Oggi Antonio Manicone ha 59 anni e siede sulla panchina dell'Iran come viceallenatore del ct Amir Ghalenoei. Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, l'ex centrocampista dell'Inter, poi anche tecnico delle giovanili nerazzurre, parla anche di derby e scudetto.

Anche Chivu è stato allenatore delle giovanili: la sta convincendo?
"È primo sia in Italia che in Europa, cosa può fare di più? L’ho conosciuto, è umile, alla mano, come piace a noi interisti. È stato bravo a cambiare poco all’inizio, ora pian piano cerca di dare più intensità e verticalità. In generale, però, c’è continuità: società forte, tecnico forte, giocatori forti".

Lei aveva la fama di leader serio, tanti fatti e poche parole: c’è qualcuno che le assomiglia?
"Ogni giocatore ha il suo carattere e va rispettato. Ad esempio, a me piace in campo e fuori Mkhitaryan, un’assenza grande in questa partita. Nel calcio spesso si impara più da ciò che si vede che da ciò che si sente, e avere nello spogliatoio persone come lui conta. L’Inter ha anche una coppia super di attaccanti: Lautaro ritrova Thuram ed è un fatto decisivo. Penso che il derby possa ricaricare anche gli azzurri che arrivano dalla brutta serata in Nazionale con la Norvegia, come Barella e Bastoni".

Del Milan di Allegri, invece, che idea si è fatto?
"Mando un saluto a Max: io, lui e anche Gattuso abbiamo giocato insieme a Perugia nella stessa mediana. In pochi sanno sfruttare come Allegri i punti di forza della propria squadra e i punti deboli di quella avversaria. Lui ha subito dato solidità al Milan. Si sa che l’Inter ha sofferto tanto Leao in campo aperto, ma temo di più Pulisic: è ancora più difficile da marcare perché meno “leggibile” del portoghese".

Lo ha appena visto con l’Iran: come sta Taremi? E perché ha fatto così male a Milano?
"Colpa solo e soltanto del fisico: aveva una pubalgia che non è riuscito a sistemare, avrebbe dovuto fermarsi tre mesi e non era possibile. Resta un grande professionista: all’Inter poteva fare di più, ma in nazionale è il capitano e sarà la guida al Mondiale".

Lavorando nello staff della Svizzera, invece, ha conosciuto da vicino anche Sommer e Akanji.
"Sommer è un orologio: affidabile dentro e fuori dal campo, da 10 nello spogliatoio. Su Akanji posso dire solo questo: se negli ultimi anni lo volevano tutti in Europa, ci sarà pur sempre un motivo...".

Sezione: Copertina / Data: Gio 20 novembre 2025 alle 08:56 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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