Un'Inter irriconoscibile per tutto un tempo si fa sorprendere dal Sassuolo e concede alle dirette concorrenti per la corsa al titolo insperate velleità. Il pari del Milan a Salerno aveva spalancato un'autostrada ai nerazzurri, che invece, proprio come nel derby a lungo dominato, si sono lasciati sfuggire la chance di assestare un colpo consistente per il tricolore. Tutto da rifare, ma l'analisi deve essere corretta.
In primis, l'atteggiamento sbagliato. Al di là dell'approccio, l'errore cruciale è stato quello di impostare il match come se in campo ci fosse Brozovic: il croato è insostituibile e quando manca non si può far finta di nulla. Bisogna cambiare qualcosa, specie se davanti hai un Sassuolo che va a nozze negli spazi. Senza cervello e con meccanismi di pressing errati, i neroverdi hanno potuto approfittare degli imbarazzi nerazzurri e, in particolare, di quelli di Handanovic, ancora colpevole sul gol che ha stappato l'incontro. L'idea dell'assalto all'arma bianca fin dal 1' è stata francamente un suicidio tattico: gli attaccanti dell'Inter hanno tanti pregi, ma tra questi non c'è quello della lucidità sotto porta. Scommettere sul risultato tennistico, quindi, si è rivelato altamente controproducente.
E qui veniamo ai singoli. Il portiere: ritrovarsi sotto ogni volta che gli avversari calciano in porta per la prima volta non deve essere particolarmente piacevole. Nelle ultime giornate, era già capitato con il Venezia (colpo di testa centrale), poi col Milan la rete del sorpasso di Giroud (tiro molle e centrale), con il Liverpool e ora col Sassuolo. L'età passa per tutti, purtroppo Inzaghi deve sapere che ormai non può concedere più di mezza occasione agli avversari. Male anche Barella nel ruolo di regista, più che altro vittima degli eventi in un contesto tutto strampalato come quello del primo tempo. Malissimo tutti gli attaccanti: Sanchez ha sbagliato tanto, ma più di lui hanno fallito Dzeko e Lautaro, e non solo per tanti gol semplici mancati. E qui si apre una grande parentesi: Inzaghi ha a disposizione delle punte che sanno far giocare bene la squadra, mandano in gol i compagni, ma non sono bomber di razza. Caratteristiche note, che non si scoprono certo ora. È l'altra faccia della medaglia, il prezzo da pagare per avere una squadra che si spende in un calcio armonioso, piacevole e tutto sommato redditizio.
Poi c'è il discorso calendario. Tra gennaio e febbraio, i nerazzurri hanno affrontato il peggior tour-de-force di sempre nel mondo del calcio: mai vista una roba simile. Non si tratta di accampare scuse, ma di mera cronaca. È anche una risposta a chi spaccia quella di Inzaghi per la rosa migliore della Serie A: falso. Quando la stanchezza si fa sentire, infatti, anche due-tre defezioni ne mettono a nudo i limiti. Oltre al calendario, poi, a complicare la vita ci si è messa anche qualche causa esterna: il ricorso vergognosamente respinto per Bastoni; l'evidente fallo su Calhanoglu non ravvisato sullo 0-1 (altro errore arbitrale fatale dopo Giroud-Sanchez); gli infortuni dei vari Correa, Vecino, Gosens e Caicedo che hanno privato il tecnico di opzioni nelle rotazioni. Tutto questo ha portato a una gestione delle energie poco equilibrata, con la conseguenza ovvia di arrivare al match di domenica in apnea, sebbene il secondo tempo all'arrembaggio lasci intendere come il primo e più importante errore resti quello dell'impostazione tattica e mentale della prima frazione.
Ma non c'è da fare alcun processo. Il jolly nero una volta l'anno lo pescano tutti e la crisi Inter resta un'illusione ottica promossa da chi ha interesse o piacere nel farlo. Si fa presto a parlare di un punto nelle ultime tre partite, decontestualizzando e buttandola in caciara. L'Inter è lassù grazie al lavoro, non per diritto acquisito. Di scontato non c'era e non c'è nulla. Al bando le cazzate.
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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