L’indicazione più seria che l’Inter ha fatto trapelare dalla serata di Valencia è la seguente: i carichi di lavoro sono tornati ad aumentare. Prova ne sia il fatto che la formazione nerazzurra nel primo tempo del match del Mestalla ha faticato a tratti anche oltre la soglia di attenzione, specie sotto diversi aspetti cruciali quali l’uscita dall’area palla al piede e le coperture preventive della mediana. Non ha brillato nemmeno la formazione del sedotto e abbandonato Marcelino, in verità, in una partita forse diventata piacevole solo nella parte finale; ma è bastato che i due uomini più in palla, ovvero Goncalo Guedes e Carlos Soler, riuscissero a saltare un paio di volte la seconda linea per orchestrare le due azioni più importanti dei Taronges, la seconda delle quali culminata col gol. I nerazzurri hanno ripreso le briglie nel secondo tempo, anche grazie ai cambi. Due in particolare, uno specialmente.

Quando al posto di un Lautaro Martinez ancora in fase di rodaggio è subentrato Sebastiano Esposito, per la prima volta schierato di rincorsa in queste amichevoli pre-stagionali, l’Inter ha guadagnato qualcosa in più. Anzi, la difesa del Valencia, già a tratti non irreprensibile, ha iniziato a sperimentare momenti di panico perché il giovanotto del 2002 è uno che problemi non se ne fa anche al cospetto di avversari di alto tenore, e come si è divertito a scompaginare la retroguardia del Psg a Macao, ecco che anche la difesa del Valencia a un certo punto ha iniziato a non capire molto davanti alle folate del ragazzo di Castellammare di Stabia. Che con sagacia ed abilità approfitta della ripartenza di Matias Vecino, altro cambio plus, e dell’appoggio di Matteo Politano bravo a scaricare tre uomini su di sé, per puntare Denis Cherychev facendolo abboccare ad un bel trappolone: puntato, costretto al fallo e punito col rigore.

Non sono bagliori estemporanei, quelli che sta fornendo Sebastiano Esposito, uno il cui talento sta facendo parlare gli addetti ai lavori ormai da anni e che in tempi recenti si è manifestato in tutto il suo splendore anche agli occhi dei tifosi. Saltato baldanzosamente dalla Under 17 alla Primavera dell’Inter, il suo contributo di gol anche meravigliosi lo ha fornito sempre e comunque, vincendo praticamente da solo il primo dei due campionati citati e arrivando anche a guadagnarsi la finestra della prima squadra in occasione del match di Europa League contro l’Eintracht Francoforte. Con la promessa che quella non fosse una presenza estemporanea né dovuta solo ad esclusivamente alla clamorosa emergenza di quel momento. Anzi: sono bastati due mesi di lavoro agli ordini di Conte per convincere il mister nerazzurro che sì, lui può essere già elemento da prima squadra.

Sta correndo più veloce delle auto che ancora non può guidare, il piccolo Seba, e adesso davanti a lui si staglia l’eterno dilemma che puntualmente si presenta non appena un giovane talento inizia a sbocciare: come maneggiare la pressione che prima o poi inizia a farsi sentire? Riuscirà a non farsi divorare dalla fame atavica di nuovi campioni di osannare da parte dell’universo mondo calcistico, quella che fa sì che per un giovane giocatore nostrano che inizia ad inanellare 3-4 ottime prestazioni si iniziano a comporre poemi epici e soprattutto ad immaginare valutazioni fantascientifiche? E riusciranno i nostri eroi a non andare oltre una determinata misura nelle lodi, comunque giustificate per il momento, ma comunque da proporzionare visto che stiamo ancora parlando di un ragazzo ancora minorenne?

Dilemma che attanaglia anche i tifosi nerazzurri, che nel corso degli anni hanno nutrito speranze in decine e decine di talenti che sembravano pronti a spaccare il mondo quando erano in Primavera e che poi hanno pagato l’impatto col mondo dei grandi non rispondendo a quelle che erano le attese. Comprensibile, quindi, l’invito a non bruciarlo, ad andarci piano, ad evitare che lui stesso si monti la testa. Quel che appare certo, però, è che l’Inter, tutta l’Inter, veda in Esposito qualcosa in più degli altri: quel qualcosa che ha portato non solo mister Conte a considerarlo come valido complemento per il proprio attacco, ma anche e soprattutto la società nerazzurra a garantirsi il suo futuro con un rinnovo di contratto che vale come un’ipoteca grossa quanto una casa. Perché lui, con tutto il rispetto per altri ottimi elementi come Andrea Pinamonti, Facundo Colidio, Xian Emmers e via cantando, forse ha davvero una marcia in più, al punto tale da portare i dirigenti dell’Inter a rispondere alle richieste arrivate da altri club anche per un semplice prestito con una sonora pernacchia.

