La Banda Bagaj, gruppo organizzato del secondo anello blu, attraverso un lungo comunicato pubblicato anche sulla loro pagina ufficiale su Facebook prendono posizione dopo la decisione di far giocare a porte chiuse l'incontro tra Inter e Benevento a seguito dei cori razzisti in occasione della sfida col Napoli. Questo il testo integrale
"E siamo ancora qua… eh già…
Sono trascorsi più di dieci anni dalla morte di Raciti, e nonostante una legge speciale con inasprimento delle pene, biglietti nominali, tessera del tifoso, tornelli e telecamere, siamo di fronte alla chiusura dello stadio.
I tifosi di tutta Italia da oltre dieci anni si sorbiscono questo trattamento… verrebbe da dire… inutilmente.
Oggi noi vogliamo puntare il dito su TUTTI!!! E soprattutto su di noi, perché se si vuole fare un’analisi oggettiva si deve sempre partire da se stessi.
Ma andiamo per gradi, su chi volgiamo puntare il dito?
PUNTIAMO IL DITO SULLE ISTITUZIONI
Dopo dieci anni di insuccessi possiamo dire che la gestione di questi fenomeni è stata un fallimento? Ma vediamo perché. Le restrizioni imposte ai tifosi non hanno minimamente scalfito i fenomeni della violenza e del razzismo. Forse perché la storia ci insegna che certi fenomeni non si possono sconfiggere solo con regole repressive? Forse perché per cambiare certe abitudini si deve cambiare la cultura delle persone e questo è un percorso lungo che in Italia non si è ancora cominciato a fare? Vogliamo dire che in una società dove c’è uno scontro sociale quotidiano legato all’immigrazione, pensare che allo stadio poi non si manifesti lo stesso disagio è pura utopia? Facciamo le educande allo stadio e poi su tutti i media vediamo politici ed intellettuali litigare sull’accoglienza o sul respingimento degli stranieri?
Lo stadio è uno spaccato della società, il che non vuol dire che non ci si debba porre come obiettivo il superamento delle discriminazioni, ma si deve capire che la strada da seguire è un'altra.
Sentiamo spesso tirare in ballo “il modello inglese”. E lo vogliamo dire anche che il modello inglese non ha per nulla eliminato il problema della violenza ma lo ha semplicemente spostato lontano dalle telecamere?
In Inghilterra gli scontri avvengono tutt’ora solo che la Polizia impedisce che avvengano nelle immediate vicinanze dello stadio. Almeno gli inglesi sono stati pragmatici: hanno puntato ad un obiettivo raggiungibile e lo hanno raggiunto…
Le nostre istituzioni invece si divertono a fare la Hit parade dell’insulto, cercando di stabilire quale insulto sia tollerabile e quale invece non vada accettato. Di conseguenza se mando affanculo il tifoso avversario, essendo ormai questo termine, seppur volgare, comunemente accettato non riceverò punizioni. Stesso dicasi se insulto i Sampdoriani per il mare inquinato o se appioppo a tutti i bergamaschi l’etichetta di contadini. Si può anche gridare Milano in fiamme, basta lasciare in pace Napoli e i napoletani che godono di maggiori tutele rispetto agli insulti… e non scadere nel hu hu ai giocatori di colore o nel tirare in ballo i morti che non è politicaly correct. Ma vi rendete conto dell’assurdità della cosa?
Quello che vogliamo dire è che in una logica di sportività si dovrebbe intraprendere una battaglia contro gli insulti in genere, e non tollerarli per poi indignarsi su quelli di cattivo gusto. Sta qui il limite delle istituzioni.
Se culturalmente l’insulto allo stadio lo accetti, diventa poi difficile mettere dei paletti su alcuni. Il cattivo gusto è soggettivo…
PUNTIAMO IL DITO SULLA POLIZIA
Se gli scontri del 26 dicembre fossero avvenuti a Pioltello, saremmo tutti d’accordo nel dire che non era possibile presidiare tutta Milano. Ma la realtà è che gli scontri sono avvenuti a poco più di un chilometro dallo stadio; lungo quella strada che è l’arteria principale da cui provenendo dalla tangenziale si arriva a San siro. La partita era a rischio, visto che c’erano già stati diversi episodi negli anni precedenti tra le due tifoserie. Possiamo quindi dire che il sistema di controllo e prevenzione ha totalmente fallito? O si fa peccato?
