La prima partita può essere casuale, la seconda diventa una notizia, la terza porta concretezza. Per ammissione del suo allenatore, l'Inter deve lavorare ancora tanto, tantissimo. E si vede pure. Ma aver già portato a casa nove punti su nove giocando partite diverse per qualità e sostanza, aver mostrato un carattere e una mentalità differenti, persino un pizzico di personalità, oltre all'aver sperimentato pure soluzioni tattiche mutevoli, ecco, tutto ciò è positivo. Molto positivo. Innegabile segnale di progresso di un progetto che sta avanzando con chiarezza di intenti e di idee.

Ma ha ragione il Conte del dopo Inter-Udinese, in conferenza stampa, che, di fronte all'ipotesi della sua squadra come anti-Juve, replica con un monito che è anche un utile insegnamento per i suoi ragazzi: "Io lo conosco il vostro giochino ed è giusto che ci sia. Ci state alzando ora per poi darci la mazzata quando qualcosa andrà storto. Noi non dobbiamo ascoltare queste sirene ammalianti, dobbiamo dare sempre il 200% come fatto oggi".

Concetto chiarissimo che dice anche molto della filosofia calcistica del Conte che ha incantato e sorpreso tutti con la Juve e con la Nazionale portando al successo, e a risultati insperati, squadre sulla carta non fenomenali. E che richiama, in parte, un'analisi di Mourinho secondo cui la sua Inter del 2010 non era la più forte e proprio per questo doveva lavorare e faticare il doppio delle altre.

La vera anti-Juve resta la Juve stessa, basta guardare la rosa: solo lei può auto-distruggersi. Poi c'è il Napoli, con una squadra che si conosce da tempo e un allenatore tra i migliori in circolazione. Poi c'è l'Inter, che ha cambiato tantissimo a ogni livello e ha un allenatore che è tra i migliori in circolazione e, per quelle che sono le sue necessità, è anzi il migliore in assoluto: portare motivazioni, mentalità, carattere e provare a vincere con una squadra, sulla carta, inferiore alle altre. Di certo con meno esperienza e senza solidi risultati alle spalle.

L'obiettivo primario dell'Inter, in campionato, è, alla lunga, tenere la scia delle prima due. Ma se chiedete a Conte un piazzamento credibile per la sua squadra non risponderà di certo che questo è il terzo posto. Semplicemente perché non può e non vuole porsi e porre limiti, pensare o far pensare che questi limiti non siano superabili lavorando e faticando il doppio degli altri. E' come se l'Inter un obiettivo concreto non se lo volesse veramente dare per non ammettere, innanzitutto a se stessa, di avere dei limiti (per ora oggettivi ma superabili col lavoro e per via di quelle imprevedibili sorprese che lo sport sa regalare o anche solo per l'idea che i pronostici, a volte, sono fatti per essere smentiti).

Allo stesso tempo, però, l'Inter non deve cadere nel "tranello" di considerarsi davvero l'anti-Juve. Perché, al momento, non è pronta per esserlo, prima di tutto mentalmente e poi anche tecnicamente. Lo sarà, e probabilmente nemmeno fra troppo tempo. Servono ben più di tre partite e anche ben più di tre mesi: basti tenersi, come promemoria, l'Inter di Mancini prima in classifica a dicembre, nel 2015, e, a fine campionato, quarta a 24 punti di distanza dalla Juventus. Servirà arrivare almeno a marzo e vedere i primi effetti della primavera. Fino ad allora, come dice Conte, non bisogna farsi ammaliare dalle sirene e dal loro canto seducente.

Come Ulisse che, su consiglio della maga Circe, decise di turare con la cera le orecchie dei suoi marinai per evitare che cedessero al richiamo delle sirene a restare sulla loro isola per poi, in realtà, finire divorati dalle mitologiche creature. E lui, il condottiero, Ulisse, legato all'albero maestro della nave per evitare, a sua volta, di cedere al canto che rievoca le sue gloriose gesta del passato e le imprese compiute a Troia. Lui l'eroe, il canto lo sente e lo vuole ascoltare per soddisfare la sete di curiosità e ne è affascinato, ma anche impossibilitato a cedervi.

Così Conte e la sua Inter: l'uno legato all'albero maestro e l'altra con le orecchie turate mentre imperterrita continua a remare senza ascoltare richiami, canti e suoni che finirebbero per rovinarla. Remare, remare e remare. Fino ad allontanarsi del tutto dall'isola delle sirene. E per far sì che il viaggio possa sì essere epico ma non un'interminabile Odissea.

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Sezione: Editoriale / Data: Lun 16 settembre 2019 alle 00:00
Autore: Giulia Bassi / Twitter: @giulay85
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