Sebastiano Esposito, intanto, va per la sua strada. E va come una vaporiera, incurante come giusto che sia alla sua età della fatica e degli sforzi ravvicinati. E quindi, solo poche ore dopo la partita col Valencia e il ritorno in aereo a Milano, eccolo scendere nuovamente in campo per un test amichevole contro la Virtus Bergamo. E al fianco di chi? Al fianco dell’oggetto dei desideri finalmente diventato realtà. Il sorrisone maliardo di Antonio Conte successivo alla partita col Tottenham è stato quanto mai profetico: al terzo tentativo, finalmente avrà con sé Romelu Lukaku. Dopo un’estate lunga, all’insegna di trattative, dichiarazioni, segnali, veri e presunti colpi di scena, Beppe Marotta riesce a celebrare il matrimonio, tanto desiderato da ambo le parti, tra l’Inter e il colosso belga, elargendo al Manchester United una cifra nemmeno troppo esagerata rispetto alle richieste dei Red Devils. Specie considerata la ferrea volontà delle parti in causa, inserimenti o non inserimenti da parte di chissà chi.

È arrivato Big Rom, quindi; è arrivato un giocatore di spessore internazionale, quello accolto in piena notte da 500 tifosi entusiasti che hanno fatto le ore piccole alla Malpensa per invitarlo anche a segnare a Torino contro la Juventus. È arrivato un attaccante deputato ad essere il nove titolare dell’Inter come non succedeva dai tempi di Diego Milito ed è arrivato dalla Premier League con un investimento comunque di rilievo, una cosa che in Italia non avveniva da quando il Milan si prese il totem olandese Jaap Stam. A Milano, insomma, è arrivato un gigante, in tutti i sensi: gigante in senso fisico, come dimostrano le immagini dell’amichevole di domenica dove fa quasi impressione la sua figura imponente e rocciosa in mezzo al campo.

Ma Lukaku gigante lo è anche come caratura, perché l’Inter ha visto in lui l’attaccante ideale per assecondare quelle che sono le velleità di rilancio sulla scena nazionale e internazionale del club nerazzurro, al punto da consegnargli subito la maglia numero nove, in un simbolico passaggio di consegne simbolico tra una certa Inter, quella che comunque stava cercando di emergere tra mille difficoltà dalle secche e quindi poteva anche farsi bastare un certo tipo di attaccante, e un’altra, quella nuova, dagli orizzonti radiosi e dalla voglia di fare la voce grossa in campo e fuori e che quindi ha avvertito la volontà di avvalersi di un attaccante di grido, di quelli che ti fanno emergere anche mediaticamente in positivo, di quelli che i video a lui dedicati regalano puntualmente milioni di visual (anche se quello di presentazione forse ha lasciato un po’ delusi) e fanno parlare di sé nel mondo intero anche solo per quattro gol in una di quelle che un tempo venivano definite, anche un po’ rozzamente, partitelle.

L’Inter che vuole tornare grande ha deciso di uno grande davvero, da qualunque parte la si voglia interpretare, questa parola. Un gigante dalla cui ombra il piccolo Sebastiano, che però già dimostra di avere una personalità tale da far sembrare quasi offensivo il termine piccolo, può trarre sicuramente beneficio. E i primi segnali, seppur estemporanei, sono confortanti: basti vedere come arrivano due dei gol di Lukaku, con Esposito bravo a pennellare due palloni golosi, prima da calcio d'angolo poi su pregevole assist a premiarne la posizione perfetta in are. L’Inter cammina sulle spalle di un gigante e un altro ne attende in questi giorni; ma sa già anche di avere in casa, incrociando le dita, uno che sembra già un piccolo gigante.

VIDEO - QUESTO E' EDIN DZEKO, QUANTE PERLE CON LA BOSNIA

Sezione: Editoriale / Data: Mar 13 agosto 2019 alle 00:00
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
vedi letture
Print