Faccio una premessa: è difficile raccontare l’Inter in questi anni. Non esiste un periodo storico più controverso di questo e non era mai accaduto che i tifosi potessero esprimere il loro pensiero, sommandolo all’opinione giornalistica, in un'epoca in cui le piattaforme mediatiche, grazie ai social, sono decuplicate. Il giornalismo oggi è indebolito e viene sopraffatto da un movimento d’opinione senza controllo che twitta, esprime opinioni e, soprattutto dà notizie senza alcun controllo sulla veridicità. La bellezza di un mondo in cui tutti possono dire la loro è rovinata da un considerevole numero di persone che inventa, manipola o ridisegna la storia in base alla propria visione radicale, svendendola come unica e inconfutabile.
Parto da questo assunto perché tra i tanti striscioni esposti durante la strana domenica di Inter-Crotone della scorsa settimana, anche condivisibili nella durezza, uno mi ha deluso: "C'è un cinese, un inglese e un indonesiano che vogliono farci tornare ad essere la barzelletta d'Italia". Una sola parola, in mezzo al contenuto, storpia e umilia come nessun tifoso avversario potrebbe fare, la storia nerazzurra. Quel “tornare” è un atto d’autoaccusa verso un periodo storico non del tutto precisato che mi è sembrato del tutto disarmonico, stonato e gratuito. Come una di quelle cattiverie che, nelle liti tra coniugi, scappa di bocca da uno dei due e fa più male di qualunque cosa espressa. Prima che qualcuno dica che questo è un pensiero esclusivo della curva, faccio notare che lo stesso maitre à penser appartiene anche a diversi tifosi che la curva non la frequentano. Non posso, in poche righe, rivisitare ogni singolo anno della storia interista per confutare questa percezione netta e spesso insindacabile da parte di chi la esercita. Tuttavia conosco la natura di questo sentimento ma non la condivido perché è assurdo liquidare i fatti riassumendoli con del rabbioso cinismo.
Oggi sento parlare di Inter, come di Massimo Moratti, da parte di quei tifosi, con un livore e un giudizio altrettanto netto e tranciante che non ammette discussioni. Moratti ha fatto cose straordinariamente valide e pessime in buona fede, ma non può essere dipinto in modo assoluto e manicheo. Se davvero si vuol bene alla propria squadra si deve portare rispetto almeno nella valutazione. Mi sembra che si stia andando verso quella direzione furba che permette a tutti di dire cose orribili o formidabili di giocatori, allenatori, società e la sua storia, senza mai via di mezzo in ottemperanza al ruolo di tifosi che dunque vedono le cose solo in modo categorico. Ho la stessa perplessità verso quei tifosi che non vedono, non sentono ed esaltano l’Inter difendendola anche da nemici che non ha. Rinnegare che durante l’era di Calciopoli, durata diversi anni, i valori siano stati falsati e gli equilibri stravolti, prescindendo da tutto l’orrendo affare che andava consumandosi sotto i nostri occhi, è una valutazione che un tifoso può anche fare. Questo non significa che il giudizio sia corretto.
L’Inter ha perso molte battaglie, spesso contro se stessa, Moratti da presidente si è spesso circondato di un alto numero di consiglieri che hanno in effetti suggerito troppo e male. La società nella sua storia recente ha commesso errori clamorosi, talvolta con la complicità dei tifosi che prima chiedevano la cacciata di un allenatore e di un calciatore e poi arrivavano a rimpiangerlo con sfacciataggine. Accade ancora oggi. Quello che omette il tifoso risentito è che l’Inter negli anni ha anche vinto, divertito, stupito, entusiasmato, illuso, ha avuto grandi giocatori, giocato grandi partite e si è tolta tante soddisfazioni ma soprattutto ha preservato il sogno. La natura naif di una società con la quale oggi sono arrabbiato anche io, permalosa, spesso chiusa e poco comunicativa, non va confusa con le vicende certamente grottesche di questi mesi e le difficoltà inaudite del post triplete. Gli errori commessi prima, durante e dopo sono palesi e clamorosi e credo sia giusto rimarcarli in modo vigoroso ma non infliggendosi una bottigliata tafazzista autodefinendosi “barzelletta d’Italia”. Nessuna squadra al mondo merita di essere definita così dai propri tifosi.
Nel concreto Pioli ha iniziato il suo percorso e nell’amichevole è emerso che Gabigol resta un punto interrogativo, Kondogbia si è mosso con più scioltezza e Andreolli ora ha qualche timida chance in più. Contemporaneamente è capitato a Milano Diego Simeone per trovare il figlio. Che lui e l’Inter stiano flirtando da tempo non è un mistero ma sarà bene che arrivi (se arriverà) in un'Inter più strutturata e organizzata per poterlo assecondare. Se fosse giunto tre anni fa o questa stagione il suo destino sarebbe stato probabilmente simile a quello dei suoi predecessori. Se possibile ancora più fragoroso considerando il livello di aspettative verso di lui. Quando la società sarà finalmente tale e ci sarà un'unica anima, invece delle quattro o cinque attualmente presenti l’Inter potrà tornare ad avere un allenatore per più di tre anni consecutivi. Pensate che esperienza. Amala
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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