Si è detto e scritto tanto, anche su questo sito, di quanto accaduto recentemente con l'avvicendamento sulla panchina dell'Inter tra Roberto Mancini e Frank de Boer. Resto dell'idea che i tempi siano stati completamente sbagliati e che l'ormai ex allenatore avrebbe meritato più chiarezza da parte della dirigenza. Ma non vado oltre, il modo in cui si è consumato l'addio è stato sufficientemente signorile da permettermi di bypassare e limitarmi a valutare lo stato attuale, scremando il contesto da congetture, riflessioni campate in aria, rimorsi ed esternazioni di giubilo. Ognuno ha il diritto di esprimere la propria opinione a riguardo, ci mancherebbe. Ma al contempo ha il dovere di rispettare quelle dissonanti con le proprie e, magari, non accontentarsi di guardare solo il dito che indica la luna. Perché quando una storia finisce, non è mai solo colpa di uno dei due.
La pioggia di Ancona ha paradossalmente fatto un piacere al nuovo allenatore, che ha avuto qualche giorno in più per preparare la squadra alla prova dei 90 minuti. E a Limerick qualcosa del nuovo corso si è intravista. Indicazioni interessanti, ancora miste a tendenze manciniane ma che lasciano ben sperare quando il tempo permetterà a De Boer di imprimere il proprio marchio su questa Inter. Il modo in cui l'ex Ajax si è presentato al pubblico italiano mi è piaciuto: una conferenza essenziale, pregnante di fiducia nei propri mezzi e responsabilizzazione del gruppo ("Devono crederci tutti"). Poi, il fatto di non partire almeno nelle intenzioni già alle spalle della Juventus è fondamentale per ragionare in grande. In un contesto come quello nostrano in cui già un po' tutte sono rassegnate alla corsa al secondo posto una voce controcorrente non può che far bene allo spirito di competizione. Meglio se questa voce arrivi da Appiano Gentile. Si gioca undici contro undici, almeno al fischio d'inizio. Quindi partire battuti è un errore madornale che in troppi stanno già commettendo. De Boer ha poco tempo per raccogliere i primi risultati, le tempistiche scelte dalla dirigenza non lo agevolano. In bocca al lupo, ne avrà bisogno.
Passo oltre, c'è poco da aggiungere sulla gestione tecnica. Qualcosa in più sul mercato. Perché Suning sta iniziando a ingranare, paradossalmente dopo aver sprecato il bonus della sponda Jiangsu-Milano. Per Gabriel Barbosa l'offerta è sul tavolo e, ufficialmente, è la migliore finora avanzata. Per Joao Mario siamo finalmente ai dettagli, cifra mastodontica ma formula amichevole al FFP. E non è detto sia finita qui, perché se il campionato è quasi alle porte il mercato garantisce un maggiore margine di manovra dal punto di vista temporale. Vediamo che altro può succedere, per la prima volta da anni sono aperto a ogni sorpresa purché piacevole. Ma il vero merito di Suning, e mi ripeto, è quello di aver cambiato le strategie nerazzurre sul mercato. La possibilità di trattenere i big è un lusso che qualche mese prima sembrava inconcepibile (se Brozovic partisse, sarebbe per abbondanza nel ruolo). Mauro Icardi è un chiaro esempio: rifiutare oltre 60 milioni per trattenere un giocatore che, in tutta sincerità, poco ha fatto per ingraziarsi i nuovi proprietari e i tifosi, è un segno di forza, non di debolezza (è vero, ho letto critiche alla proprietà per aver promesso il rinnovo a un 'ribelle'). Dire no a una concorrente disposta a fare follie per un tuo giocatore significa fare la voce grossa, avere idee chiarissime. Al di là del caso Icardi, che meriterebbe una considerazione a parte, i tifosi dovrebbero essere contenti di avere una proprietà che non deve contare i centesimi che ha in tasca e può permettersi di spendere 40 e più milioni per un calciatore non certo di prima fascia, almeno a livello mediatico.
Eccomi a Joao Mario. Sinonimo di testardaggine. Zhang Jindong non ha mai voluto mollare la presa, ha scelto di togliersi questo sfizio. Chiaro, 40 + bonus è una cifra forse esagerata, non se paragonata agli investimenti folli all'estero. Certo, fino all'anno scorso si viveva di pagherò e probabilmente il retaggio porta a fare riflessioni sulla bontà di un simile investimento. Però io penso: se Suning ha soldi da spendere e le formule permettono anche all'Inter di tesserare i giocatori, qual è il problema? Vogliono investire, lasciamoglielo fare. Alla fine, a me come credo a tutti i tifosi, interessa vedere sul campo una squadra competitiva, in grado di tornare a giocarsela anche nell'Europa che conta. I conti li lascio agli esperti di finanza applicata al pallone. Se Joao Mario farà bene (e ne sono sicuro, agli Europei mi ha incantato per qualità, freddezza e senso tattico), chissenefrega quanto è costato. Io, personalmente, non scucirò un euro per vederlo vestito di nerazzurro, ma lo vedrò.
Ultima riflessione su Antonio Candreva. In tanti, troppi tifosi hanno accolto il suo arrivo storcendo il naso, definendolo bollito, a fine carriera (29 anni!!!!!), poco affascinante dal punto di vista calcistico rispetto a obiettivi a lungo sbandierati per il ruolo. Ecco, lo avete visto a Limerick contro il Celtic? Sì, a 29 anni si possono sfornare meraviglie del genere. E se non giocherà nell'Inter per i prossimi 10 anni, come sopra: chissenefrega. Mi basta vederlo in campo nel presente. Perché è vincendo oggi che si costruisce il futuro. E perché, rispetto ad altri colleghi, lui all'Inter tiene davvero, al punto da rifiutare tutto il resto. Tenetelo presente quando tornerete a pensare che sia un calciatore bollito a fine carriera.
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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