Lui, il ragazzo serbo della Crvena Zvezda Fudbalski Klub, la Stella Rossa, che debuttava in prima squadra a soli 16 anni, arriva a Milano in un giorno d’inverno. Alle 7 di sabato 31 gennaio 2004 prende un volo da Roma e sbarca alla Malpensa con tutta la sua voglia di Inter. Una voglia che gli fa persino dimenticare le scarpette da gioco nella capitale… Alle 12.52, otto minuti prima della chiusura del mercato di riparazione, il suo trasferimento diventa ufficiale con la spedizione dei documenti via fax alla sede della Lega Calcio. Dejan Stankovic è un giocatore dell’Inter. Altroché riparazione… Lui, il fuoriclasse “rapito” dalla Lazio alla Roma dei Sensi (era stato scoperto da Zeman) in un giorno d’estate del 1998 con un blitz aereo a Belgrado del presidente Cragnotti con 24 miliardi di lire in tasca, è atterrato nella sua terza patria calcistica: l’Fc Internazionale. Una patria voluta a tutti i costi. Costi di volontà e di denari.
Tocca a Stankovic raccontare per spiegare, convincere gli increduli di come la sua ferrea volontà di venire all’Inter unita all'altrettanto ferrea decisione di assicurare, col suo trasferimento, una contropartita alla Lazio (andava in scadenza a giugno ndr), lo abbia indotto a un sacrificio economico personale. “E' vero, ho rinunciato a due milioni di euro sul mio nuovo contratto che scadrà nel 2008”. Una cifra che va raddoppiata perché al netto dell'Irpef. Per una volta i soldi non sono la questione principale, “avevo una grandissima voglia di arrivare all'Inter e finalmente ci sono, devo dire grazie alla Lazio che mi ha fatto crescere in questi anni sia come giocatore sia come uomo. Sono contento che alla fine sia stato trovato l'accordo per il mio passaggio in nerazzurro, anche se è stato difficile. Ai tifosi interisti dico che non vedo l'ora di potermi rendere utile. Con Zaccheroni alla Lazio ho vissuto sette mesi alla grande. Lui mi conosce molto bene, per essere allenato sono allenato, spero quindi di portare il mio contributo già col Siena”.
Non importa più se Stankovic nell’estate 2003 aveva raggiunto un accordo con la Juventus firmando un pre-contratto - in tempi non consentiti dai regolamenti con il giocatore ancora dipendente della Lazio - per passare in bianconero dal 1° luglio 2004. Seguito dal suo pentimento per la firma espresso in una lettera per annullare l'accordo, seguito dal “giuramento” di Moggi sul fatto che la Lazio fosse d'accordo sulla cessione del giocatore, atti seguiti dalla decisa smentita dei dirigenti biancocelesti, perché su quel documento la loro firma non c’era proprio…. Il d.g. nerazzurro Moretti spende parole significative sulla scelta del fuoriclasse serbo: “L'Inter non avrebbe pagato un giocatore in scadenza di contratto. Per la prima volta un professionista ha inteso riconoscere alla precedente società di appartenenza un indennizzo economico, nonostante si svincoli a fine stagione. Stankovic ha voluto rinunciare a parte rilevante del suo nuovo stipendio – quasi un’annualità visto che l’Inter gli garantirà 2,5 milioni l’anno - affinché la Lazio ricavasse un utile, questa scelta fa onore all'uomo in un momento in cui nel calcio i soldi sono pochi”.
La curiosità è che l'annuncio dell'acquisto non viene dato dall' Inter ma da... Roberto Mancini (sei mesi dopo ne diventerà l’allenatore, ndr). Poco prima delle ore tredici, mentre Zaccheroni in conferenza stampa glissava sulla questione (“Non so nulla, nessuno mi ha comunicato niente”) Mancini spiegava con sincerità perché Stankovic non partecipava all’allenamento a Formello: “E' a Milano”. Alle tredici e quindici, cioè un quarto d'ora dopo la conclusione dell'incontro stampa di Zaccheroni ante Inter-Siena, il sito nerazzurro comunicava la notizia dell'avvenuto acquisto e i cronisti presenti al centro Angelo Moratti ricevevano l'invito a restare da parte del d.g. Moretti: «Tra un' ora presenteremo brevemente il giocatore. Nulla di pomposo, però, siamo alla vigilia della partita col Siena, è bene restare concentrati sulla gara».
Alle quattordici e trenta, compaiono il presidente Facchetti e il giocatore che stringe tra le mani la maglia nerazzurra numero undici, “un numero che ho avuto solo una volta, in nazionale, ma mancava Mihajlovic”. Nella prima stagione alla Lazio Stankovic collezionava 29 presenze e 4 gol (debutto in serie A il 13 settembre 1998, contro il Piacenza e con un gol nella partita finita 1-1); nella seconda 16 e 3; nella terza 21 e 0; nella quarta 27 e 7; nella quinta 29 e 6; nell’ultima parziale 15 e 2. Un giocatore completo che ricopre quasi tutti i ruoli, persino quello di terzino sinistro all'epoca di Eriksson, per il bene della squadra. Anche se il suo ruolo preferito è sempre stato quello di centrocampista centrale, all’ultimo scorcio in biancoceleste si adattava, senza lamentarsi, a giocare da esterno sinistro dopo l'infortunio di Cesar.
