Sarebbe bello se la foto allegata a questo editoriale fosse stata scattata ieri sera, al San Siro Stadium come pare venga definito ora. Invece no, come ampiamente previssto gli spalti erano vuoti e anche il sottoscritto è rimasto a casa, perché se i tifosi per ora devono rimanere fuori, anche la stampa deve sottostare alla selezione tra chi può entrare per svolgere il proprio lavoro e chi invece no. Peccato, e una pacca virtuale sulle spalle va a chi deve prendere certe decisioni quando fino all'ultima gara in questo impianto c'era davvero posto per tutti. Ci si deve adeguare, anche questo è il compromesso per far ripartire l'enorme meccanismo della Serie A. Che, finalmente, ieri ha potuto archiviare una delle partite più discusse fino a tre mesi fa, quella famosa Inter-Sampdoria oggetto di polemiche perché, sorprendentemente, incapace di trovare il suo posto in un calendario stravolto dalla pandemia e sospassata senza neanche mettere la freccia da altre gare previste successivamente.

Nonostante il silenzio dello stadio, rotto dal commento alla gara di Conte e Ranieri, è stata partita vera soprattutto nell'interpretazione dell'Inter. I nerazzurri hanno subito imposto la loro supremazia tecnica e tattica, costringendo la difesa blucerchiata a pessime figure nella propria metà campo. Le scelte di Ranieri erano chiaramente votate al contenimento, sperando di far male in ripartenza, ma i padroni di casa non hanno permesso qualsivoglia velleità dalle parti di Handanovic. Finalmente è emerso tutto il talento di Eriksen, legittimamente atteso da grandi aspettative, ben ripagate. Il danese ha sciorinato giocate d'alta scuola con una naturalezza che le faceva sembrare alla portata di chiunque, persino di chi guardava comodamente in poltrona. Proprio nella semplicità si sviluppa tutta la sua qualità, si pensi all'assist per il vantaggio firmato Lukaku: tocco di prima di una banalità assurda per chi guarda, tutt'altro per chi esegue. Conte ha detto la verità, in questo periodo di stop forzato ha integrato benissimo l'ex Tottenham nei meccanismi nerazzurri e nella metà campo avversaria si è ammirato, eccome.

In generale, al di là del singolo, un po' tutti hanno fatto la loro parte, il meccanismo ha funzionato alla perfezione e il 2-0 all'intervallo aveva i contorni di uno schiaffo alla miseria. Per gli heavy user della Playstation, è sembrato calcio virtuale, come se Conte gestisse i suoi con un joypad in mano. Lecito attendersi l'uso del pallottoliere nella ripresa, ma chi conosce l'Inter, compresa quella attuale, non può dimenticare le difficoltà nella gestione del vantaggio, prontamente riemersa anche contro un rivale piuttosto mediocre (per la prestazione, sia chiaro) come la Sampdoria. Rimessa in corsa da un errore di De Vrij e diventata, all'improvviso, pericolosa come mai in precedenza. Il calo fisico e la paura di gettare al vento altri punti come accaduto prima del lockdown hanno alimentato le speranze doriane, riproponendo vecchi fantasmi su cui bisogna ancora lavorare. Se la condizione atletica inevitabilmente, partita dopo partita, crescerà, quella psicologica necessità di una scossa. La classifica attuale è buona, ma non è ottima a causa dei troppi blackout registrati in alcune delle 25 partite precedenti. C'è però ancora tempo, questa squadra può solo crescere con un Eriksen così a proprio agio e un Lautaro che ha risposto ai detrattori con una prestazione positiva, un gol e la massima concentrazione al campo.

Marotta nel pre-gara ne ha tessuto le lodi spalancandogli la porta di casa Inter qualora il Barcellona, come sembra, non possa permetterselo. Poi il discorso è ancora lungo e se ne riparlerà, intanto quello che conta è rivedere il Toro nel tabellino dei marcatori. Una rete semplice, ma forse la più importante da quando veste il nerazzurro.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 22 giugno 2020 alle 00:07
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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