L’Inter ha vinto il derby e lo ha fatto con autorevolezza, contro un avversario in palese difficoltà tattica, sprecando nel primo tempo alcune situazioni favorevoli. Handanovic non ha dovuto fare interventi e la squadra si è mossa bene, pur lasciandosi arretrare troppo nella seconda parte del primo tempo.

Era comunque da tempo che il derby di Milano non aveva una squadra tanto dominante sull’altra, a prescindere dal risultato. Questo ha contribuito a salutare l’Inter come una realtà con cui la Juventus e il Napoli dovranno fare i conti. È certamente vero che l’Inter oggi da la sensazione di essere una cosa diversa, con margini di crescita, considerando i meccanismi di gioco che vanno perfezionati, l’inserimento di Sanchez e Lazaro che è più lento degli altri e l’aspetto nodale a cui il tecnico dell’Inter ha fatto riferimento: la difficoltà di lavorare a Milano, più che in altre piazze.

Oggi l’Inter, con quattro vittorie consecutive aumenta l’autostima, accelera il suo percorso di crescita ma ancora non si conosce del tutto. La squadra subisce pochi gol ma la partita di Champions ha dimostrato che se entra in campo con superficialità, subisce gli avversari dall’inizio alla fine. Le trame di gioco però sono meno prevedibili e gli uomini di Conte si smarcano con più facilità, merito degli schemi e della testardaggine di Conte che chiede alla squadra maggiore intraprendenza.

Proprio l’allenatore ha detto una cosa centrale nel tema della crescita nerazzurra. Conosce la recente storia nerazzurra e ha correttamente fatto presente che l’Inter si è trovata prima anche in altre occasioni, anche più a lungo, salvo poi terminare le sue stagioni al quarto posto. A volte anche più indietro. Ha capito come in questo ambiente che macina le persone e i tecnici ci si esalta facilmente, ci si illude per una serie positiva e si perde il contatto con la realtà.

Proprio con Spalletti, a cui Conte faceva riferimento, l’Inter alla quarta giornata era prima in classifica dopo aver battuto Fiorentina, Roma, Spal e Crotone. Un pari col Bologna e di nuovo successi con Genoa, Benevento fino al derby del 15 ottobre (era il 2017) che vide l’Inter prevalere per 3-2. In quel periodo si consumavano i salamelecchi e così le nozze con Spalletti andarono avanti fino a dicembre, dopo pareggi in trasferta importanti come quelli a Napoli e allo Juventus Stadium. Alla 16esima giornata era prima in classifica e qualunque forma critica veniva vissuta come un attentato alla verità oggettiva: ovvero i risultati e la classifica, dentro i quali ci sono però anche altre informazioni.

È successo anche con la seconda Inter di Mancini, primo fino alla 18esima giornata di Campionato, colpevole alla fine di aver portato l’Inter solo al quarto posto. E’ successo a Stramaccioni, di essere secondo in classifica ed essere stato l’uomo del momento, dopo aver costruito la partita capolavoro battendo la Juve in trasferta. Questi tre allenatori sono poi stati giubilati per non aver mantenuto un ritmo che sembrava possibile fino ala fine. Colpevoli di illusione, in un contesto senza spirito di analisi, che all’inizio esaltava smodatamente ogni vittoria e la classifica entusiasmante e devastava poi il netto calo del girone di ritorno.

Le motivazioni di un limite si dovrebbero vedere anche quando si vince ma rende di più la notizia di una vittoria venduta come un trionfo, così come di una sconfitta fatta passare per un disastro.
Se tutto questo fosse materia solo per i tifosi non ci sarebbe problema ma sembra che questo tipo di condizionamento, una volta più facile a Roma o a Napoli, quando si voleva spiegare perché non vincessero scudetti, si sia trasferito anche a Milano, nella mente dei giocatori. Conte ha detto anche di trovar difficile lavorare a Milano ed è un rilievo che, chi vuole davvero bene all’Inter, farebbe bene a tener presente perché lo dicono tutti i tecnici passati di qui, inascoltati. Il riferimento è anche verso chi ne approfitta per rivelare alla stampa qualunque dissidio interno, anche il più fisiologico come quello tra Brozovic e Lukaku, destabilizzando l’ambiente.
All’Inter ci sono splendidi giocatori come Sensi, centrocampisti di qualità come Barella, play che alla loro età possono diventare ancora più forti come Brozovic. C’è una difesa di livello altissimo e un attacco che non si sa quanto davvero possa essere letale, perché Lautaro segna ma sbaglia anche molto, Lukaku è determinante in momenti della partita in cui ci sono spazi, mentre Sanchez, come dicevo sopra, ha un valore indiscutibile che però da un anno e mezzo non è più pervenuto.

In un momento di magnifica esaltazione per un derby stravinto è un bene che Conte abbia invece individuato quali siano i rischi di una piazza che tende a farsi del male sul lungo periodo. Se l’Inter sarà davvero cambiata lo dovremo ad un cambio di mentalità che va raggiunto ancora.
Amala.

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Sezione: Editoriale / Data: Lun 23 settembre 2019 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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