Doveva essere un sabato ricco di argomenti dal punto di vista calcistico. Il Milan ospita il Genoa per il controsorpasso in vetta alla Juventus, l’Inter fa all-in a Udine nella lotta per un piazzamento Champions. Invece non si è giocato. Un paio di ore prima, infatti, Piermario Morosini si è accasciato privo di sensi all’Adriatico di Pescara durante un match del Livorno, la formazione a cui l’Udinese lo ha prestato per farlo giocare. E non si è più ripreso. Una tragedia che ha lasciato tutti basiti. Un dolorosissimo evento che ha imposto un’immediata riflessione, oltre allo stop di ogni partita prevista nel weekend. Scendere in campo sarebbe stato offensivo, sia per questo ragazzo che non c’è più sia per la coscienza comune. Ci sono situazioni al cospetto delle quali la ferrea regola del ‘The show must go on’ non ha assolutamente potere. Le istituzioni del pallone si sono comportate in modo corretto, come qualche volta in passato non è successo. E tutti noi, adoratori del dio pallone, ci siamo trovati spiazzati e alla ricerca di una ragione per cui ci tocca piangere la morte di un atleta 26enne, colpito da arresto cardiaco. Alla faccia di chi ritiene gli sportivi professionisti una sorta di Iron Man.

È un periodo pessimo sotto questo punto di vista. Pochi giorni fa se n’è andato Vigor Bovolenta, a soli 37 anni. Sempre ieri, sabato funesto, il volley ha perso anche la schiacciatrice di Modena Veronica Gomez Carabali, 27enne, per arresto cardiorespiratorio. Qualche tempo fa prima Cassano, e soprattutto Muamba, hanno rischiato di iscriversi a questa lista nera. E la storia dello sport conta numerosissime altre vittime del campo. Facile ora sottolineare come nel calcio, e nello sport in generale, non ci siano sufficienti controlli dal punto di vista medico. La polemica è servita, ma non è il caso di abboccare. In Italia i controlli sono severissimi, più di molti altri Paesi evoluti, e se certe cose accadono è perché il fato vuole così. Non si possono prevedere. Morosini stava bene, ha giocato molte partite senza mai alcun problema. E non significa cadere nel fatalismo quando si sostiene che certe tragedie non si possono evitare. Altrimenti sarebbe meglio rinunciare dal principio a praticare qualsivoglia attività agonistica. Resta il fatto che oggi siamo tutti addolorati per una perdita inspiegabile, un ragazzo d’oro e non perché si suol esprimere certi commenti in siffatti casi. Il giovane centrocampista, con trascorsi nell’Under 21, è stato messo a durissima prova nella sua vita, rimanendo orfano a 17 anni e perdendo un fratello disabile. Una sorella maggiore, anch’essa disabile, era ciò che gli rimaneva del nucleo famigliare.

È considerando queste sventure che ti rendi conto di quanto la sorte sia bastarda, che non si curi di chi tu sia o di cosa tu abbia fatto. E di quanto noi siamo ben poco di fronte a essa. Non era un fenomeno, Morosini. Ma un bravo calciatore e, soprattutto, una bella persona, come chi l’ha conosciuto può testimoniare. Gli stessi che oggi ne piangono la morte sinceramente, con lacrime vere. Ora sembra impensabile, ma superato lo choc tutto tornerà come al solito. Continueremo a sognare un traguardo, a litigare con altri tifosi avversari, a insultare un arbitro per un fischio fuori luogo, a entusiasmarci per vittorie o bei gesti tecnici dei nostri beniamini. Perché alla fine, lo spettacolo andrà avanti. Ma cerchiamo di non dimenticare, lo dobbiamo a Piermario e a chi con lui condivide una sorte crudele.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 15 aprile 2012 alle 00:01
Autore: Fabio Costantino
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