Il nero e il blu sembrano oggi lontani anni luce. Per lui, uomo di mondo spesso con i bagagli in mano, che ora diventerà un giocatore da Premier di ritorno, con un numero - il suo, originale, unico 45 - che diventerà rosso. Red come il Liverpool. Anfield Road chiama, Balotelli più che rispondere dice addio a un'Italia che ultimamente madre non lo è proprio stata. Ma probabilmente più matrigna. Perché in fondo, almeno all'inizio, tutti gli hanno voluto bene, interisti compresi. Diciamo la verità. Per il Lumezzane sarà sempre il fiore all'occhiello, a Manchester lo ricorderanno, tra una balotellata e l'altra, anche per la doppietta in quello storico 1-6 a Old Trafford contro lo United, mentre a Milano sponda rossonera lo ringrazieranno. Comunque. Perché i gol sono stati tanti e la Champions League targata Massimiliano Allegri è arrivata a suon di gol. Quasi tutti suoi. Anche nella Milano nerazzurra gli hanno voluto bene. Chi più, chi meno. Stento a credere che qualcuno non gli abbia mai dedicato un applauso o un coro, anche se dopo l'addio il suo nome è entrato nella lista dei grandi traditori, raggiungendo gente come Vieri e Ronaldo. La maggior parte del popolo interista oggi lo odierà e magari anche io attirerò tante critiche con questo mio editoriale, ma credo che lui meriti un saluto e un grande in bocca al lupo per questa avventura 2.0 in Premier League. E dopo una serie di rimpianti voglio dire... goodbye Mario.
Campione assoluto, da Pallone d'Oro e in grado di vincere gare e campionati da solo. Perfetto in campo, comportamento esemplare fuori, modello di uomo-giocatore da prendere come esempio per i bambini. No, non è niente di tutto questo e probabilmente non lo sarà mai. Ma anche lui ha messo il proprio timbro in alcune delle vittorie più importanti con la maglia a strisce verticali nere e blu. Proprio i colori che oggi sembrano così lontani. Lontani anni luce. Sfido chiunque a negare che quel ragazzino 17enne che Mancini buttò nella mischia sul finire di quel bellissimo campionato 2007-2008 non abbia fatto sognare, tutti. Decisivo sin da subito, gol importanti contro Fiorentina e Atalanta e una coppa tricolore su cui sì, sicuramente, c'è inciso anche il suo nome. E anche molto in evidenza. Da quel momento fu un susseguirsi di gioie e clamorose cadute. Probabilmente nessuno si sarebbe aspettato che quella faccia da bambino sarebbe diventata quella di un personaggio. Amato da pochi, odiato da tanti. Forse troppi. Perché comunque Mario era e rimane un patrimonio del calcio italiano dal quale, sono pronto a scommettere, ripartirà anche Antonio Conte.
Lui, canterano nerazzurro, con Mancini fu odio e amore, a Milano come a Manchester, mentre con Mourinho ho assistito a una sconfitta che mai mi sarei aspettato. Credevo che con lo Special One la consacrazione sarebbe stata una pura formalità e invece proprio nella serata di Madrid si consumò un addio concretizzatosi, probabilmente, già nella notte milanese post euforia blaugrana, con quel 3-1 diventato leggenda, ma rovinato in parte da una maglia che ancora oggi aspetta di essere raccolta. Ma probabilmente quella 45 rimarrà sempre lì, in campo. Perché il gesto non sarà mai dimenticato da un popolo che ha sempre anteposto i valori prima del risultato. Potrà lavarla, stirarla, renderla ancora più bella, ma quella maglietta rimarrà sempre macchiata. Non per qualche intervento in scivolata, magari in ripiegamento sputando sangue, ma perché l'ha lasciata lì, tirando dritto infischiandosene degli insulti del 80.000 del Meazza. Che peccato.
Perché Mario avrebbe potuto essere la vera, autentica, fantastica icona nerazzurra, il simbolo di questa ThoInter che sta nascendo, ma ancor prima il grande e assoluto emblema di un club internazionale, di nome e di fatto. Genitori ghanesi, nato a Palermo con accento bresciano. Esemplare non raro, ma unico. Proprio come l'Inter. 'L'Internazionale di Mario Balotelli'... che bella frase, suona veramente bene. Naturale pensare, che peccato. Di nuovo. Su Mario si potrebbe scrivere un libro ed è inutile tornare a parlare di un Mondiale in cui la punta che si appresta - si spera - ad esaltare Liverpool è certamente mancata, ma al pari di tutti gli altri. Lui però è stato preso di mira, bersaglio e capro espiatorio di una spedizione azzurra totalmente fallimentare. Ma questo è un altro discorso. Meglio guardare avanti, prendere l'aereo e volare in Premier League. Cancellare tutto con una grande, evidente e accesa linea rossa. Il colore che a scuola vuol dire errore. Gli stessi che Mario ha sempre fatto. Ma chissà che questa linea rossa non possa diventare la sua rinascita. Definitiva. Quindi, nonostante tutto... goodbye Mario.
Autore: Francesco Fontana / Twitter: @fontafrancesco1
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