Di cognome fa Baresi, di nome Regina. E' la figlia di Beppe e la nipote di Franco. La Gazzetta l'ha intervistata per SportWeek, ecco la bella e lunga chiacchierata.
La sua era, Regina. E della “sua” Inter, quella femminile, di cui lei è bomber (avete letto bene, lei attacca…) e vice capitano. Quanto la impegna il calcio?
«Mi alleno tre volte a settimana, spesso dopo giornate pesanti in cui esco di casa alle 8.30 del mattino e rientro alle 11 di sera. Lavoro nell’ufficio di un negozio Football Team, mi occupo dell’e-commerce, seguo gli ordini. Non è sempre facile trovare la forza di andare al campo, ma la passione compensa questi ritmi».
E pensare che ci sono voluti 12 anni, prima di convincere i suoi a farla giocare a pallone.
«Eh già. Mi hanno fatto provare di tutto, pattinaggio sul ghiaccio, equitazione, quattro anni di tennis. Alla fine ho vinto io. D’altra parte sono cresciuta guardando Holly e Benji e senza bambole! Anzi, a dire il vero una Barbie l’avevo… quella che avevano lanciato con la maglia nerazzurra (ride)».
Ora milita in serie A2. Obiettivi personali e di squadra?
«La promozione in A. Traguardo di squadra, ma anche trampolino di lancio per la chiamata in Nazionale che prima o poi vorrei ricevere. Certo, sarebbe bello avere un legame uffciale con l’Inter (il club femminile utilizza i colori nerazzurri con il consenso del presidente Moratti, ma è una realtà a sé, ndr), maggiore visibilità e sicurezza economica. Trovare sponsor è un’impresa, dato lo scarso appeal del calcio femminile».
Come spiega lo scarso interesse?
«L’Italia è indietro, ha una visione maschilista del pallone. Soluzioni? Uno: i club dovrebbero investire sul settore femminile, per organizzare un campionato professionistico come all’estero. Lo ha proposto De Laurentiis, si passasse ai fatti… Due: iniziare a giocare presto. All’Inter Femminile si comincia dalle esordienti: prima si apprendono i fondamentali, prima si alzano il livello di gioco e la qualità dello spettacolo».
Questo il messaggio alle bambine di oggi e di domani. Parliamo della bambina Regina Baresi di ieri. Com’era giocare con suo padre?
«Bellissimo. Giocavamo spesso in casa, in corridoio. Io e mamma contro mio fratello e papà. Poi al mare: palleggiavamo insieme, mi insegnava a tirare, facevamo gli uno contro uno in spiaggia. Se mi lasciava vincere? Macché! Mi spingeva ed entrava in scivolata, altro che».
Curioso che lei non ne sia diventata l’erede in difesa.
«Ho sempre voluto attaccare. Forse per il gusto del gol. Con chi vorrei fare coppia in attacco? Borriello. E mi piacerebbe ricevere assist da Sneijder e segnare a Julio Cesar».
I suoi idoli nerazzurri di sempre?
«Ronaldo prima, capitan Zanetti adesso».
Le pesa mai essere una Baresi?
«Diciamo che è una responsabilità in più in campo, devo sempre dimostrare che gioco non perché sono la “figlia di” ma perché ne sono all’altezza. Fuori basta stare attenta a chi si avvicina solo per i propri tornaconti».
Suo padre in tribuna. Capita spesso?
«A seguirmi sempre è mia mamma (presidente della società, ndr). Tra ritiri e partite, papà è spesso via. Ma i suoi sms arrivano puntuali prima di ogni partita: mi scrive “Vai Regi” o “Vai bomber”. Quando può, viene a vedermi».
E cosa dice dopo la partita?
«È molto critico. Sembra sempre che qualsiasi palla sia sbagliata. Quando faccio davvero bene, allora si sbilancia. Poi mi dà consigli, su come muovermi in campo e affrontare i difensori».
La storia più bella di Beppe Baresi giocatore, che a lui piaceva raccontarle da piccola e a lei ascoltare?
«I derby con mio zio. Fratelli capitani, che bello vederne le foto. Due bandiere opposte, con la fascia al braccio, stringersi la mano a centrocampo: mitico».
Il ricordo più emozionante di Beppe Baresi in panchina?
«La vittoria sul Catania in trasferta, il suo esordio da allenatore della prima squadra (gennaio 2009, Catania-Inter 0-2, ndr). Mourinho espulso: vedere l’Inter completamente nelle mani di mio padre è stato… tanta roba».
Più forte papà o lo zio? (sorride).
«Eh, mi sa lo zio… Dobbiamo proprio scriverlo?».
Promozione in A o Inter in Europa anche l’anno prossimo?
«Mmm... mia promozione. Dai, l’Inter ne ha di tempo, per giocare Champions… E poi papà faccia la sua parte, io faccio la mia (ride)».
Come esulta quando segna?
«Non ho un’esultanza personalizzata. Se sono d’accordo con le compagne, ci scappa il balletto. Altrimenti vado di dita negli occhi, alla Pazzini».
Fidanzata?
«Single. Potessi, punterei Borriello… O Cristiano Ronaldo, che se fossi Moratti acquisterei subito».
Che cosa le piace di Milano?
«San Siro. E la cotoletta. Di dolce, non resisto alla Nutella… non è milanese, però. Non è neppure roba da atleti? Sì che lo è! Dà un sacco di energia!».
E della Milano “by night”? Tra lavoro e sport, non avrà molto tempo per uscire.
«Di solito il venerdì sera, dopo gli allenamenti. Sabato a casa o cose tranquille, tipo cinema».
Niente serate “tacco 12”?
«Tacco che? Non so camminarci!».
Capito, si muove meglio sui tacchetti. La sua pagella sul campo?
«Testa 6, ho paura. Potenza 6, tiro poco. Visione di gioco 7. Tecnica 8. Velocità 9».
Beh: dopo averla vista palleggiare, diremmo che è modesta. Lei come si descriverebbe in tre aggettivi?
«Timida. Orgogliosa. E…interista».
Non le veniva il terzo, dice. Forse voleva ribadire di essere una Baresi “giusta”.
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