato un bel gesto da parte dei rossoneri, che invece hanno confermato di vivere in una realtà diversa da quella nerazzurra: una realtà in cui Ancelotti si dice convinto di poter ancora lottare per lo scudetto, una realtà in cui il Milan ha perso perché danneggiato da Rosetti. Verissimo, Adriano ha toccato il pallone con il braccio, ma alzi la mano chi possa essere convinto della volontarietà del suo gesto. Un rimapallo fortuito, nulla più, ha aiutato l’imperatore a battere Abbiati per la prima volta. Una settimana fa, contro la Reggina, a Seedorf venne annullato un gol segnato perché “favorito” da un rimpallo sul braccio dell’olandese. Oggi, le stesse bocche che lamentavano il fischio arbitrale, dimostrano di aver cambiato punto di vista improvvisamente e di ritenere da annullare un gol segnato in modo identico. Solo perché accaduto nella propria area di rigore. Sarebbe bello mantenere la stessa linea di pensiero, senza cambiarla a seconda della convenienza.
Al di là dell’1-0, per 70 minuti in campo c’è stata solo l’Inter, e se prima del gol di Pato il punteggio fosse stato di 4-0 per i nerazzurri non ci sarebbe stato nulla da eccepire. Nessuno, dalla parte del Milan, ha minimamente considerato l’eventualità. Nessuno, sempre in casa rossonera, si è ricordato della mancata espulsione di Ambrosini, graziato da Rosetti quando già si vedeva metà cartellino estratto dall’arbitro torinese. Perché quella retromarcia, se poi lo stesso fischietto è stato prodigo di ammonizioni nei confronti dei colori nerazzurri? Uniformità di giudizio, dove sei? Mourinho contro la Sampdoria venne espulso perché accuso l’arbitro di turno di avere paura di fischiare a favore dell’Inter. Lo avesse fatto anche ieri, chi gli avrebbe potuto dar torto? Rosetti è un ottimo arbitro, il migliore in Italia, ma ieri ha sbagliato. Non sul gol di mano di Adriano, ma facendo un palese passo indietro dopo aver preso una decisione sacrosanta. Ma tutte queste sono chiacchiere da bar, quello che conta è la fuga dell’Inter, che ora deve cercare di mantenere alta la tensione in vista della Champions League. Anche contro il Manchester United servirà la stessa grinta vista nel derby, possibilmente per più di 70 minuti. Intanto, però, godiamoci questo momento: la capolista vola!
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