È l’Inter, bellezza, capace d'appagare l'anima mediante i sensi. D’altronde era un fondamento epistemologico della colonna portante dell'illuminismo, il filosofo del Settecento Immanuel Kant, che tanto ha rivoluzionato il rapporto tra l'uomo e la conoscenza, con un vero e proprio colpo di stato sulla mentalità e sul ragionamento. La contemplazione di un paesaggio, l’ascolto di una sinfonia, la presenza di questo o quel fiore nel giardino, così l’ammirazione di un dipinto, costituiscono una serie di rappresentazioni esperienziali che determinano nell’osservatore un elevato tasso di godimento interiore. E i tifosi nerazzurri, in questa prima parte di stagione, hanno potuto percorrere più e più volte il cammino verso il sentimento del piacere. Diciamocelo senza fronzoli: veder giocare l’Inter è un esercizio di conformità, quasi d’immedesimazione, tra pubblico e pedine assemblate come da un Demiurgo. È l’Inter, una macchina generatrice di bellezza, in grado di scavare il solco con una forza che plasma sostanza e scavalca le insidie più ardue, solidificando anche le certezze più traballanti. Con un motore carico d’adrenalina. Con un passo celere e guardingo, rapido ma inquadrato da raggi di luce. Che le hanno aperto il varco sulle cime d’una vetta dal sapore di merito.


Irrazionale, la bellezza. Ma non fuori dalla sfera del consapevole. Non ci dev'essere per forza netta separazione tra il sistema della razionalità e quello dell'inconscio, se proprio si ha la smania d'orientare, con assidua precisione, magnifici colpi d'autore. Il pioniere della psicanalisi Sigmund Freud inseriva a metà strada tra le pulsioni (dunque gli istinti irrazionali) e la coscienza (rappresentata dal Super Io), la dimensione dell’ Io, che governa l'essere, media le esigenze e i suoi aspetti più controversi. Una forma di controllo necessaria. E nell’Inter di oggi di forme ragionate d'organizzazione ce ne sono davvero tante. Molto 'agire predeterminato', negli automatismi d'uno sviluppo che ha nel fluire la sua propensione e nella rapidità la sua essenza. Ma non solo: c'è eleganza nell'itinerario delle traiettorie, efficacia per guadagnare metri. E poi... la creatività, elemento divergente che spariglia ogni convenzione. Guai a badare alle tracce orizzontali, soprattutto quando c'è la necessità di puntare dritti verso la meta, perché il riferimento verticale va trovato con istanza istantanea.

Una fortezza cementificata da numeri schiaccianti, stratosferici. A tratti incontrastabili. Si sa: le cifre non mentono mai. E quelle del Biscione sono assolutamente da record: 49 gol realizzati nella corrente stagione di Serie A (il Milan ne ha messi a segno 40); pensate un po’ che negli ultimi 60 anni solamente l’Atalanta di due stagioni fa ne aveva realizzati di più nel solo girone d’andata. E se inseriamo nel contatore l’intero anno solare, la cifra tocca 104 punti (3 in più della miglior Juve targata Allegri) e altrettanti gol (con una media superiore alle 8,5 reti al mese). Per scandagliare un risultato migliore occorre guardarsi parecchio indietro: nel lontano 1950 il Milan ne mise a segno 120, battendo il primato raggiunto dal Grande Torino tra il 1947 e il 1949. Insomma, materiale statistico per palati fini. Quelli che i tifosi hanno adottato divertendosi, con lo sguardo rivolto verso nobili traguardi da raggiungere al meglio delle proprie potenzialità.

Macchina perfetta, dicevamo. Beh, non c'è nemmeno troppa necessità di ribadirlo. In superficie emergono azioni manovrate nel dettaglio (i benedetti dettagli, nel mondo del calcio, fanno sempre la differenza) e imprevedibili, sapendo sempre quando azionare lo spostamento della direzione di corrente. Ogni giocatore coglie l'attimo per occupare forma e sostanza.

Chi unisce i due concetti, nel platonico mondo delle idee, è il sovrano del regno Marcelo Brozovic, elaboratore computazionale di pensieri e azioni, aborritore d'ogni semplificazione. L'unione inscindibile, della sfera cognitiva e di quella esecutiva, che si sciolgono fino a fondersi in un'unicità tanto determinante quanto sempre più rara nel calcio moderno. Ne vien fuori la Grande Bellezza, in un remake che rapisce ogni volta di più. E sul ring il croato si prende il centro, dispensa il meglio di sé, palleggiando su un red carpet a suon di trame ragionate con una mente che ha la residenza nell'iperuranio. Per sgomberare il pallone da ogni equivoco basta bussare al suo domicilio. E vederlo ondeggiare a destra, sul lato debole, per attirare gli avversari con l'inganno e l'illusione di portare a compimento l'operazione di pressing. Eh no..., quando Brozo modella la giocata, a sua immagine e somiglianza, sublima (dal latino sub: sotto, limis: la perfezione, “appena sotto la soglia di perfezione”) con efficienza funzionale i tocchi verticali, e per i difendenti s'apre il vortice dell'incertezza. Ma come potrebbe accadere il contrario?

Plasma, strattona dolcemente (non è un ossimoro, fidatevi) le traiettorie, per fornire un ordine universale allo scacchiere. E poi eccoci qui, all'intuizione, quasi immediata, nell'esecuzione di disegni che trasformano in un lampo le due fasi. Perché per essere metronomi di status elevato, c'è da ottenere il massimo profitto nel più breve tempo possibile. Non si deve ragionare quando si ha la palla tra i piedi, ma nell'istante della ricezione sta la scelta della soluzione da adottare. Un processo che incatena causa ed effetto. Perché il principio di casualità ridusce l'angoscia dell'imprevedibile. Così la realtà diventa immaginazione. E quando s’entra nel mondo di Epic, consumato tra spazi angusti generatrici di un flusso continuo e rinnovato di creatività, le idee contemplano il reale. E il reale è bellezza pura, disinteressata ma allo stesso tempo aderente agli scopi. Soprattutto se l'identità autorevole permane negli spazi (di gioco) e nel tempo che scorre via. Il 2022 bussa alle porte della nostra vita e l’asticella degli obiettivi s’impennerà sensibilmente.

Dunque, cuori nerazzurri, pulsate elettricamente d'entusiasmo. Questa Inter i documenti necessari per far sognare San Siro li ha tutti. E allora, mettetevi in pace con voi stessi. E poi gustatevi le onde folgoranti della macchina perfetta. Con desiderio (potenzialmente rivoluzionario), che è pure mancanza, locomotiva che trasporta passioni. Quelle che il popolo nerazzurro emana ogni volta, con un'escalation progressiva e graduale, senza fine. Perché, d’altronde: è l’Inter, bellezza. Che senso avrebbe non contemplarla?
Sezione: Editoriale / Data: Mar 28 dicembre 2021 alle 00:01
Autore: Niccolò Anfosso
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