Una dolorosa premessa. Mai e poi mai mi sarei immaginato anni fa che un giorno avrei rimpianto Giovanni e Umberto Agnelli. Mai e poi mai avrei immaginato che un giorno avrei immaginato che i due succitati sarebbero stati non battuti ma surclassati in arroganza dai loro successori. E ora cominciamo.
La settimana che ci eravamo lasciati alle spalle sara' a lungo ricordata come un momento di ristoro per le nostre coscienze di sportivi, di italiani e, perche' no, di patrioti. In un colpo solo la saggina della scopa della storia ha spazzato via lo sporco incrostato non solo negli angoli-dove ce n'e' ancora un bel po'- ma soprattutto quello ammonticchiato ovunque e visibile a chiunque tanto che non avevemo piu' tappeti di area tanto estesa da poterlo nascondere. Letizia e giubilo, dignita' e verita' pervenute con una ventata di phon -non l'asciugacapelli- a rendere respirabile un'aria talmente inquinata che nemmeno 1000 domeniche a piedi averbbero potuto sanificare. Noi che occupiamo spazi di interesse rigidamente sportivi non possiamo che concentrarci sugli effetti causati dalle notizie, attese e conclamate che ad abundantiam sono giunte dalla cote' calcistica, prendendo atto e nota di alcuni elementi di disambiguazione da esse prodotte in via, questa volta speriamo, definitiva.

Non ci sara' piu' bisogno di argomentare, dovendo scontare tanta sordita' dei media e tracotanza dei piu', che una cupola di associati per delinquere ha condizionato interi campionati. Oggi lo si puo' postulare essendo arrivato il terzo grado di giudizio in tal senso, ancorche' disomogeneo, a sancire cio' che qualsiasi bambino appena introdotto alla pratica del calcio osservato avrebbe-ed ha- potuto arguire dalla molteplicita' delle vicende domenicali anticipi e posticipi inclusi. La giustizia sportiva era stata sommaria, comprimendo per esigenze oggettive gli spazi di indagine, dibattimentali e di giudizio i tempi di esecuzione del processo di primo grado e di appello? Sia. Ma sarebbe bello verificare chi ne ha scapitato. La pretesa- odierna, non di allora- del regime juventino di farla franca o quella piu' rispettabile di vedergli  corrispondere una pena giusta-pensiamo al caso del Genoa che si vide pochi anni fa penalizzato di tre categorie a fronte di una sola partita contestata ancorche' molto probabilmente comprata? Ne' l'una ne' l'altra. Prevalse la linea armistiziale tracciata dalla difesa bianconera che aveva come sottostante l'esigenza comune a tutto il calcio italiano di non negare a17 milioni di individui il culto della propria passione da li' all'eternita'. Di fatto e al netto di pelose circonlocuzioni, Giraudo come Zaccone nel processo di primo grado stralciato e conclusosi nel 2009 sollecito' la clemenza della corte con modalita' diverse ma prendendo le mosse dal medesimo riconoscimento delle proprie evident  responsabilita'.

L'acqua che e' scorsa da allora fino ad oggi non ha portato null'altro che arrangiamenti mediatici delle prove lasciando in controluce gli stessi profili penali e umani con i quali, sinistramente, siamo stati costretti a convivere. Si sarebbe potuto dunque postulare il male che gli associati hanno recato ai nostri giorni ben prima che madame Casoria lo ricordasse al popolo italiano se, come sappiamo, un clan di mestatori, di affamatori di verita' stipendiati e di tribuni della plebe in diuturna mobilitazione non avesse sopraffatto con le proprie urla sguaiate il pensiero accorato  di una maggioranza silenziosa di appassionati che solo oggi trova nelle prese di posizione che giungono dalla FIGC e dal CONI un tardivo ed incompleto tentativo di ripristino della dimensione della decenza. Ma una cosa nel frattempo gli aspiranti risarciti ce l'hanno fatta capire una volta di piu' semmai ci fosse stato bisogno di sconci ulteriori: questa e' gente che non merita armistizi. In quanto in maniera inusitatamente infida poi non ne e' conseguente. Se solo fissiamo il nostro pensiero a quante, quali azioni distribuite in un tempo che puo' essere stato solo dilatatissimo possano avere prodotto l'affiliazione con una scheda segreta di designatori, arbitri, guardalinee e mettiamo tutto cio' a confronto con le iniziative che continuano con improntitudine a generare a getto continuo non possiamo che abbandonarci all'indignazione. Che pero' non deve tracimare nella corrivita', anticamera della misericordia. Che ci farebbero pagare a carissimo prezzo.

Anche la sfera del patetico verso la quale muove il disperato merita un rispetto che a costoro deve essere negato. Ma si badi sempre e solo con la forza della parola, dell'etica a supporto di valori che potremmo loro insegnare ma che non potrebbero- e' a questo punto dimostrato- mai imparare, impantanati come sono nella loro torre d'avorio di falsita' e di ipocrisie tra nevrosi e scizzofrenie tra la Scilla del sostanziale appoggio alla vecchia dirigenza e la Cariddi della sua abiura con tanto di richieste danni da apprestare. Col vecchio metodo del double standard tentando con ogni strumento di mettere a frutto la propria convenienza sulla pelle di tutti a partire da quella dei tifosi piu' strumentalizzati. I loro tifosi.

Strumentalizzati da loro, naturarlmente, e da nessun altro. Ma nemmeno da questi ultimi, i tifosi dicevamo, e' lecito ormai attendersi il rimpianto per una generazione di dirigenti, quella coeva all'Avvocato, che, detto con tutta la presa di  distanze del caso, per amore della propria immagine e del pallone mai si sarebbe macchiata delle nefandezze-che mettono in gioco l'esistenza stessa del calcio- di quella attuale alle quali  il mondo delle istituzioni sportive e dei media, al di la' di qualche sporadica eccezione, continua ad assistere con codina, pavida acquiescenza.
Ci lasciamo con un pensiero sull'ultima sequela di calci rifilata attraverso la propria biografia da Zlatan Ibrahimovic ad una pluralita' di malcapitati da suddividere in due macro gruppi. Tesserati di campionati esteri e non. Sui primi il colpo e' stato assestato all'altezza del petto, con un'evoluzione da ragazzo del kimono d'oro. Offendere sul piano personale Guardiola nell'anno del Signore 2011, ad esempio, e' operazione tutto sommato coraggiosa, vista la cortina di spessa credibilita' del catalano. Gli avesse dato anche dell'incapace avrebbe fatto bingo. Nello sferrare la pedata al calcio nostrano -che l'ha nutrito e spesso perdonato- Ibra ha mirato alla schiena con la beffarda incuranza di chi si sente paracadutato in un'area decadente e depressa. Superiore alle conseguenze delle sparate perche' inferiori i colpiti, sempre a suo avviso, Naturalmente. interisti in primis che, come i blaugrana, non hanno avuto bisogno di lui per.............. ma questo sara' mia cura specificarglielo meglio quando scrivero' la mia biografia.

P.S. ci sarebbe un terzo tipo di calcio, quello indirizzato alla dirigenza della squadra che lo sta stipendiando. Sara' stato anche banale ma ha dato loro dei falsari per poi concentrarsi sulla professionalita' di Ariedo Braida, distruggendola definitivamente, con un colpo finale da maestro. Ah, dimenticavo, dove ha mirato? Beh, decidete voi.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 18 novembre 2011 alle 00:01
Autore: Giorgio Ravaioli
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