È rimasta solo una competizione da disputare. Se l’Inter di Conte non dovesse vincere il campionato sarebbe l’ennesima stagione da zero titoli. Ma rispetto all’uscita dalla Champions League, l’eliminazione in Coppa Italia di pochi giorni fa, nonostante venga trattata allo stesso modo dai più, è, a mio avviso, totalmente diversa. Parliamo di due mondi distinti. Terra e Marte tanto per capirci. In Europa, dobbiamo essere onesti, oltre alla cocente delusione, si può parlare di fallimento. I nerazzurri non erano inferiori alle rivali. Sono arrivati ultimi nel raggruppamento e hanno sbagliato praticamente tutto nei momenti chiave. Partite come quella in casa contro il Real Madrid – che tanto per intenderci quest’anno ha avuto difficoltà pure con compagini di Serie inferiori – non possono essere accettate. Semplicemente perché oggettivamente un tale dominio e una tale superiorità degli avversari nel calcio odierno – prendendo come punto di riferimento gli attuali giocatori in rosa della Beneamata - non possono essere contemplate. Va bene perdere, ci mancherebbe. Ma c’è modo e modo. Dopo lo 0-2 col Madrid non ero stato di certo tenero con Antonio Conte, esplicitando da parte mia critiche costruttive e non frasi scritte tanto per screditare il lavoro altrui. Ma se per l’ambito internazionale la valutazione è oggettivamente da matita rossa, un parere diverso deve essere esplicitato per il percorso italiano. Ecco quindi perché io non sono – a differenza della stragrande maggioranza di tifosi e addetti ai lavori – così negativo in tal senso sul lavoro del mister salentino o dei giocatori nerazzurri.

Credo infatti che sulla testa di Conte e degli atleti meneghini ci sia una sorte di spada di Damocle, derivante dagli insuccessi post Triplete. Un decennio in pratica in cui non si è portato a casa nemmeno un portaombrelli. Da qui proviene quindi il malcontento generale di tutti gli interisti, che si riversa sulla squadra odierna. Non si tiene conto quindi di quello che è stato. O della forza degli avversari. Ma si pretende che senza se e senza ma si conquisti per forza qualcosa.

Ora io sono d’accordo che l’Inter abbia l’obbligo di lottare per vincere. Ma questo è diverso dal dover per forza vincere. Visto che va di moda il parametro spese/posto in classifica, se analizziamo quanto investito – prima della pandemia e per alcune società pure successivamente - da Juventus, Milan o Napoli possiamo vedere che anche le altre società italiane abbiano messo mano al portafoglio. I bianconeri – tanto per fare qualche esempio – con Higuain hanno fatto una minusvalenza mica da poco e per arrivare alla rescissione del contratto hanno sborsato quasi 4 milioni di euro. Il Milan ha preso per più di 30 milioni un panchinaro, cioè Tonali (che a me può anche piacere sia chiaro, ma sostenere che per il momento non abbia soddisfatto le aspettative non è un’eresia). Mentre chi va contro De Laurentiis non tiene conto di quanto mano al portafoglio abbia messo il numero uno dei campani?

E allora perché non si dice nulla delle altre squadre? O comunque si punta con forza il dito contro i nerazzurri? La Juventus vince da nove anni e quindi capisco perfettamente che si possa eventualmente permettere un anno senza tricolore. Ma le altre?

L’attuale situazione societaria nerazzurra non è di certo l’ideale per creare un clima di serenità. Eppure le prestazioni ci sono. E non è poco. Attenzione: il risultato è fondamentale, sia chiaro, ma è pure vero che modifica i giudizi, forse più del dovuto. Se Ibra insulta Lukaku per innervosire l’avversario cosa significa? Forse, che nonostante il vantaggio ottentuo, avesse la percezione che l’Inter fosse più forte del Diavolo. E che Romelu, che ai rossoneri aveva sempre segnato, avesse vita troppo facile con Romagnoli. Infatti poi come è finita? O guardiamo Pirlolandia. Con Andrea che giustamente parcheggia il bus per difendere lo 0-0 ed eventualmente poi ripartire in contropiede. Una scelta saggia, che pure io avrei fatto. Ma che dimostra come l’Inter sia temuta e rispettata. Ora spetterà a Conte trovare quelle contromisure necessarie per rispondere alle mosse dei rivali. Con la consapevolezza però, almeno in Italia, di poter tranquillamente, nella partita secca, battere chiunque.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 12 febbraio 2021 alle 00:00
Autore: Simone Togna / Twitter: @SimoneTogna
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