Bella, poetica la storia del doppio nerazzurro, Dr. Jekill in Champions e Mr. Hyde in campionato, ma qualcuno ricordi alla banda di Inzaghi che alla fine quello "strano caso" narrato da Stevenson finiva male, molto male. Siamo tutti come l'avvocato Utterson, testimone allibito ed estraneo ai fatti, che tiene nota dei crimini dell'uno e non si spiega gli insoliti comportamenti dell'altro. Eppure, fra le personalità multiple dell'Inter c'è un nesso, o meglio una chiave che può aiutarci a venire a capo del mistero: quella pozione chimica che bevuta il martedì o il mercoledì fa correre i nostri a un'altra velocità, rendendoli, e quindi rendendoci la vera Inter, mentre se assunta nel weekend li trasforma nel loro doppio mostruoso, che tira in porta 26 volte senza metterla mai dentro e che in difesa annaspa davanti alle prime sortite avversarie e infine affonda. Da una parte il sogno di avvicinarsi sempre più al trofeo dalle grandi orecchie, dall'altra i punti che al limite ti serviranno per giocare la competizione del prossimo anno, ammesso che ci si giochi ancora nell'Inter.

Undicesima sconfitta in campionato, la quarta nelle ultime cinque, la terza consecutiva in casa senza fare gol (tris di 0-1 con Fiorentina, Juventus e Monza), record negativo a San Siro nella storia dell'Inter. Al Bayern sarebbe bastato molto meno per bandire dalla Baviera il fu capolista Nagelsmann. Inzaghi rimane lì, in corsa per la prossima Champions, perché "mancano otto giornate e tutto è ancora aperto". Lautaro non segna da un'era geologica, Dzeko dal Paleolitico, Correa dall'età della pietra e Lukaku vuole prima perfezionare la sua esultanza, ma secondo il tecnico nerazzurro alla radice del male ci sono i vari Di Gregorio, Ochoa e Terracciano migliori in campo. L'anno scorso l'Inter è stata il miglior attacco del campionato, quest'anno va così: pazienza. La soluzione? Serve far girare gli episodi dalla nostra parte e chissà anche Lukaku riuscirà a far gol a un metro dalla porta, in quel caso parleremmo giustamente di un Romelu eccezionale! Insomma, ci si riproverà la prossima volta contro l'Empoli, già corsaro non per caso al Meazza a gennaio. In Italia l'Inter non è più una sorpresa, purtroppo.

Tra una O generosa! e l'altra, riecco nell'aria le note della musichetta che mercoledì sera a San Siro rigenererà Barella e compagni. Tra Palladino e Paolo Zanetti, uno Schmidt che così come all'andata non snaturerà il suo Benfica e che sarà costretto ancor di più a giocarsela a viso aperto, con giocatori forse più talentuosi ma senz'altro meno disciplinati tatticamente di Pessina e Castrovilli, vedasi Joao Mario la cui vendetta finora è stato un doppio e graditissimo regalo da grande ex, ben meglio dei piatti freddi serviti nella ripresa da Candreva e Caldirola. Ma attento Inzaghi e attenta Inter, perché come recitano le tante storie del torneo e avvertono i più saggi, tutto è ancora possibile e il pass per la semifinale contro l'altra italiana vincente tra Milan e Napoli è distante ancora 90 minuti. L'Inter di quest'anno e il suo stesso finale di stagione rimangono un tabù, sebbene il doppio nerazzurro visto in Europa ci tranquillizzi quantomeno riguardo allo spirito che dopodomani verrà trasmesso e messo in campo dai nostri. Passare da "the scempions" a "the champions" in quattro giorni non è più una necessità ma un obbligo.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 17 aprile 2023 alle 00:01
Autore: Daniele Alfieri / Twitter: @DanieleAlfieri7
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