La mente fredda è la condizione personale migliore per valutare certe situazioni che altrimenti, trascinati dall'emotività, etichetteremmo in modo eccessivamente istintivo. Anche il mercato di riparazione dell'Inter dovrebbe sottostare a questa norma non scritta. Il 31 gennaio, nelle ore precedenti e in quelle successive al gong della finestra invernale, il popolo nerazzurro nella stragrande maggioranza dei casi si è scagliato contro la proprietà con sede a Nanchino e, in parte, contro la dirigenza operativa a Milano. Attacchi diretti, molti particolarmente offensivi, hanno preso di mira in generale Suning, in particolare Steven Zhang, che come molti giovani ha un profilo Instagram. Innanzitutto, ogni forma espressiva volgare e gravemente diffamatoria va censurata a prescindere, qualunque sia il motivo della stessa. In secondo luogo, è giusto andare al di là delle reazioni emotive della tifoseria interista e valutare quanto accaduto con il giusto spirito critico. Per ottenere un risultato migliore, proverò a farlo da due diverse angolazioni: quella del tifoso e quella dell'occhio esterno (o giornalista votato all'obiettività), in modo da vestire i panni di entrambi.
TIFOSO
La delusione è evidente. La squadra da due mesi non vince una misera partita, ha evidenti difficoltà nel gioco e Luciano Spalletti non sa dove sbattere la testa. Quanto basta per dare una sterzata con innesti di qualità che possano fare la differenza e concorrere con gli attuali titolari, molti dei quali palesemente scarichi. Per settimane si è parlato di Javier Pastore e la dirigenza nerazzurra, dopo aver chiuso per Lisandro Lopez e Rafinha (il primo un tappabuchi, il secondo non ancora pronto fisicamente al 100%), ha lavorato a lungo su questa trattativa. Il giocatore si è esposto, il PSG ha aperto, tutti i tasselli del puzzle sembravano al loro posto per portare all'Inter un grande giocatore come non accade da anni. Tutti, tranne uno: l'ok di Suning, che non è mai arrivato. Ma come, c'è questa grande occasione di migliorare la rosa e ingaggiare in prestito un calciatore di livello e non se ne approfitta? Sarebbe bastato uno sforzo in più della proprietà, un occhio chiuso di fronte al bilancio e sabato andremmo tutti in massa al Meazza a dare il benvenuto al Flaco. Perché la proprietà si è rifiutata pur di mantenere il mercato a costo zero? Non pensa al bene dell'Inter? Non pensa alle necessità di Spalletti, ai desiderata dei tifosi, alla qualificazione in Champions League che rischia di sfuggirci di mano? Già con Ramires da Nanchino era arrivato un secco no, eppure sarebbe stato facile spostare il brasiliano, che già aveva accettato. Suning non ha voluto aiutare Sabatini e Ausilio, ha stroncato il loro lavoro, la proprietà è stata intransigente e non ha pensato al bene dell'Inter. Meglio risparmiare per loro. Allora se è così facciano un passo indietro, perché l'Inter merita una società che voglia davvero riportarla in alto, mantenendo le promesse ambiziose distribuite nei mesi scorsi e senza dipendere dall'umore del Partito Comunista che potrebbe imporre i blocchi in qualsiasi momento.
In linea di massima, questo è il pensiero di molti tifosi interisti dopo questo estenuante e illusorio mercato di gennaio. Giustificabile, perché il tifo è soprattutto passione e se non viene alimentata in positivo tende a sfociare nel negativo, se non nella temuta indifferenza. Ma tornando a riflettere su quanto accaduto, stavolta a mente fredda e mettendo da parte la passione per i colori nerazzurri, si può tentare una valutazione diversa, focalizzandosi magari su dettagli che la cavalcante emotività sio lascia alle spalle.
OCCHIO ESTERNO
Alla fine Pastore o chi per lui non è arrivato. La trattativa c'è stata ma gli sforzi di Sabatini e Ausilio sono stati stroncati dalla regola che Suning ha imposto: mercato autofinanziato e niente obblighi. Il motivo è presto detto: l'Inter non deve aumentare i debiti, non deve impegnarsi per gli anni a venire in investimenti oggi non sostenibili. Il 30 giugno il bilancio deve essere almeno in pareggio e a gennaio non era accettabile aumentare il rosso pur con la possibilità di porre rimedio nei mesi successivi. La proprietà ha un obiettivo, chiudere mettersi alle spalle il settlement agreement che tarpa le ali al club. E per raggiungerlo non accetta deroghe, neanche per Pastore e per il bene della squadra. Zhang ha affidato la parte sportiva a professionisti di cui si fida, a Nanchino ci si occupa solo dei conti, non dei calciatori. I direttori avrebbero potuto persino prendere Leo Messi o un 16enne del Nicaragua, poco importa: contava solo che fosse un'operazione in prestito con diritto di riscatto. Cieca fiducia in chi opera a Milano, ma le finanze passano da Suning e la strategia è segnata. Stop. Chi ritiene i cinesi insensibili o menefreghisti, non ha ancora capito la loro cultura: per loro l'Inter è un asset importante e riportarla ai fasti del passato rimane l'obiettivo nel medio-lungo periodo. Ma per riuscirvi bisogna prima ripulire il bilancio e liberarsi dai vincoli, il tutto entro il 30 giugno. Inoltre, aspettarsi che diano spiegazioni è una perdita di tempo, per il motivo di cui sopra: non ne sentono l'esigenza perché comunicare non fa parte delle loro abitudini (magari servirebbe una figura che lo faccia in Italia). In Cina si lavora per aumentare i ricavi ed evitare sgradite cessioni tra qualche mese, indebitarsi ulteriormente non faceva parte del piano. Che è stato rispettato in modo energico. E non regge neanche il timore che dalla Cina arrivino blocchi: già oggi, per le regole del FFP, Zhang comunque non potrebbe 'cacciare soldi' per comprare giocatori senza ascriverli a bilancio. Non è più ammessa la figura del patron mecenate che mette le mani in tasca e fa regali alla sua squadra, il club deve camminare con le proprie gambe e la strategia è finalizzata alla sua indipendenza dalla proprietà. Limitarsi a valutare Suning in base al mercato invernale è come fissarsi su un granello di sabbia mentre si è al mare. A questo si aggiunge che, comunque, Pastore o non Pastore, alla fine l'Inter tra le prime in classifica è quella che si è mossa di più: ha aggiunto il difensore che mancava, ha portato via da Barcellona a condizioni favorevoli un giocatore di grande qualità (al netto del recupero fisico) e ha prestato due calciatori che non facevano più parte del progetto, intascando anche qualche euro. C'è chi sta peggio in classifica e praticamente non ha fatto nulla, ma sui giornali ha preso voti migliori.
In conclusione, non mi permetto di sostenere che una chiave di lettura sia migliore dell'altra, semplicemente mi limito a sottolineare l'esistenza di un'alternativa alla reazione emotiva figlia della delusione post-mercato. In fin dei conti, in me convivono entrambe per quanto la seconda a mente fredda prevalga. Alla fine, al di là delle valutazioni, sarà sempre il campo a dare il verdetto e da questo punto di vista credo che tutti i tifosi siano concordi nel voler rivedere la squadra che fino al 3 dicembre sembrava inscalfibile. Palla a Spalletti e ai suoi professionisti, dunque: se non centrassero un piazzamento Champions ampiamente alla loro portata, la colpa non sarebbe certo di Suning.
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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