PUNTIAMO IL DITO SUGLI ULTRAS
E non faremo il solito discorso perbenista su cosa sia giusto o sbagliato. Non faremo l’errore che commettono le istituzioni e i media di pensare a quanto sia stupido picchiarsi per una partita di pallone e ridurre il tutto a questo. E sapete perché? Perché se le istituzioni ei media pensano che lo scontro avvenga per una partita di calcio significa che non hanno capito niente!!! Ed è grave considerando che trattano l’argomento da decenni. Vuol dire che nessuno si è mai posto l’obiettivo di capirlo questo fenomeno ultras. Certo è più facile trattarlo con sufficienza e superficialità, ma non è il nostro caso. Noi siamo contrari ad ogni forma di violenza, ma il dito sugli ultras non lo puntiamo perché non condividiamo e non capiamo il loro spirito guerriero, Il dito sugli ultras lo puntiamo per quello che loro stessi sostengono a gran voce come motto: RISPETTO GENERA RISPETTO.
Ecco allora cominciate a rifarvi a questo motto, vivendo le vostre pulsioni nel pieno e totale rispetto di chi non condivide il vostro spirito, evitando di giocare a fare la guerra coinvolgendo in questo chi, a ragion veduta, della vostra guerra non ne vuole sapere nulla. Non si può rivendicare nulla se poi si creano situazioni di pericolo in mezzo alla gente. Questa non è mentalità ultras è vandalismo.
PUNTIAMO IL DITO SULLA SOCIETA’
Cosa ci saremmo aspettati dalla società? Rispetto. Semplicemente questo. Rispetto per chi quei cori non li ha cantati; rispetto per chi da anni accetta tutta questa inutile burocrazia legata all’acquisto dei biglietti solo per passione. Rispetto per chi spende i propri soldi a inizio anno per abbonarsi.
Abbiamo apprezzato il comunicato diretto e chiaro con cui subito dopo quanto è accaduto ha preso le distanze da posizioni razziste. Ma ci saremmo aspettati anche una tutela per chi si è visto punire senza aver fatto nulla. Per chi agli occhi dell’opinione pubblica è passato per razzista e per violento.
Noi pretendiamo rispetto!!! Il ricorso era doveroso per difendere la dignità di chi è stato messo suo malgrado nel calderone. Nessuno avrebbe preteso che si riuscisse a ribaltare questa incoerente decisione di punire tutti perché non si è in grado di punire i colpevoli. Ma che almeno la società si spendesse a difesa dei suoi tifosi sottolineando che non tutti hanno preso parte a quei cori e che quindi la chiusura era totalmente ingiusta ed offensiva nei nostri confronti ce lo aspettavamo. E questo silenzio ci ha proprio delusi.
Infine PUNTIAMO IL DITO SU DI NOI
Noi che in tutti questi anni non abbiamo fatto abbastanza per diffondere una cultura di tifo diversa; noi che in questi anni non abbiamo avuto il coraggio di parlare con le curve cercando di conoscerci e di trovare punti di dialogo perché alla fine condividiamo tutti la stessa passione; noi che abbiamo accettato passivamente pur pensando che fossero soluzioni farlocche volte solo a mettere a tacere l’opinione pubblica, biglietti nominali tornelli tessere, complicandoci inutilmente la vita; noi che siamo entrati nel loop della hit parade dell’insulto senza capire che la svolta sarebbe quella di vivere l’antagonismo canoro sugli spalti facendo uso dello sfottò e non dell’insulto.
Oggi vogliamo ribadire il nostro essere contro ogni forma di razzismo e contro ogni forma di violenza.
Oggi vogliamo dire che siamo contro queste punizioni inutili e qualunquiste. Oggi vogliamo dire basta a tutto questo!!!
Oggi vorremmo che fosse un punto di svolta. Dove tutti ci possiamo guardare allo specchio ed ognuno può ripartire cercando di rimediare per il futuro ai propri errori.
Oggi ci tocca stare fuori… speriamo sia l’ultima volta…"
Autore: Redazione FcInterNews.it / Twitter: @Fcinternewsit
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