Questo dicono, raccontano, spiegano, illustrano i numeri di Stankovic. Ora conta la nuova avventura interista. Lui entra in punta di piedi alla prima nella Scala del calcio, tenendo un bimbo in maglia nerazzurra per mano. Vicino a lui giganteggia la figura di Adriano di ritorno dal Parma, per il brasiliano l’inizio di quella che sarà la sua seconda vita all’Inter. Stankovic si guarda intorno poi alza lo sguardo per prendere le misure della sua nuova vasta casa. Dalle tribune i cinquantamila quasi intuiscono il tremore della sua emozione dal gesto di passarsi più volte la mano nei capelli. Al fischio d’inizio si mette subito in azione: un assist per Adriano, una bella e precisa apertura col sinistro ancora per Adriano, un lancio profondo sempre per Adriano.
Solido e sicuro, Stankovic lascia con il trascorrere dei minuti la leggerezza del fioretto e s’impone con la forza della spada. Zaccheroni lo ha schierato centrale a centrocampo accanto a Farinos e a tutti risulta subito evidente quanto viene aggiunto in solidità e qualità a quel reparto. In tribuna tutti trepidano: Facchetti, all'esordio da presidente a San Siro dopo le dimissioni di Massimo Moratti, lo stesso Moratti – poteva mai lasciare la “sua” Inter ?! – sua moglie Milly e suo figlio Angelo Mario. Tutti i tifosi nerazzurri rimangono ammirati da Stankovic, già salito in cattedra come un professore di geometrie. Eccolo che costruisce con fantasia quando il pallone è tra i suoi piedi, eccolo che tampona con forza quando deve recuperarlo. Applausi scroscianti salutano la sua uscita dal campo all’80’ minuto, per tutti è già “Deki”, per tutti sarà “Il Drago”.
Eccolo, Stankovic, rispondere all’applauso corale con il suo, di applauso, eccolo, a fine gara, raccontare le sue emozioni: “All'inizio ero un po' teso, poi mi sono sciolto. E' stato un debutto da sogno, una favola, mi è piaciuta la posizione e questa è una squadra straordinaria. So che Zaccheroni mi vede più avanti, ma io mi trovo bene anche al centro del campo”. Il 4-0 di quel 1 febbraio 2004 (doppiette di Recoba e Adriano) contro il Siena segnava l’inizio di una storia non solo calcistica. Una storia che vivrà di passione e di amore tra lui e l’Inter, tra l’Inter e lui, e che aprirà con la Coppa Italia dell’anno dopo un’ era di sei anni di vittorie. Una storia unica, come la storia tra lui e la sua famiglia, la moglie Ana e i figli Aleksandar, Stefan e Filip. Tra la sua famiglia e lui. “L’Inter ha da sempre molti stranieri, e tutti ci sentiamo a casa. Io non mi sento uno straniero, né in Italia né all’Inter, quando vado ad allenarmi alla Pinetina o entro in campo a San Siro io mi sento a casa mia. Straniero è solo un modo di dire, il fatto poi di avere compagni di colore non mi fa né caldo né freddo. Per me la differenza è pari a zero”.
La sua vita di bambino e di ragazzo è stata a Belgrado, “c’erano divisioni, fratture profonde per motivi di religione. Cattolici, musulmani e ortodossi. Non ho mai capito quella guerra, alla fine tutti hanno perso. Io ero piccolo, avevo dodici anni, e ricordo periodi brutti”. Ecco perché Stankovic esalta la sua squadra, la sua società, simboli di integrazione: “l’Inter è un grandissimo esempio, dimostra che si può stare insieme con tante culture e religioni diverse. Condividendo tanto tempo insieme impariamo a conoscerci e a rispettare le opinioni reciproche”. In campo ci mettevi cuore e rabbia, davi tutto, Dejan. I tuoi gol nascevano come lampi improvvisi tra il centrocampo e il limite dell’area con traiettorie impensabili, quando era il tempo del tuono i tuoi palloni erano già alle spalle del portiere. Non serve fare l’elenco dei trofei che hai vinto, non serve citare il numero delle tue presenze e dei gol, non serve ricordare gli assist che hai creato dal nulla o dei cross decisivi che hai messo in mezzo, non serve menzionare i tuoi 7 e 8 raccolti nelle pagelle.
Stankovic, anche se nell’ultima stagione per colpa del tuo fisico logorato da mille battaglie non ti abbiamo quasi mai visto in campo, quando la strada dell’Inter e la tua si separeranno sarà diverso… Scendi allora ancora una volta sul prato per salutare San Siro! Il tuo nome è già entrato nella Hall of Fame nerazzurra, buona fortuna, buona vita Drago!
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