Esattamente due anni fa, era l'ottobre 2010, e a Genova fu guerriglia durante e dopo la breve Italia-Serbia, gara valevole per la qualificazione a Euro 2012 e interrotta dopo pochi minuti per le intemperanze dei supporter ospiti. Una notte orribile in cui si scatenarono gli ultrà serbi. Il giorno dopo, il sito bergamonerazzurra.com raccolse la testimonianza di un ex capo ultrà del Partizan Belgrado, l'avversario che giovedì sera l'Inter affronterà al Meazza per il girone di Europa League. Parole datate quelle di Andreji, che però fanno capire l'imbeciliità e la reale pericolosità delle frange estreme del tifo serbo.

“Cose che nell’ex Jugoslavia succedevano ad ogni partita, la classica routine", commentava con incredibile leggerezza Andreji sui fatti di Italia-Serbia. “Ero un ultras del Partizan Belgrado, eravamo un’organizzazione vera e propria che girava l’Europa in cerca dello scontro fisico, della violenza e della supremazia sulle altre tifoserie. Eravamo sorretti dalle istituzioni, dai partiti, dalle forze dell’ordine stesse, ci proteggevano, ci davano copertura. Eravamo una vera e propria associazione di stampo criminoso”.

Ed ecco cose pensava del tifo organizzato dei club nostrani: "Sono stato in Curva Nord a Bergamo molte volte, anche durante gli scontri, mi divertivo a guardarvi con un po’ di compassione. In confronto a certe realtà dell’est europa, siete dei bambini che giocano con le pistolette ad acqua. Non esiste paragone. E’ come se un reparto speciale dell’esercito impazzisse tutto d’un tratto e si organizzasse in modo criminale per andare in giro negli stadi d’Europa. Come li fermi? Impossibile. Noi usavamo armi, si uccideva e nessuno diceva nulla, era il nostro codice”.

Ed ecco la crudeltà che affiora nel raconto di un episodio particolare. “Un giorno mi sono trovato fuori dallo stadio da solo in una partita tranquilla, mi hanno circondato in tre persone e mi hanno spaccato la schiena a sprangate. Dopo mesi di riabilitazione mi sono rifatto. Siamo andati a prenderli tutte e tre nelle proprie case, Pum, pum, e ora vivono sulla sedia rotelle. Denuncia? No, fa parte del gioco, se denunci, non puoi fare il nostro lavoro, sei una femminuccia”.

Quello degli ultrà serbi pare essere un vero e proprio lavoro. “Venivamo pagati bene per queste cose. Pagati come gruppi di pressione, per portare avanti i propri ideali utilizzando il calcio, il G8, le manifestazioni in generale in giro per l’Europa. Oggi seguo ancora il calcio, ma molto tranquillamente, mi rilasso e lo prendo come un hobby e uno svago. Purtroppo quando lo fai non ti rendi conto, ma appena ti si accende la luce in testa, ti accorgi quanto sei stato pirla e incosciente. Vivete il calcio con passione, fatevi la scazzottata in qualche posto lontano dallo stadio, ma lasciate gli stadi in mano alla gente che vuole lo sport vero. La violenza non c’entra davvero nulla”.

 

Sezione: News / Data: Mar 23 ottobre 2012 alle 14:25 / Fonte: bergamonerazzurra.com
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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