Intervistato da Fanpage.it, Claudio Gavillucci, ex arbitro di Serie A, racconta le dinamiche interne che regolano il mondo arbitrale in Italia dopo essere stato dismesso, a sorpresa, dall’Aia. Gavillucci ha deciso di accendere i riflettori sul complesso sistema che regola l'Associazione Italiana Arbitri al suo interno e condiziona la vita professionale degli arbitri. Dalla singola partita all'intera carriera. Dinamiche raccontate nel dettaglio nel suo libro ‘L'uomo nero' (edito da Chiarelettere). "Nell'immaginario collettivo è sempre stato un personaggio malvagio, che incuteva timore. Nel calcio l'uomo nero per decenni è stato identificato nell'arbitro. Per la divisa nera e perché era il nemico, il cattivo, colui che decretava il calcio di rigore e imponeva la sconfitta alla squadra del cuore. Ho scelto questo titolo perché il mio libro vuole aprire la conoscenza sulla figura dell'arbitro. La ragione per cui ho iniziato questa battaglia per la trasparenza: capire perché a 38 anni, dopo aver diretto oltre 600 gare in carriera, di cui 50 in Serie A, dopo essere stato in quella stagione il quarto arbitro più utilizzato e avendo diretto persino una delle quattro partite ‘vere' dell'ultima giornata di quel campionato, con la salvezza in palio, sono stato dismesso. Motivate valutazioni tecniche, ufficialmente. In soldoni: non ero più idoneo a dirigere partite di Serie A".

Gavillucci spiega anche come funziona il Var e come viene usato dagli arbitri “L'arbitro è utilizzatore del Var, ma allo stesso tempo lo subisce. Non ne ha mai parlato nessuno di questo, ne sono venuto a conoscenza leggendo i referti: nel momento in cui l'arbitro corregge al Var un proprio errore, ripristina la verità del campo ma sancisce, sul piano personale, un voto negativo che andrà a penalizzare la valutazione della sua prestazione. Come se ad un poliziotto venisse dato un laser per rilevare la velocità di una macchina e gli si dicesse: se fai le multe utilizzando il laser, e non ad occhio, ti sarà decurtato lo stipendio”

In merito a Calciopoli, che Gavillucci non ha vissuto in prima persona, la risposta è netta: "Se mi stai chiedendo se esiste la sudditanza psicologica, io ho coniato un nuovo termine, un'evoluzione: la sudditanza mediatica. Metto la mano sul fuoco su tutti i miei colleghi, persone integerrime e professionisti veri, che fanno della loro professione una ragione di vita. Ma non vengono garantiti da un sistema che gli permetta di poter essere sereni e liberi come dovrebbe essere un giudice”.

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Sezione: News / Data: Sab 30 maggio 2020 alle 16:17
Autore: Redazione FcInterNews.it / Twitter: @Fcinternewsit
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